13
Maggio 2014

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HER DI SPIKE JONZE: INTERNET TRA SIMULACRI DELLA REALTà E SINGOLARITà TECNOLOGICA

Salvatore Marfella

 

1. In principio fu Siri?

Il regista Spike Jonze giura e spergiura di aver pensato alla storia e di avere scritto la sceneggiatura del film, poi premiata con l’Oscar, molto tempo prima della sua creazione. Tuttavia, è un fatto che il suo Her, presentato in anteprima lo scorso settembre al New York Film Festival e poi in concorso al Festival di Roma, sembra ispirarsi a Siri, la nuova sensazionale scoperta messa a punto dalla Apple. Siri viene presentato per la prima volta da Tim Cook, amministratore delegato della società fondata da Steve Jobs, Steve Wozniak e Ronald Wayne, nel corso dell’evento Let’s Talk iPhone, tenutosi a Cupertino, California, il 4 ottobre 2011. Che cos’è Siri, il cui nome in norvegese starebbe per “bella donna che porta alla vittoria”? Nient’altro che un nuovo software, una nuova funzionalità, che consente di comandare il proprio iPhone semplicemente con la voce. Non solo: questa tecnologia permette anche di interagire con un’intelligenza artificiale, capace di effettuare primordiali collegamenti e utilizzarli poi per rispondere. Allo stato attuale, naturalmente, Siri risponde a domande piuttosto basiche (inutile chiedergli cosa pensa di Dio o del sesso, oppure per chi voterà alle prossime elezioni) e possiede potenzialità ancora limitate ma la sua efficacia è destinata a migliorare e ad espandersi, sia qualitativamente che quantitativamente. Sul sito della Apple, Siri viene propagandato come “assistente personale”, un titolo che somiglia pericolosamente ad una promozione che lo solleva da semplice strumento tecnologico ad oggetto dalle attitudini e dalle capacità umane.

 

2. La scoperta di Samantha

Che si ispiri o no a Siri, il film di Spike Jonze racconta invece una vicenda fantascientifica, ad alcuni apparsa futuribile che, ad avviso di chi scrive, ha i suoi punti di maggiore interesse se si predilige una chiave interpretativa metaforica prima ancora che tecnico-scientifica. Il protagonista di Her è Theodore Twombly (Joaquin Phoenix), un impiegato mite ed introverso, la cui professione è quella di scrivere, per conto di altri, lettere d’amore da inviare poi via internet utilizzando un programma di grafica che imita la scrittura umana. La vita sociale di Theodore è a dir poco scarna: sta per divorziare da Catherine, dopo un rapporto che durava sin dall’infanzia, e ha un’amica del cuore, Amy (Amy Adams), che si occupa di documentari ed è felicemente sposata con Charles. Theodore trascorre il tempo libero dividendosi tra bizzarri videogiochi interattivi, chat telefoniche erotiche e ricordi di alcuni momenti trascorsi con Catherine, della quale è ancora innamorato. Un giorno, attratto da uno spot, decide di acquistare un nuovo sofisticatissimo sistema operativo, os1 (sigla che sta, appunto, per Operative System), costruito partendo da una serie di reali personalità femminili e all’interno del quale è stata inserita un’enorme mole di dati. L’uomo comincia ad interagire con questo nuovo “cervellone”, che si è auto-attribuito il nome di Samantha e parla con la voce suadente di Scarlett Johansson. Samantha si rivela non soltanto un efficacissimo “assistente personale” mettendo ordine nell’affollato database di Theodore, ma dimostra di possedere anche varie facoltà proprie dell’universo femminile mescolando una cultura portentosa (come quella che può avere un pc super-evoluto) ed una non comune sensibilità umana, capace di empatizzare con i drammi emotivi del malinconico Theodore. Così, tra questi e Samantha nasce e si sviluppa una complicità che, come avviene tra coppie di umani, è di solito il preludio dell’amore. Così avviene anche in Her, al punto che Theodore non esita a confessare a tutti di avere una relazione con un sistema operativo e addirittura ad organizzare “un’uscita a quattro” con il collega Paul e la sua fidanzata, una ragazza orientale in carne ed ossa.

 

3. Intelligenza artificiale: simulacri e simulazione nell’era del web

L’idea di un’intelligenza artificiale non dissimile, e per certi versi superiore a quella umana, non è certamente nuova nel cinema, anche se declinata per la prima volta, nel film di Jonze, nella forma di un vero e proprio melodramma sentimentale. Il pensiero va ad opere di culto e personaggi indimenticabili come l’umanissimo replicante Rutger Hauer in Blade Runner (1982) di Ridley Scott o, ancora prima, a hal 9000, il computer di bordo di 2001: Odissea nello spazio (1968), personaggio che nel capolavoro di Kubrick si rivelava paradossalmente meno asettico degli umani con i quali interagiva, più “vivo” degli astronauti della missione, fino al punto di lanciare, poco prima di essere disattivato, l’umanissimo grido «Sto svanendo, ho paura». Si potrebbe infine citare S1mOne (2002) di Andrew Niccol, con Al Pacino nelle vesti di un regista che, abbandonato dalla protagonista del suo prossimo film, la sostituisce con un’attrice virtuale, dal nome d’arte “Simone” (leggibile anche come “Simulation One”), facendo a credere a tutti che si tratti di una donna vera.

Lo scopo di questo contributo non è mettere a confronto il film di Jonze con le opere cui lo abbiamo accostato (detto en passant, un paragone artistico ed estetico fra queste opere collocherebbe Her in una posizione sicuramente minoritaria). Quello che ci interessa sottolineare, e che a nostro avviso crea un intrigante legame tra le opere citate, è che in ciascuno di questi film la realtà viene messa a confronto con qualcosa che è allo stesso tempo il suo doppio ed il suo simulacro. Restando al film di Jonze, ad esempio, il modo in cui Theodore aliena se steso nel suo amore per Samantha, al punto da simulare con lei persino una vera e propria vita sessuale, apre intriganti riflessioni sul futuro (o, per alcuni, addirittura sul presente) dei rapporti tra l’essere umano, il computer ed il web. Internet sembra diventare ormai non soltanto un semplice aspetto della realtà ed un utile strumento di informazione, comunicazione e conoscenza, ma si trasforma in una sorta di doppio, un regno parallelo apparentemente sempre meno virtuale, un pianeta altro dove le menti degli uomini vanno ad abitare e nel quale rovesciano le loro frustrazioni e la loro incapacità di instaurare una proficua e soddisfacente vita di relazione, a cominciare dall’amore e dal rapporto di coppia. Internet diventa così una sorta di simulacro dell’era postmoderna. La globalizzazione telematica e tecnologica sembra determinare, nell’uomo, una spinta centrifuga, un esodo da sé e dall’incontro con l’altro, che appare come qualcosa di sempre più complesso, se non addirittura chimerico. Assistiamo così ad una sorta di paradosso quasi iperbolico: la società cosiddetta “avanzata”, centrata sulle più evolute tecnologie di comunicazione, la presunta “società della conoscenza” ci allontana subdolamente dal mondo, da quella che chiamiamo “realtà” o “verità delle cose”.

Sulla società postmoderna, da lui definita società-simulacro, alcune cose importanti sono state scritte, con grande lungimiranza, da Jean Baudrillard nel suo saggio Simulacres et simulations, pubblicato nel 1981[1]. Secondo Baudrillard, quello che domina e governa questo tipo di società è un’apparenza di verità che si vuol far passare come verità e/o realtà ma che di essa è soltanto un simulacro. In altre parole, è probabile che non esista una realtà oggettiva delle cose anche se questo potrebbe non essere un problema. Il problema sorge quando si vuol far passare come verità un simulacro. Nel caso di Her, Samantha è un Sistema Operativo, non ha sensazioni reali ma soltanto programmate. Theodore ne è consapevole fin dal momento in cui decide di acquistarla. Da un certo punto in poi, e qui il suo fatale errore, l’uomo dimentica questa semplice verità e inizia a trattarla e a rapportarsi con lei come se fosse una persona reale, dotata di una sua propria natura. Molto importante, in questo senso, è la sequenza in cui Theodore asseconda un’idea di Samantha e decide di invitare a casa una ragazza che “presterà” il suo corpo a Samantha e parlerà con la voce di questa in un gioco all’apparenza intrigante. Theodore si trova così a stringere un corpo muto che inizia poi improvvisamente a parlare e a godere con la voce di Samantha. A questo punto, Theodore non riesce ad aderire a questa situazione straniante e interrompe il gioco: in quel momento il simulacro della realtà, rappresentato dalla sconosciuta che parla con la voce di Samantha gli appare in tutta la sua nettezza: le due donne, quella reale e quella virtuale (cioè inesistente) appartengono a due mondi diversi e inconciliabili che è impossibile mescolare e far coesistere, seppure per il breve attimo di un incontro erotico.

 

4. La singolarità tecnologica: le teorie di Vernor Vinge

Un ultimo punto che può essere affrontato a proposito di Her è il suo rapporto con le teorie della cosiddetta singolarità tecnologica, che si devono in particolare al matematico e romanziere Vernor Vinge (autore, tra l’altro, di un romanzo breve, The Cookie Monster, tradotto in italiano proprio con il titolo I simulacri, edito nel 2004). Vinge, che ha studiato il fenomeno sin dagli anni ‘80, nel 1993 pubblicò un articolo, dal titolo The Coming Technological Singularity: How to Survive in the Post-Human Era[2], nel quale preconizzava che, nel giro di trent’anni (quindi, all’incirca nel 2023) l’umanità sarebbe stata in possesso di tecnologie capaci di creare intelligenze super-umane, che rischiavano di rendere obsoleto l’essere umano stesso. In virtù del perfezionamento dei sistemi di hardware dei computer, l’uomo sarebbe riuscito a creare delle macchine cui non sarebbe mancata alcuna caratteristica di quelle proprie degli esseri senzienti. Nel suo saggio, Vinge citava le teorie del matematico britannico Irving John Good che, già negli anni ‘60, parlava dell’invenzione, da parte dell’essere umano, di macchine super-intelligenti che, qualora non fosse stato capace di dominarle, sarebbero risultate essere anche la loro ultima creazione. Difatti:

 

Una macchina ultra intelligente potrebbe progettare macchine migliori; ci sarebbe quindi, senza ombra di dubbio, una “esplosione di intelligenza” e l’intelligenza dell’Uomo rimarrebbe molto indietro[3].

 

Per evitare la fine dell’èra umana, Vinge auspica allora una stretta interconnessione, una combinazione uomo/macchina da effettuarsi tramite l’utilizzo di internet che (e qui Vinge aveva visto giusto) in breve tempo avrebbe conosciuto uno sviluppo esponenziale:

 

il progresso in questo campo è quello che procede più velocemente. Il potere e l’impatto di internet sono largamente sottovalutati. Il suo stesso anarchico sviluppo è una dimostrazione del suo potenziale. Con l’aumento di connettività, ampiezza di banda, dimensioni degli archivi e velocità dei computer, assistiamo ad un qualcosa di simile alla visione di Lynn Margulis, in cui la biosfera è un elaboratore di dati, ma ad una velocità milioni di volte maggiore e con milioni di agenti intelligenti (noi stessi)[4].

 

Solo che Vinge non pensava agli smartphone ma a qualcosa di assai più avanzato e (per ora) ancora fantascientifico, dal punto di vista sia tecnologico che biologico: la creazione di un complesso sistema di elettrodi che collegassero direttamente il cervello dell’uomo con il suo pc, ad esempio attraverso il nervo ottico. Il film di Jonze sembra situarsi in una fase immediatamente precedente alle teorie sulla Singolarità Tecnologica di Vinge: il protagonista del film, infatti, non è fisicamente collegato ma solo intimamente connesso a Samantha, necessitando ancora di supporti materiali (auricolari, telefonino), seppure di dimensioni sempre più lillipuziane. E chissà se, caso unico nella storia del cinema di premio dato ad una “voce” priva di corpo recitante, la vittoria al Festival di Roma di Scarlett Johansson come migliore attrice protagonista non sia un modo per spingere anche la settima arte verso questa dimensione “mutante”.

 

APRILE 2014

 


[1] Jean Baudrillard, Simulacres et simulation, Galilée, Parigi 1981.

[2] L’articolo è consultabile, nella versione originale al seguente link:

https://www-rohan.sdsu.edu/faculty/vinge/misc/singularity.html.

Una traduzione italiana è invece presente al seguente link: http://www.estropico.com/id136.htm.

[3] I. J. Good, Speculations Concerning the First Ultraintelligent Machine, Franz L. Alt and Morris Rubinoff, New York: Academic press 1965, (Advances in Computers), vol. vi, pp. 31-88. La traduzione è mia [n.d.a].