INTERVISTE DAL CORTEO
DEL 15 OTTOBRE
Redazione
Renato, ricercatore a Roma
Città Future: «Allora, tu credi che i movimenti
che ci sono stati in questi mesi degli
indignati abbiano le carte per
cambiare davvero le politiche dei governi?»
Renato: «Io non ne so molto,
però credo sinceramente di no».
C.F.: «Ma rispetto ai termini della
questione, tu credi che oggi quella principale sia politica, nel senso
che sia necessario incidere sulle scelte dei governi in quanto tali, o
invece, economica, nel senso di dover apportare delle modifiche alla
natura stessa del sistema?»
Renato: «Io penso che in
questo momento sia sostanzialmente politica la questione, nonostante in
generale non sia così. In
questo momento particolare, però, c’è una situazione politica complicata
che aggrava le cose».
C.F.: «Tu dici, in particolare, qui in
Italia?»
Renato: «Sì in Italia, io mi
riferisco all’Italia in maniera essenziale. Poi è chiaro che se in
Italia non ci fosse questo particolare problema politico, ci sarebbero
altri problemi, però è chiaro che intanto questo c’è e con esso dobbiamo
vedercela».
C.F.: «Tu credi che internet stia cambiando
e possa cambiare in senso positivo l’organizzazione di queste proteste
politiche?»
Renato: «Sì, io questo penso di sì, in
generale non solo delle proteste. Anche del resto, la possibilità di
un’informazione più libera, mi sembra evidente sia una possibilità
positiva».
C.F.: «Se ce ne è una, qual è la parola o
lo slogan più incisivo, secondo te, fra quelli utilizzati da questi
movimenti in giro per il mondo?».
Renato: «Questo non te lo so dire
sinceramente».
Un
professore di scuola, Roma
C.F.: «Pensi che questi movimenti degli
indignati riusciranno a
cambiare l’agenda dei movimenti?»
Prof: « Lo spero, ma qualcuno
la sintesi politica la deve fare. Spero che ci sia qualcuno».
C.F.: «Ma quindi secondo te la questione è
politica, o bisogna proprio cambiare la natura del sistema economico?»
Prof: «È tutt’uno. È chiaro
che le scelte economiche oggi hanno preso il sopravvento perché hanno
dato spazio all’individualità, alla libera iniziativa, è sempre il
problema della legge del profitto. Privatizziamo i profitti e
collettivizziamo le perdite, questo è il punto».
C.F.: «Questa è la loro legge, è chiaro. Ma
invece di internet, che pensi? Credi che stia migliorando tutta
l’organizzazione di questi movimenti? O sia solo una cosa in più, che
però non cambia molto?»
Prof: «Più che migliorare
facilitare..Oggi, ad esempio, è un’altra giornata di queste. Guardavo
oggi prima di venire, 720 città, 81 paesi, in contemporanea stanno
facendo questa manifestazione».
C.F.:
«E tutto questo, tu dici, è grazie anche ad internet…».
Prof: «Sì, è proprio così..
».
C.F.:
«E l’ultima cosa, qual è secondo te la parola d’ordine più
incisiva di questo corteo?»
Prof: «Sono diverse, io
adesso non è che l’ho visto tutto il corteo. La mia comunque è questa
(ce l’ha scritta su un cartellone al collo). PIU’ PIAZZA MENO AFFARI, e
l’altra è (gira il cartello) PIU’ BANCHI MENO BANCHE»
Antonio e Giovanni, da Reggio Calabria e Chieti
C.F.: «Allora, credete che queste
manifestazioni degli ultimi mesi, queste manifestazioni dei cosiddetti
indignati, stiano riuscendo a
cambiare l’agenda della politica su scala internazionale?»
Antonio: «Parli a livello
europeo o intendi a livello nazionale?»
C.F.: «Intendo almeno a livello europeo».
Antonio: «Credo che salvo in
Grecia questo ancora non sia accaduto. Probabilmente in Grecia è stato
un po’ ritardato il piano che altrimenti il governo di centro sinistra
avrebbe adottato subito. Ora però è vero che quel livello dello scontro
è particolarmente elevato, e non lo paragonerei a quello degli
indignati».
Giovanni: «Probabilmente in
Italia no, non credo proprio che in Italia riescano a cambiare l’agenda
politica».
C.F.: «Voi però credete che il cambiamento
necessario debba essere un cambiamento di governo o un cambiamento
radicale, invece, dell’orientamento economico della società?»
Antonio: «Per me il governo
di per sé non cambia nulla; cioè, anche se qualcosa la cambia, lo fa
molto relativamente. Per esempio, il governo attuale non è in grado di
fare le riforme che il grosso capitale internazionale gli sta chiedendo.
Io temo molto di più che quando ci sarà una compagine governativa più
solida, magari di centrosinistra, avremo le vere controriforme, cioè le
riforme a scapito dei diritti dei lavoratori conquistati negli ultimi
centocinquanta anni, o
quello che, almeno, ne resta».
Giovanni: «Il cambiamento
positivo ci può sempre essere, dipende dalla volontà, davvero. Tuttavia
se non si cerca di cambiare alla base il sistema economico, è inutile
fare discussioni. Si prende per buono il fatto che dobbiamo pagare il
debito. Se invece accettiamo di poter fare anche una svolta radicale,
allora sì…».
Antonio: «Si tratta di
mettere in discussione le basi, su cui si fonda questo tipo di sistema.
A me sinceramente il governo mi cambia poco, perché oggi effettivamente
che facciamo.. un nuovo Ulivo? Il punto rimane questo: come si aumenta
il saggio di profitto? Dal ’75 ad ora l’hanno fatto detassando le
rendite, adesso questo non basta più e si comincia anche a menare sul
lavoro. Ecco o ci interessiamo di queste cose, o altrimenti niente, a me
sinceramente chi governa non interessa».
C.F.: «Ragazzi, invece, rispetto ad
Internet, credete stiamo assistendo soltanto ad un nuovo elemento
positivo nell’organizzazione di queste manifestazioni, o in realtà
nasconde anche un elemento di astrazione dalla concretezza della
piazza?»
Antonio: «Internet è un
elemento positivo, nel senso che permette di organizzare orizzontalmente
più di quanto non fosse possibile ne decenni scorsi. Quanto
all’astrazione sicuramente ha anche un risvolto negativo, perché poi
come li facciamo i cambiamenti? Possiamo protestare quanto ci pare,
possiamo fare anche bei discorsi, però poi bisogna incontrarsi
evidentemente. Bisogna scendere in strada».
Giovanni: «Se ti permette
allora di scendere poi in piazza, allora certo che può servire a
qualcosa. Se resta solo sul virtuale, tutto resta solo una bella
discussione. Oltre a questo bisogna fare dell’altro, se no si rimane per
aria».
C.F.: «L’ultima cosa, ragazzi. Di quelle
che avete ascoltato in questi movimenti, qual è la parola d’ordine più
incisiva secondo voi?»
Antonio: «Di quella che ho
sentito qui in piazza, la parola d’ordine più sovversiva è senz’altro,
“NOI IL DEBITO NON LO PAGHIAMO”. Perché al di là di quello che può
significare per l’uomo della strada, al fondo di questa affermazione, ci
sta un discorso di messa in discussione di tutto il sistema. Vale a
dire, noi rivendichiamo il diritto all’insolvenza rispetto a certi
debiti che abbiamo contratto, mettiamo in discussione il perché sono
stati contratti, e il come
sono stati utilizzati quei soldi. Se poi vogliamo andare al fondo delle
cose, siccome non può esistere un capitalismo senza banche, e noi
vogliamo un altro tipo di banche, allora noi vogliamo anche un altro
tipo di sistema».
Giovanni: «Io concordo
pienamente, perché fino ad adesso, la parola d’ordine più importante è
“NOI IL DEBITO NON LO PAGHIAMO”, è la più sovversiva, e soprattutto va
contro ogni politica di partito».
Luca, da Prato
C.F.: «Tu credi che i movimenti degli
indignati di questi mesi,
dalla Spagna agli stati Uniti, stiano riuscendo effettivamente a
cambiare l’agenda della politica?»
Luca: «Io credo in questo
momento di sicuro sono gli unici che possono potenzialmente cambiare
qualcosa».
C.F.: «Ma attualmente lo stanno già
facendo?».
Luca: «E attualmente,
comunque stanno ponendo il problema, è vero che se ne sente parlare
ancora poco, ma è evidente che per la prima volta dopo tanti anni si
comincia a mettere al centro certi temi».
C.F.: «Credi che oggi la maggior parte
delle persone che sono qui ritiene che non sia solo una questione
politica, ma anche strutturale ed economica, o siamo invece ancora al
livello della speranza di un cambiamento politico, nel senso, ad
esempio, di un cambio di governo?».
Luca: «Oggi sì, questo tipo
di coscienza più ampia credo ci sia, c’è. Molte delle persone che sono
qui capiscono che non si tratta di una questione di colore dei governi.
Non è ancora organizzata, ma comincia a presentarsi una nuova
coscienza».
C.F.: «Senti, e invece, rispetto alle forme
di organizzazione, che pensi di internet? Credi che internet le stia
cambiando, e cambiando in meglio, credi che favorisca la
partecipazione».
Luca: «Senza dubbio, sta
favorendo in modo incredibile la partecipazione».
C.F.: «La parola d’ordine, per finire, che
ti colpisce di più o che credi debba essere presente in questo corteo o
in questi cortei».
Luca: «Io credo che NOI IL
DEBITO NON LO PAGHIAMO riassume tante cose».
Alessandra e Marta, studenti di Roma
C.F.: «Allora, credete che questi movimenti
che ci sono avuti in questi mesi riusciranno a cambiare l’agenda dei
governi?»
Alessandro: «No, purtroppo,
no».
Marta: «Niente affatto».
C.F.: «Ma credete che oggi la questione
principale sia politica, rispetto a quali governi ci siano, o economica,
rispetto alla natura del sistema?»
Alessandro: «Sicuramente alla
base è economica, però le responsabilità sono politiche».
Marta: «Io credo che si
tratti di un problema economico che i politici dovrebbero essere in
grado di risolvere».
C.F.: «Credete che internet stia
migliorando, e possa
influire positivamente su questi movimenti?»
Alessandro: «Sì, direi, di
sì. Questo movimento, l’ho vissuto in prima persona, si muove
soprattutto su face book e su Twitter… quindi, assolutamente sì»
Marta: «Sicuramente sì, i
social network aiutano, assolutamente»
Alessandro: «Sta facendo
qualcosa, se ci stanno tutte queste persone secondo me è merito di
internet e poi spero riusciremo a fare qualcosa, anche se sicuramente
non con la violenza.. sono sicuro che oggi, invece, ci sarà molta
violenza [prima dei fatti di
piazza San Giovanni Ndr]».
C.F.: «Per finire, invece, secondo voi qual
è quella più incisiva, diciamo, delle parole che stanno girando in
questa piazza? Quali gli slogan più importanti, secondo voi? O quelli
che vi piacciono di più?»
Alessandro: «Non lo so. Sono
indignato, per quanto mi riguarda sono indignato, l’unica parola è
INDIGNAZIONE».
Marta: «Sì, altrettanto».
Alessandro: «Per questo siamo
qui, sicuramente non per andare a fare a botte con persone che sono lì a
lavorare…».
Andrea, da Padova
C.F.: «Ascolta, tu pensi che le
manifestazioni degli indignati
di questi mesi, che vanno dalla Spagna, ormai anche agli Stati Uniti e
qui in Italia, stiano cambiando un po’ l’agenda della politica a livello
internazionale, o invece, non riescono ancora a proporsi come elemento
di cambiamento politico?».
Andrea:
«Eh, onestamente no. Per il momento no. Però ad esempio, io parlo
di oggi e vedo tantissima gente ed è comunque un segno positivo. Fino ad
un anno fa, magari, ancora si pensava che fossero tutte storie della
sinistra, di questa sinistra tormentata da Berlusconi, però passa il
tempo e siamo sempre di più in queste manifestazioni».
C.F.: «Ma tu pensi che il cambiamento oggi
necessario sia politico o debba essere proprio un cambiamento
strutturale anche economico?»
Andrea: «No, no, soprattutto
strutturale ed economico».
C.F.: «La politica oggi quanto può fare?»
Andrea: «Come, in che senso?»
C.F.: « La politica attuale riesce a
rispondere alle esigenze di trasformazione strutturali?»
Andrea: «No, assolutamente.
Se poi parliamo di politica attuale italiana, potremmo parlarne quanto
vuoi, ma direi proprio di no».
C.F.: «Senti, una domanda sulle forme di
organizzazione, perché ormai internet evidentemente sta trasformando
proprio il modo di organizzarsi, di scendere in piazza. Credi questo sia
un lato positivo o la sta anche un po’ astraendo la lotta dai luoghi e
dalla partecipazione reali?».
Andrea: «Sì, sì, ho capito. È
difficile comunque poter scindere il positivo dal negativo da internet.
Internet porta sicuramente molto positivo, poi son d’accordo con te che
ogni tanto forse fa perdere quello che è il senso concreto del perché si
scende in piazza, però d’altro canto è utilissimo, è un mezzo che,
soprattutto in Italia… almeno finché c’è soprattutto questo tipo di
informazione, credo che in Italia sia indispensabile. Certo è
ridondante, ma piuttosto che zero… non so se mi sono spiegato».
C.F.: «Sì è chiaro. Senti, invece l’ultima
cosa: quale parola d’ordine pensi sia la più incisiva di quelle che hai
visto qui oggi o altrove rispetto alla crisi?»
Andrea: «Guarda, io non lo
so, io ti dico, col mio spirito e comunque il cambiamento può essere
banale.. scendere in piazza, ora come ora scendere in piazza ed ognuno
dica la proprio. “SCENDERE IN PIAZZA”».
Antonio nello spezzone Fiom, da Bologna
C.F.: «Credi che questi movimenti in giro
che ci sono stati indignati,
in America, Spagna, adesso anche qui in Italia, stiano riuscendo a
cambiare l’agenda della politica?».
Antonio: «Da quel che si vede
secondo me no. Secondo me c’è un gran disinteresse, manca una parte
politica, manca una sponda che si schieri definitivamente da una parte o
dall’altra. Non bisogna per forza essere amici di tutti. A volte bisogna
secondo me cavalcare il momento, altrimenti succedono delle cose che
dopo ci vuole degli anni per riparare».
C.F.: «Ma tu credi che il cambiamento possa
venire dalla politica di oggi o purtroppo bisogna cambiare il sistema
dalla sua radice, intendo quello economico?»
Antonio: «Per me entrambe le
cose. Uno è il sistema politico che deve occuparsi seriamente di
governare ma poi bisogna riflettere sul fatto che non si può crescere
sempre, cioè ci dobbiamo mettere in testa che il sistema basato sulla
crescita porta a star bene della gente e a star mal delle altre, quindi
dobbiamo prendere una sponda e basta. Non dobbiamo produrre per forza un
casino, se si vuole produrre un mezzo che consuma troppo, bisogna farlo
fruttare con dei posti di lavoro, ognuno non può fare quel cazzo che gli
pare adesso»
C.F.: «Ascolta: internet credi che stia
cambiando, migliorando in positivo la possibilità di organizzare queste
forme politiche?»
Antonio: «Sì secondo me le
migliora. È un sistema di comunicazione in più».
C.F.: « E la parola d’ordine più incisiva di
questa manifestazione per te?»
Antonio: «L’importante adesso
è resistere, quindi la parola d’ordine è “RESISTENZA”».
Roma, 15 OTTOBRE 2011