PRESENTAZIONE DEL NUMERO 14
Redazione
Cari lettori di «Città Future», il numero 14 di ottobre che qui
presentiamo, uscendo in esuberante ritardo, prova, ove ve ne fosse
necessità, che il tempo ha definitivamente accelerato.
Ci concediamo un approccio scherzoso, al tema che, come vedremo,
attraversa tutto il numero: il tempo in molte delle sue
declinazioni.
Prima però di presentare più diffusamente il tema e gli articoli
annunciamo che il numero 14 è anche l’ultimo della serie
quadrimestrale, pur essendo un semestrale di fatto. Si chiude così
una fase della rivista durata cinque anni dalla sua fondazione ad
oggi.
Cosa «Città Future» diverrà esattamente a partire dal 2015, non è
ancora del tutto chiaro, probabilmente si tratterà di uno spazio di
pubblicazione non più periodico, con una fase di raccolta critica
finale. In altre parole mentre il sito potrà essere aggiornato
anche molto più spesso di quanto non avviene ora, con contributi che
potranno giungere indifferentemente durante tutto l’arco dell’anno,
il “cartaceo” non avrà più cadenza quadrimestrale, ma semestrale o
annuale, rappresentando una raccolta strutturata e critica di quanto
pubblicato, e non, sul sito durante l’anno.
A
tal proposito invitiamo, come sempre, chi di voi abbia interesse, ad
esprimere la propria opinione in merito e a dispensare consigli,
scrivendoci alla mail redazionale.
Per quanto riguarda il tema scelto per il numero 14, abbiamo
continuato la riflessione sulla rete internet, allargando lo sguardo
sul lavoro, il tempo e la coscienza: il titolo infatti è
Rete, tempo, lavoro.
Si è trattato di indagare le modalità con le quali la tecnologia
cambia il modo di lavorare, di gestire il tempo e di considerare gli
effetti che tutto ciò ha sulla nostra coscienza.
Il numero precedente ci ha dato la possibilità di accennare delle
riflessioni riguardanti le modifiche che ha subìto il lavoro,
provocate dalle novità tecnologiche, che cambiano la nostra
percezione del mondo e il nostro modo di starci: la velocità sempre
crescente della vita e quindi anche del lavoro; la possibilità di
lavorare ovunque grazie ai supporti portatili, e quindi
l’iperconnessione alla virtualità in cui siamo immersi; l’arrivo sul mercato delle stampanti 3D, che permettono di creare
qualsiasi tipo di oggetto.
Tuttavia con questo numero si è mirato anzitutto ad approfondire la
discussione focalizzando sull'aspetto del tempo, anch’esso percepito
e vissuto in modo nuovo ed accelerato; un eterno presente, in cui
spariscono passato e sopratutto futuro; tempo visto anche come tempo
lavorativo, che aumenta sempre più, dopo le battaglie e gli scioperi
degli ultimi secoli per conseguire una riduzione, anche sotto le 8
ore giornaliere.
E
infine, il problema della coscienza, ossia della mancata
auto-percezione dell’alienazione, in cui siamo immersi anche a causa
della tecnologia, e di cui non ci accorgiamo: coscienza dei
cambiamenti che le nostre vite subiscono; coscienza del tempo di
lavoro come tema centrale per un miglioramento della società
attraverso la sua riduzione; coscienza di classe che pare sia
scomparsa, nonostante le relative divisioni persistano; coscienza
dell’insensatezza del sistema capitalistico in cui siamo costretti a
vivere e a cui non riusciamo a ribellarci proponendo alternative
concrete.
Un ultimo accenno di carattere generale sulla formazione del numero
va fatto con riferimento all’esperienza dei seminari tenutisi dal 9
all’11 giugno scorsi all’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici,
con il titolo Anestesie del presente. Si è trattato di un momento di presentazione
di un lavoro durato un anno, condotto all’interno del gruppo di
studio di «Esperienza e rappresentazione”. Questo lavoro avrebbe
sicuramente meritato una pubblicazione dedicata e commentata,
tuttavia non trattandosi, come si vedrà, di tematiche aliene da
quelle che, almeno intenzionalmente, hanno informato questo numero
della rivista, si è pensato di raccogliere in quest’occasione gli
interventi immediatamente integrabili. Alla fine tre degli articoli
del numero derivano dai seminari, anche se essi non formano una
sezione autonoma nonostante compaiano in sequenza.
E
veniamo così agli articoli.
Il primo di A. D’Aloia, intitolato
Automazione. Perché la tecnologia non ci libera, ancora,
rappresenta il tentativo di andare all’origine della contraddizione
progresso tecnologico/regresso socio-culturale, candidata ad
diventare il principale tra i paradossi capitalistici nell’epoca
della totalizzazione.
L’articolo, analizzando il rapporto tempo/valore alla luce delle
visioni del Marx dei
Grundrisse, si propone di contribuire alla divulgazione della
teoria della “totalizzazione” capitalistica, intento che nel
prossimo periodo vedrà la pubblicazione, sottoforma di libro, della
tesi, già comparsa parzialmente sulle pagine della rivista, di V.
Fiano L’officina delle
migrazioni. Movimenti migratori e sviluppo capitalistico.
Il secondo articolo di M. Ammendola, con il titolo
Ecologia del tempo,
propone una lettura del tempo capitalistico come entità astratta
dalla fondamentale ciclicità della natura e dunque come condizione
ontologica dell’alienazione dell’uomo contemporaneo, incapace anche
solo di pensare un tempo non funzionale alla produzione.
Segue l’articolo di A. D’Egidio, dal titolo
Destini delle memoria nel
mondo senza tempo. Si tratta del primo articolo tratto dai
seminari precedentemente citati, il quale continua e approfondisce
il filone di ricerca iniziato con l’articolo della stessa autrice
apparso sul numero scorso. Qui l’analisi è focalizzata sulla
progressiva miniaturizzazione della profondità del presente, intesa
come la derubricazione contestuale tanto del passato quanto del
futuro. Si tratta di un
costante lavorìo sul tempo e la sua misurazione che si rivela
essere, in realtà, un’operazione sull’esperienza intesa come
condizione per la formazione di una coscienza.
Il secondo articolo tratto dai seminari è quello di D. Malinconico e
intitolato Lo spettatore
liberato. Esperienza e rappresentazione nella sala cinematografica,
il quale partendo dall’analisi delle modalità di esperire la
cinematografia indaga l’esistenza della possibilità di una cesura,
una soluzione di continuità, nell’ininterrotto flusso del tempo
della rappresentazione spettacolare.
L’attenzione dedicata al cinema serve a storicizzare l’evoluzione
del rapporto tra vita reale e rappresentata, nella volontà di
cogliere le peculiarità di un tempo spettacolare oggi non più
confinato in uno spazio specifico.
Segue il terzo ed ultimo articolo tratto dai seminari, quello di NJ.
Palumbo intitolato L’ambiguità
della comunicazione virtuale. Verso una dialettica della virtualità,
in cui l’autore a partire dalla constatazione dell’inesistenza di un
tempo virtuale sottolinea come la progressiva virtualizzazione del
tempo spettacolare sia basata su un assorbimento di tempo reale che
pone ormai un problema di confusione tra dimensioni storicamente
distinte.
Chiude la serie di articoli del numero M. Di Leva con il suo
Da lavoratori a bloggers? Benjamin, Lukàcs e il mito della Coscienza di
Classe, che a partire dalla coraggiosa tesi dell’infondatezza
del concetto di “coscienza di classe”, come elaborato da Lukàcs,
giunge ad indicare le moderne tecnologie comunicative quale
potenziale ambiente di formazione del sé in assenza di
condizionamenti esogeni. Il tema in cui l’articolo si inscrive è
quello del rapporto tra tecnologie a rete e formazione della
coscienza umana nel loro utilizzo.
Chiude invece il numero e la fase quadrimestrale delle uscite
l’intervista concessa da parte del nostro collettivo di lavoro
allargato, al collettivo «Gerusija», che da Novi Sad (Serbia) si è
interessato alla nostra rivista ponendoci domande, probabilmente,
più stimolanti delle risposte. L’intervista che riportiamo è stata
già pubblicata sulla rivista
Stvar/Thing- Journal for theoretical practices, n.6 2014 e
costituisce una sorta di fotografia politica della nostra attività
nei cinque anni trascorsi.
Dal canto nostro la pubblichiamo in italiano.
Buona lettura.
DICEMBRE 2014