PERCHÈ NON GUARIAMO?
Vincenzo Esposito
(intervistato da Massimo Ammendola)
Per prima cosa, dicci chi sei.
Sono un medico di medicina generale, che
non lavora in rapporto convenzionale con la struttura sanitaria, e che
ha il suo ambulatorio di Medicina generale, aperto tutti i giorni, e si
occupa di medicina interna, utilizzando però una metodologia diagnostica
e terapeutica omeopatica. In particolare, per la parte diagnostica:
l’Elettroagopuntura secondo Voll, tecnica che si basa sulla rilevazione
della conduttività del punto di agopuntura, e mettendo in risonanza la
frequenza elettromagnetica che viene rilevata, con un
pannel di frequenze elettromagnetiche di rimedi omeopatici, ne
verifica quello più adatto in termini di risonanza a questo aggiunge una
valutazione clinica fatta in base all’approccio clinico tradizionale
ampliando in questo modo il ventaglio di possibilità diagnostiche.
Spiegaci meglio.
Dal punto di vista della metodologia
omeopatica, classicamente si fa la repertorizzazione, cioè si raccolgono
quanti più sintomi possibili, cioè si chiede al paziente di fare quanto
più chiarezza è possibile, rispetto a quello che lui sente, sul piano
strettamente fisico e su quello psicologico.
Questa metodologia viene riportata poi
alle materie mediche, che sono delle raccolte fenomenologiche, delle
raccolte di sintomi, descrizioni di sintomi, di casi, che poi vengono
“guariti”, nel senso che la sintomatologia, sia fisica che psicologica è
migliorata o addirittura sparita, con l’uso di sostanze di origine
minerale, vegetale o animale diluite secondo la metodologia omeopatica.
Il problema che personalmente mi sono posto da quando ho incominciato
nel 1985-86, a studiare omeopatia, è stato come si fa ad essere
tranquilli di aver scelto il rimedio e la diluizione di quel rimedio più
adatta per cercare di resettare quell’organismo? Chiaramente,
l’esperienza classica è: studio il caso, studio la materia medica
stabilisco fra esse un confronto continuo, ecc. Nel corso della mia
formazione mi sono per caso imbattuto nella tecnica
dell’elettroagopuntura. Essa faceva parte del corso di formazione in
omotossicologia e discipline integrate, che all’epoca si faceva a Roma.
Mi incuriosì e cominciai a seguire, come fatto collaterale, anche dei
corsi di elettroagopuntura. Da lì mi sono accorto che la biorisonanza,
cioè la risonanza biologica, o meglio la corrispondenza tra la frequenza
di un corpo materiale esterno e il corpo umano, è un modo per capire
come sta il sistema e un modo per rimetterlo in armonia.
Ho pensato, a un certo punto, come in
omotossicologia, utilizzando quest’agopuntura, si possono per esempio
fare i test di intolleranza, cioè trovare quali sono gli alimenti che
una persona non deve assumere per stare meglio; così per esempio
diluizioni omeopatiche di prodotti complessi, cioè di più rimedi a bassa
diluizione messi insieme o il rimedio classico, sempre con lo stesso
metodo? Così come si testano i fiori di Bach.
E così sei venuto a contatto con
l’Elettroagopuntura di Voll e l’apparecchio di Moraterapia che sfrutta
le frequenze elettromagnetiche per curare la malattia?
Nell’evoluzione dei corsi e della
formazione, ed io penso sempre un po’ per caso, a un certo punto ho
avuto la possibilità di lavorare con questo software tedesco,
inizialmente tradotto solo in inglese, poi anche in italiano, che
supporta le frequenze per esempio di tutti i fiori di Bach. E quindi ho
iniziato a verificare sempre più, che raccogliendo la sintomatologia,
affrontando anche il problema dei limiti della capacità mia di
ricezione, e i limiti anche della capacità o volontà di espressione da
parte della persona, in quel modo, in qualche maniera, è come se si
venisse a svelare anche quello che non era stato rilevato o non detto, o
detto e non capito, e quindi ho iniziato ad utilizzare anche una misura
delle frequenze dei rimedi, sempre a partire dal software. Il che vuol
dire che ora la prescrizione del rimedio mi sento di farla con una certa
tranquillità. Ovviamente, cercando sempre il riscontro clinico e
biochimico, perché deve essere fondamentale mantenere la definizione di
medicina generale, cioè generalista come si diceva anni fa, che è una
medicina interna che non ha e non deve avere la pretesa di coprire tutte
le specialità possibili, ma anzi deve tendere a riguardare la persona,
il caso, per indirizzarlo, per capire cosa sta succedendo ed è successo,
e direzionarlo, il che vuol dire operativamente anche, in alcuni casi,
non prescrivere nulla e mandare da un altro collega. O prescrivere e
dire che comunque bisogna andare da un altro collega, anche un collega
che fa solo medicina cosiddetta allopatica, se il caso richiede anche
l’intervento diagnostico e terapeutico allopatico, si fa così, si deve
far così, perché la medicina è una sola, perché l’essere umano è uno
solo.
Facciamo un passo indietro. Tu hai
parlato di omeopatia, di frequenze, di elettroagopuntura di Voll. Che
cosa sono queste cose? Cerchiamo di spiegarlo. La medicina allopatica la
conosciamo, è una medicina che cerca di guarire il sintomo,
tendenzialmente. Il tuo è un approccio che invece inizia a parlare di
energia: che tipo di lavoro stai facendo quando ci parli di queste cose?
Io sto cercando di fare un lavoro in cui
operativamente, si supera la distinzione, l’opposizione, tra omeopatica
e allopatia e si punta ad una integrazione, che letteralmente significa
ricomposizione di una unità. Va fatta, innanzitutto, una distinzione di
ordine politico generale. Cioè, a chi serve questa distinzione e dove
porta? Siccome fino ad oggi, almeno in Italia, o a Napoli, ha portato
solo a contrapposizioni, nell’ambito del mondo medico, e certamente non
ha portato a un miglioramento delle condizioni di salute della
popolazione, evidentemente questa distinzione-opposizione non serve a
noi come persone. Per ora lasciamo perdere a cosa può servire. Quindi io
innanzitutto ho cercato e sto cercando di fare questo: la distinzione
viene mantenuta ed è stata introdotta, almeno per ciò che si dice,
perché sono due mondi incompatibili, in quanto il rimedio omeopatico è
niente, la sostanza prescritta invece in medicina è una sostanza che
agisce su una specifica patologia, tende a non solo eliminare un
sintomo, ma se può, a eliminare anche la causa.
In omeopatia abbiamo lo stesso scopo
cioè: eliminare il sintomo, e se possibile, siccome il sintomo parla di
una certa causa, agire su questa. La distinzione a questo livello ed in
questi termini non esiste, però bisogna dimostrarlo che non esiste, e tu
giustamente mi dici che cosa vuol dire parlare di frequenze etc. Vuol
dire far riferimento a quello che oggi nella biologia e nella medicina
moderna è un dato acquisito : cioè che, esiste oggi una biologia e una
medicina quantistica.
L’essere umano è fatto, come ogni essere
vivente, come ogni pianta, come ogni animale, come ogni insetto, di una
matrice strutturale, concreta, che io posso vedere, toccare, misurare,
dosare, e una parte non misurabile, non quantificabile, non visibile, ma
non per questo non esistente, che è energia. Ora, se ci domandiamo che
cos’è l’energia elettrica, e vogliamo definirla, la comprendiamo vedendo
una lampadina accesa. L’energia elettromagnetica dell’essere umano, la
vediamo, se prendiamo il punto di conduttanza sulla cute, e attraverso
un banale sistema di amplificazione, che è un ohmmetro, amplifichiamo il
segnale di pochi milliampere e riusciamo ad avere un numero; o un ago,
su un oscilloscopio, che si muove; misurando elettromagneticamente, cioè
la stessa cosa che fa un elettrocardiogramma, che è la stessa cosa che
fa un elettroencefalogramma, che è la stessa cosa che fa una risonanza
magnetica nucleare, che non è altro che la visualizzazione di una specie
di aura, se vogliamo, ovvero dell’energia elettromagnetica della
struttura materiale opportunamente bombardata, così come con il doppler,
non faccio altro che bombardare la struttura e quella mi rimanda un
segnale.
Vedo perché amplifico. Altrimenti non ci
potremmo spiegare come riusciamo a fare l’ecografia di un feto, che oggi
possiamo fare ad altissimo livello. Siccome la base biofisica è quella,
l’elettroagopuntura secondo Voll non è un’invenzione o una magia, non è
il pendolino, con tutto il rispetto, ma è la misurazione di una
differenza di potenziale, né più e né meno.
Allora se è così, fare questo questo
lavoro e cercare di farlo conoscere non è ovviamente soltanto un
autoproporsi che è ovvio, è il mio lavoro, ma è un modo per dire
attenzione: ai colleghi, biologi, guardate che la contrapposizione non
serve alla conoscenza, non serve al progresso del sapere e di noi
operatori in una società civile avanzata; alle persone, la
contrapposizione non serve perché se c’è bisogno della sostanza
(allopatica, ndr) in milligrammi se avete una patologia ormai
strutturata, dovete farla, e quella stessa sostanza può essere misurata
nella sua capacità di risuonare, cioè di corrispondere a voi. In questo
modo è chiaro, mi rendo conto, che chi legge questo si straccia le
vesti, sia esso allopata o omeopata, perché è un posizione “eretica”, ma
è una posizione corrispondente alla realtà, perché altrimenti non si
capisce cos’è un elettrocardiogramma e perché in base ad esso si fa una
diagnosi e una terapia.
Ma in Germania l’elettroagopuntura
esiste dal 1953, e viene utilizzata anche al pronto soccorso?
In Germania esiste dal 1953, ed esistono
pure società internazionali, ma questo alle persone tocca poco, pur
sapendolo, non possono modificare chissà che cosa. Invece si può
modificare la situazione che viviamo, in particolare oggi, nella sanità
italiana e nella sanità campana: la gente sappia che non è che esiste un
medico che è migliore di un altro, o una clinica o un ospedale migliore
di un altro, ma esiste la possibilità di passare da un punto di vista
tradizionale che è validissimo, ad un altro, senza far degradare il
punto di vista scientifico tradizionale, quando in certi casi non è più
in grado di controllare la situazione. Esempio: le infezioni
respiratorie. Molti casi sono di tipo batterico, pochi di tipo virale.
La maggior parte delle persone non sa la differenza tra virus e
batterio, e questa non è una colpa, semmai è una colpa di noi operatori
che non abbiamo fatto in modo che si capisse la differenza, in tanti
anni di bombardamento mediatico a vari livelli.
Ora, se usiamo solo una metodologia
biochimica, microbiologica, abbiamo tempi e costi lunghi e non sempre
riusciamo a raggiungere l’obiettivo di tutti noi medici, cioè guarire la
persona dall’infezione. E non vedo per quale motivo non si possa insieme
alla diagnostica tradizionale biochimica e microbiologica, non fare
anche quella bioelettromagnetica, per capire se una persona è affetto da
un’infezione virale o batterica, e perché non usare anche tutta la
tecnologia elettromagnetica per cercare di contrastare l’infezione.
Questo è un esempio di come collaborando, si può per esempio prevenire
meglio l’incidenza delle cosiddette epidemie influenzali e complicanze
varie.
A livello pratico, attraverso la
macchina che tu utilizzi, come si lavora per riequilibrare il corpo?
Si lavora innanzitutto andando alla
ricerca di quello che noi in gergo chiamiamo “punto di caduta d’indice”,
cioè uno dei punti di agopuntura che ha un valore negativo. Parliamo del
fatto che noi misuriamo per comodità e per rapidità solo i punti sulle
mani e sui piedi, i cosiddetti punti
ting, perché sono i punti più in superficie rispetto a tutto il
tragitto che percorre il meridiano nel corpo, e sono quelli più
facilmente rilevabili e sono quelli più carichi, come se fossero una
falda che ha un punto di emergenza sul terreno e che nascondono quindi
una sorgente enorme che sta sotto. Chiaramente io comincio dal punto
dove l’acqua affiora. Il primo passo è questo.
In secondo luogo, ad ogni meridiano, a
ognuno di questi canali, applichiamo il nome di un organo, dato che noi
occidentali abbiamo occidentalizzato la medicina orientale, cioè
l’anatomia, la fisiologia e la patologia orientale: per esempio stomaco,
fegato, vescica biliare, polmone etc. Però è anche questa un’operazione
di tipo riduzionistico, il meridiano del polmone non significa il
polmone solo come tessuto, ma tutta la funzione respiratoria, e così per
tutti gli altri. Quindi, primo punto: cercare la caduta di indice.
Trovata questa, ed è un solo punto, scopriamo che se esiste in questo
corpo che studiamo una polarizzazione, da una parte c’è un punto
negativo, e deve esserci quindi un punto positivo da un’altra parte .
C’è quindi in questa “pila” una differenza, uno squilibrio, o una non
omeostasi, una disfunzionalità, ovvero una patologia, chiamiamola come
vogliamo.
L’obiettivo, come dicevi tu, è
riequilibrare, che significa e come si fa? Le due cose sono connesse, è
lì la chiave del discorso della medicina e biologia energetica
quantistica rispetto a quella tradizionale. Noi medici e biologi di
formazione tradizionale, siamo educati a considerare il corpo umano
costituito di parti, sempre più piccole, ci sono molecole sempre più
specializzate, sono tantissime e ne conosceremo sempre di più, e
riteniamo che questo corpo ha leggi interne chimiche di funzionamento e
ci sono solo quelle. Non ci accorgiamo che già nell’epistemologia della
fisica newtoniana c’era il concetto che il corpo vivente è un corpo
isolato, ma il corpo isolato esiste solo come esperimento in
laboratorio, nella realtà non è così. Perché nella realtà, noi siamo,
dal punto di vista della termodinamica, cioè per lo studio dell’energia
e del calore di un corpo, un sistema aperto. A che cosa? È come se fosse
una stanza con porte e finestre, non esiste una stanza senza porte e
finestre, senza, si muore! Quindi abbiamo una porta, che può esser
assimilata al concetto del polmone, abbiamo delle finestre che possono
essere assimilate all’orifizio anale o alla pelle o altro. Se è così, io
devo conoscere la parte interna della stanza, ma devo tener conto anche
di quello che succede all’esterno, fa freddo, fa caldo, c’è o non c’è il
sole, c’è il vento o no. In altri termini il sistema materiale, la
chimica, ha leggi interne sue, ma non è governata da se stessa, ma da
qualcosa che è all’esterno, che non è qualcosa di mistico, ma qualcosa
di fisico. Se io non lo posso vedere, non significa che non c’è. Fino a
che io non sapevo che c’era la reazione ultravioletta, non mi spiegavo
certi fenomeni. Nel terzo millennio noi stiamo ragionando e applicando
metodi che sono datati al Seicento- Settecento. Infatti mentre la fisica
è andata avanti, siamo arrivati ad Einstein, e oltre, che diceva già
prima della seconda guerra mondiale, energia uguale materia, stabilendo
un’equivalenza, noi, in biologia, in Italia, pretendiamo ancora di
ragionare come se questa equivalenza non esistesse. Ed essa esiste nella
realtà, perché sennò non ci spieghiamo il cellulare, i satelliti, le
tempeste magnetiche, non ci spieghiamo niente, neanche le cose più
semplici.
E quindi, in pratica, cosa avviene
quando si ristabilisce l’equilibrio elettromagneticamente?
Allora, tornando alla pratica, il
problema è, una volta stabilita una polarizzazione, una differenza tra
due poli, cosa devo fare? Ristabilire la circolazione dell’energia tra
due poli, perché la pila è fatta da un polo positivo e uno negativo, c’è
un eccesso di + e un eccesso di –, ma il problema è che la realtà è + e
– contemporaneamente (sincronicità). Allora ristabilire l’equilibrio
significa ristabilire un equilibrio tra le cariche elettromagnetiche, da
cui deriva come conseguenza immediata, perché è una relazione
matematica, l’equilibrio elettrochimico, cioè quello materiale. In
parole povere, la tendenza all’ipertensione essenziale può essere anche
regolata così. Io dico “può essere”, non per mettere le mani avanti, ma
perché il sistema visto in questo modo è qualcosa di molto complesso e
non facilmente gestibile, perché ci sono leggi interne chimiche e leggi
esterne elettrochimiche ed elettromagnetiche. Quindi ci sono almeno tre
livelli, che interagiscono tra di loro. Quindi il nostro intervento come
medici deve essere soltanto quello di aiutare il sistema a resettarsi
come per un computer, fermo restando che l’hardware e il software di
quel computer quelli sono. Quindi c’è un limite al nostro intervento,
che è solo legato alle nostre capacità o chissà a quali complesse
tecnologie, è un limite insito nella specifica persona che abbiamo
davanti, e anche un limite specifico all’interazione tra quella persona
e uno di noi, perché la macchina che uso, la Mora, è solo uno strumento
che misura la differenza di potenziale, né più e né meno. Riequilibrare
significa quindi vedere il punto negativo, e andare a cercare dove sta
l’iperpolarizzazione. Se c’è un punto di caduta d’indice molto negativo
sul polmone, devo trovare l’iperpolarizzazione. E lì si devono applicare
delle leggi, che sono le leggi dell’energetica cinese, la medicina
tradizionale cinese, le leggi dei cinque elementi. La tecnica
dell’agopuntura permette anche a chi non le conosce, o non le vuole
conoscere, oppure le conosce ma non le vuole applicare, di risalire a
dove stanno uno, due o tre punti iperpolarizzati. Perché si misura la
conduttanza di quel punto, quello negativo, con il solito
panel di frequenze che riproduce, contiene, le frequenze
elettromagnetiche delle diluizioni omeopatiche di tutti gli organi,
raggruppati per apparati. A partire dal polmone misuro la frequenza del
polmone, in risonanza, cioè la interfaccio, con la frequenza del cuore,
delle arterie, delle vene, del duodeno, dello stomaco, ecc.
Quindi utilizzando questa macchina, puoi
avere in tempi brevissimi avere uno
screening generale della
persona?
Chiaramente la rapidità del lavoro è una
questione tecnica, la perizia ovviamente fa parte della competenza di
qualsiasi medico, come può essere quella del collega che fa l’ecografia.
La finezza dell’immagine, come per l’ecografia, dalla qualità delle
sonde, degli apparecchi etc. Il principio è questo. Una volta stabilita
dove sta e in che termini sta l’iperpolarizzazione, tradizionalmente
applicare l’energetica significava e significa stimolare dei punti di
agopuntura per mettere energia dove c’è il vuoto e toglierla dove c’è
l’eccesso, perché la rete dei meridiani è come una griglia, che sta
fuori del corpo, sul corpo e nel corpo, e attraverso questa griglia
possiamo ristabilire l’equilibrio delle cariche. Col Mora c’è che il
vantaggio che buona parte del lavoro diagnostico lo si fa
elettronicamente, perché esistono nell’apparecchio programmi
computerizzati che permettono di fare questo lavoro in una seduta in
tempo di 15/20 minuti. Quindi una volta individuati i punti, e capito
qual è quello iperpolarizzato, si trattano contemporaneamente gli uni e
gli altri, prendendo delle misure del campo elettromagnetico, prima e
dopo, per vedere così se si è riusciti a rientrare verso l’omeostasi.
Tecnicamente abbiamo un parametro numerico medio che è il valore di 80:
quando la persona riesce a rientrare nel
range di 75-83, grossomodo il
lavoro è stato fatto. Poi si possono ripetere gli interventi fin quando
non si è riportato l’equilibrio. In più dico che questa tecnica permette
anche di individuare se il complesso di sintomi o di sofferenza
riportata da una persona, è riferibile a patologie strutturate, cioè a
situazioni dal punto di vista organico così importanti che non possono
essere ovviamente risolte soltanto così. E allora se siamo in una prima
visita e troviamo che nonostante tutto il lavoro fatto, nel campo
elettromagnetico c’è un buco, nel senso che ho un eccesso, cioè il
trattamento si conclude con zone ancora in eccesso, vuol dire che tutti
i tessuti e tutti gli organi che stanno sotto quella zona sono sede di
un processo infiammatorio forte, allora è chiaro che si può e si deve
insistere, ma come medici bisogna porsi la domanda diagnostica,
confrontandola con tutto l’inquadramento clinico, non è solo una misura
di punti e arrivederci, per chiedersi quali solo le possibili patologie
che sono svelate o vanno ancora chiarite, e a quel punto al paziente va
indicato un percorso, ecco perché dicevo prima “medicina generalista”,
nel senso che affronta tutti gli aspetti, ma non per risolverli per
forza, ma soprattutto per orientarsi, in questo ovviamente c’è un
limite, e va riconosciuto perché nessuno ha la pretesa di risolvere il
problema da solo.
Che intendi per diluizione omeopatica?
Diluizione omeopatica è uno dei termini
che ha contribuito molto a fondare l’opposizione tra omeopatia e
allopatia. La diluizione omeopatica si considera non esistere, come una
specie di placebo. Nel granulo, nella goccia, non ci sarebbe niente.
Quello che noi esercitiamo è un’influenza di tipo psicosomatico, detto
in maniera molto volgarizzata, sulla persona, è una specie di plagio!
Dal punto di vista della biofisica quantistica e del calcolo anche
semplicemente matematico, la diluizione omeopatica è una
deconcentrazione. Cioè, sappiamo che esiste il concetto di numero di
Avogadro: il numero che segna il limite tra l’esistenza della materia e
la non esistenza della materia.
Oltre quel numero, 5 grammi di zucchero,
diluiti, diluiti e ancora diluiti oltre il numero di Avogadro, non c’è
più zucchero, c’è solo acqua. Detta così, è chiaro che di conseguenza,
se ti do una cosa che va oltre il numero di Avogadro e ci scrivo sopra
zucchero, ti sto dando acqua, non zucchero. Se invece è una
deconcentrazione, vuol dire che io dopo il numero di Avogadro ho, nel
supporto costituito dalla soluzione d’acqua o dai granuli, ho la
frequenza elettromagnetica dello zucchero, perché quell’acqua viene da
una soluzione di acqua e zucchero. Quindi io più diluisco, più non avrò
il sapore dello zucchero in bocca, però continuerò ad avere l’energia
elettromagnetica della singola molecola di zucchero che c’era
all’inizio. Ora, siccome noi siamo fatti di una strutturazione
dell’energia che chiamiamo materia, e di energia allo stesso tempo, un
campo di frequenze attorno a noi, quando io uso la diluizione
omeopatica, intendo agire nel campo del numero di Avogadro, cioè nel
materiale, sparando da fuori: intendo agire sul freddo che c’è
all’interno di un corpo, mettendomi addosso un cappotto, è chiaro che
una cosa è il corpo (e il suo interno) e una cosa è il cappotto, però
intanto io lo riscaldo, a meno che quel corpo non sia talmente
danneggiato che con tutti i cappotti che ci metto addosso non riesco a
riscaldarlo. Con la diluizione omeopatica posso non riuscire a
risolvere, e non riuscirò a risolvere un problema strutturale, se nella
macchina biochimica si è rotto qualcosa in maniera irreversibile. Allora
in quel caso userò dello zucchero, in quantità in grammi o milligrammi
per la parte che si è rotta e la diluizione per cercare di governare
tutto il resto.
La diluizione omeopatica è una frequenza
elettromagnetica, perché è la deconcentrazione di una quantità
ponderale, perché siamo nel campo dell’oltre numero di Avogadro. Questo
è di grande importanza, poiché per esempio esiste tutto un settore della
terapeutica omeopatica, l’organoterapia, che significa usare la
diluizione omeopatica di organi di maiale, per curare l’organo umano:
questa tecnica, è utilizzata dalla scuola francese da decine e decine di
anni, con successi notevoli, documentati, in Italia è proibita, e per la
maggior parte neanche conosciuta. Già proibire, ti dà una certa
soddisfazione, perlomeno ci scontriamo!
Hai tenuto una serie di conferenze, che
si intitola «Perché non guariamo?», vuoi dirci perché hai scelto questo
nome?
Ho scelto questo nome perché, rispetto
anche a tutto ciò che ho cercato di dire finora, il percorso che porta a
uno sviluppo di una patologia, di una sofferenza, va all’esterno verso
l’interno, e sostanzialmente consiste nel fatto che non ho più una
capacità di autoregolarmi, di ricominciare daccapo. Prima ho detto che,
in medicina, sappiamo e sosteniamo che il corpo vivente è capace di
autoregolazione, purché si dia l’input giusto: la compressa di aspirina
è importante perché dà l’input giusto ad una cascata di reazioni
chimiche che portano la febbre alta; la tachipirina, quindi il
paracetamolo, agisce perché interrompe questa cascata, in quanto il
sistema non è più capace a regolarsi da solo la temperatura, e la
molecola entra nel circuito e agisce portando giù la temperatura anche
se per poche ore, però comunque interviene. La frequenza
elettromagnetica può fare la stessa cosa. Ho scelto il titolo «Perché
non guariamo?» perché in effetti la febbre è transitoria, e finisce, ma
altre cose non finiscono, si incancreniscono, persistono, fino al
cancro, per esempio. Evidentemente, se è vero l’esempio della febbre, se
è quello il meccanismo, non riesco a guarire perché non riesco a mettere
in funzione i meccanismi di autoregolazione. E qui va aperta una
parentesi: le persone possono quindi non autoguarirsi, però innanzitutto
devono sapere come sono fatte, il che non vuol dire che se io conosco
com’è fatta la mia macchina, sono sostitutivo del meccanico o posso far
magicamente ripartire la macchina che si è fermata, però se si è fermata
ed è ripartita, e si è fermata di nuovo, e conosco grossomodo com’è
fatta, posso cercare di capire che cosa sta succedendo, insieme ad uno
che conosce tutti i dettagli. Noi non guariamo perché i nostri sistemi
di autoregolazione non funzionano, o non rispondono sempre allo stesso
modo. Quali sono questi sistemi di autoregolazione: il sistema
immunitario, il sistema vegetativo e il sistema endocrino, cioè in poche
parole gli anticorpi, l’adrenalina e gli ormoni. Sono queste le
molecole, e di conseguenza gli organi, gli apparati, che li producono,
che ci permettono di autoregolarci.
Perché premesso che siamo un sistema
termodinamicamente aperto, le entrate e le uscite vengono gestite da
questi tre, su cui agiscono i farmaci chimici, di sintesi chimica, su
cui agiscono i fitoterapici, i rimedi omeopatici, la tecnica
osteopatica, la psicoterapia. Il problema per le persone è capire che
tutto si gioca su questi tre sistemi. In più, negli ultimi anni si è
introdotto anche il termine connettivo, intendendo la rete di sostegno,
la trama, di tutto il corpo, che è come se fosse l’autostrada attraverso
la quale devono passare le macchinine, cioè gli anticorpi, le molecole,
e gli ormoni. Se la strada è rotta o interrotta, chiaramente queste
comunicazioni non saranno ottimali. Non guariamo secondo me perché
innanzitutto non sappiamo come funzioniamo, e allora lasciando stare il
discorso politico su come viene gestita la nostra non guarigione,
cominciamo a stabilire questo: ci può esser utile saper come siamo
costruiti e come funzioniamo per poter cercar di guarire se siamo
ammalati? E se non siamo ammalati ancora cercando di non ammalarci? Ecco
perché io ho scelto questo titolo: se ammalarsi significa senza
accorgersene, o senza saperlo, andare a finire in una strada a vicolo
cieco, una volta entrati non è detto che è finita, perché si può fare
marcia indietro. Purché accetti di poter fare marcia indietro, senza
intestardirsi volendo uscire dal vicolo dando le "capate" nel muro, e
purché impari a fare marcia indietro, se non la faccio mi aggiusto,
finché pian piano esco, una volta fatta tutta questa manovra,
imprintandola bene nel
cervello, per non ricascarci un’altra volta nel vicolo successivo.
Il mio sforzo con questi incontri è
quello di trasferire delle informazioni, perché secondo me, la prima
tappa è il trasferimento di informazioni. Perché trasferendole è come se
dessi alla persona le giuste istruzioni su come usare anche il software,
l’apparecchiatura più sofisticata, senza che sia necessario esser un
ingegnere elettronico, con tutto il rispetto, perché io ricorro
all’ingegnere nel momento in cui si rompe qualcosa. Altro punto critico
è la relazione tra la persona che viene da uno di noi, e uno di noi con
questa persona. Allora la prima cosa per cercare di creare una relazione
che sia di tipo paritario, e quindi di tipo cooperativo e collaborativo,
è iniziare a decodificare, se non ci mettiamo su un terreno comune, non
ci possiamo intendere. A meno che non ci si voglia usare, c’è anche
l’utente che vuole manipolare l’operatore, e poi dice che è colpa sua!
Decriptare è la prima cosa, mettendosi in gioco, rischiando. E questo,
da un punto di vista politico generale, è di grande importanza, oggi.
Osservando il programma degli incontri
che hai tenuto, ci fai una piccola sintesi degli argomenti trattati?
Ho incominciato da «L’uomo
elettromagnetico», perché è una premessa indispensabile per intenderci,
cioè introdurre un concetto di uomo inteso come essere vivente,
inquadrandolo in un ambito più vasto, comprendendo animali, mondo
vegetale e tutto, dato che noi siamo parte di questo tutto, e come
esseri viventi, partecipi tutti quanti di una struttura chimica ed
elettromagnetica.
Poi ho incominciato ad analizzare il
problema dei sistemi di regolazione, cercando di trasferire questo
blocco di nozioni, spiegando cos’è la parte endocrina, la parte
neurovegetativa, la parte linfatica, la parte connettiva, ma prima di
spiegare questo, la parte di energetica cinese, legge dei cinque
elementi, e cosa sono i meridiani, ovvero i canali attraverso i quali
passa quest’energia, e sono anche i canali che ci mettono in
comunicazione con l’esterno, e dall’esterno portano la comunicazione
verso l’interno. Ecco perché è indispensabile per capire come funziona
la parte chimica e su come si può agire su di essa, nei limiti di quella
che è una strutturazione irreversibile di un danno biologico. C’è poi
stato un incontro tenuto da mio figlio (Roberto, sociologo e istruttore
Shiatsu, ndr), che ha illustrato la psicologia della medicina
tradizionale cinese, che non è lontana dal punto di arrivo di tante
scuole psicoterapeutiche occidentali. Poi c’è la parte che può giocare
di più per avviare un processo di autoregolazione, cioè la parte di
biopsicosomatica, l’evoluzione della psicosomatica, che era cercare di
spiegare dei sintomi come effetto di una alterazione psicologica,
mantenendo però una dicotomia mente-corpo. E così la psicosomatica
classica è fallita. Non potendo dimostrare che tutto fosse un problema
psicologico, o tutto fosse un problema fisico, si sono scontrati gli
psicologi da una parte e i medici e i biologi dall’altra, ognuno
cercando di invadere il campo dell’altro, e la psicosomatica è saltata.
Negli ultimi venti/trenta anni, si è affermato invece il modello
biopsicosomatico, ovvero cercare di considerare la contemporaneità
dell’interazione mente-corpo, cioè la non contrapposizione della mente
(psiche) rispetto al corpo, senza fare confusione, distinguendo i
livelli. Non posso prescindere da quello che è fisico, senza fare
riferimento a cosa mi succede a livello psichico, tenendo bene i piedi
per terra, cioè tenendo ben presente la biologia e il cervello. L’idea
base, è che ciò che si esprime nel corpo, che succede nel corpo, sia in
termini fisiologici che patologici, è il segno di quello che avviene o
che è avvenuto nella mia mente (circuiti celebrali), dove è imprintato
un programma, che si esprime nel corpo. Se nel mio cervello è imprintato
il programma, per cui io domani mattina alle 7 mi sveglio e esco, ed
invece mi sveglio alle 3 e non dormo più, evidentemente il primo evento
corrisponde a una serie di eventi biochimici e il secondo ad un’altra
serie. La biopsicosomatica vuol dire cercare di risalire da quello che
io vedo e rilevo, come sintomo fisico o manifestazioni della persona,
gesti, modo di camminare, di stare seduto, come ti dice e non ti dice,
quello che è successo dentro, e cercare di risalire a questo programma
che è stato scritto, e questo può farlo solo la persona, semmai aiutato
dall’esterno, ma è la persona che lo deve fare, ed è questo il nocciolo
del perché non guariamo, proprio perché non vogliamo vedere, o non
riusciamo a vedere; o mentre guardiamo non riusciamo a vedere fino in
fondo, magari scattano dei meccanismi di difesa, tipo “ma io sono
abituato così, sono fatto così”. Comunque, per la biopsicosomatica il
nocciolo è la contemporaneità mente-corpo. Lo scopo del mio programma è
che devono circolare le conoscenze, con le persone che devono formarsi
il loro punto di vista. Questo dovrebbe esser l’obiettivo di ogni
persona che si interessa di comunicazione, voi giornalisti cercate di
non dare la notizia e basta, ma di fare in modo che io che ascolto o
leggo mi formi poi un’opinione, un parere, e possa agire in funzione del
tipo di informazione che ho avuto. Perciò io insisto sul fatto che
deliberatamente per una certa organizzazione del sistema politico non si
presentano le cose per come sono: non si parla di biologia quantistica,
di medicina quantistica, di diluizione omeopatica, di organoterapia, e
si fanno le contrapposizioni e i casini, perché? Perché non c’è la
volontà che la persona si formi una coscienza, una competenza di che
cosa sta succedendo in lui e che quindi lui faccia le scelte che ritiene
più adeguate per cercare di uscirne fuori. La persona, in una società
civile (se fosse tale), dovrebbe essere in condizioni di sapere come non
prendere la multa, perché mi si spiega che cos’è il Tutor, non è che mi
si mette la multa senza che c’è neanche il cartello del Tutor. In fondo,
per analogia, si potrebbe dire così: in noi esiste un sistema di
tutoraggio, che c’è anche se non lo sappiamo, e che funziona, siamo noi
che lo sabotiamo o veniamo aiutati a sabotarlo. Ma anche se lo
sabotiamo, sapendo che ci sta, posso cercare di farlo funzionare.
Tutti gli eventi della vita, del
quotidiano, influiscono psicologicamente su di noi e quindi anche in
maniera biologica, quindi diciamo che una nostra spinta autodistruttiva
porta a un non-equilibrio del corpo, in un certo senso?
Sì, io posso anche agire in maniera
autodistruttiva senza saperlo. Perché anche la malattia è un
adattamento, è un programma, che io ho innescato, comunque per
adattarmi. In questo senso non è che va carezzata e coltivata. Il
diabete, ad esempio, è una patologia da resistenza ad oltranza, se io
sono una persona che deve resistere ad oltranza, cioè è continua la
pressione su di me, o io la vivo così, e continuo a combattere, ho
bisogno di una quantità di munizioni in eccesso, altrimenti non sono
sicuro di poter tener testa. Allora cosa faccio, stimolo il sistema che
mi produce energia, a darmi quanta più energia è possibile, e dove si
attiva il sistema del corpo umano per produrre la massima energia? Nel
pancreas. Così come la contrattura muscolare e tutti i problemi di
posturologia, è l’espressione sul soma di uno stato di tensione in
difesa del mio territorio. Il ragazzino adolescente, e soprattutto la
ragazzina, che comincia a fare la scoliosi, cerca di venire fuori dalle
costrizioni imposte dalla struttura familiare, per esempio, senza fare
giudizi morali, andiamo a vedere quali sono le ragazze che hanno la
scoliosi e in che condizioni familiari stanno...
Il bambino asmatico chi è? È una persona
a cui viene tolta l’aria, cioè gli viene tolto l’elemento fondamentale
per vivere, gli schiacciate il torace... Questo non per parlarne
semplicisticamente, ma la lettura dev’essere anche questa. Che devo
usare il cortisonico in vena se quello sta morendo asfissiato, non c’è
dubbio. Ma se riesco a fare, invece del cortisone in vena, l’Apis 6 CH,
o Antimonium Tartaricum alla 6 CH, alla fin fine è la stessa cosa. Se io
non riesco ad aiutare questa persona a capire come può fare, quanto più
presto possibile, a non evolvere verso l’insufficienza respiratoria
cronica a quarant’anni, perché da quando ha cinque o sei anni non fanno
altro che togliergli l’aria, o lui si sente come gli togliessero l’aria,
ovvero da allora vede e sente questo “film”.
Quando in effetti abbiamo un conflitto
dentro di noi, abbiamo un film che gira sempre allo stesso modo, un
dolore che permane sempre uguale, allora arriviamo alle cronicizzazioni,
alle infiammazioni croniche come tumori, diabete, etc.?
Esatto. E soprattutto è il concetto di
conflitto che hai fatto molto bene a chiamare in causa. Perché conflitto
vuol dire esistenza di una condizione di scontro, di non-omeostasi, di
non-equilibrio. Io posso rimandare il conflitto, posso resistere in quel
conflitto, non posso evitarlo, perché anche se mi sembra di evitarlo, di
fatto ci sto. Allora capire che alla base ci sono dei conflitti, vuol
dire cercare, piano piano, di risalire alla mia struttura
biopsicosomatica, cominciando da quello che ho davanti. Non a caso, una
delle nozioni di base della biopsicosomatica inizia proprio così,
significa prendere atto di quello che io so adesso e sono adesso, e
partendo da lì, risalire a ciò che è successo e come è successo questo.
Solo così io posso trovare l’assassino, ricostruendo la scena del
delitto. È un’operazione di tipo poliziesco in un certo senso. Qualunque
indizio può essere utile, infatti la norma per chi di noi lavora così è
non trascurare assolutamente niente, anche la cosa più banale, se la
persona sta parlando e gli cadono le chiavi, oppure che cerca gli
occhiali, oppure piange o ride, così come guardar bene gli esami, non
solo per fare bella figura che uno sta attento! È come un’indagine di
polizia, c’è il delitto, arriva il commissario e dice: «Fermi tutti,
nessuno tocca niente». Bisogna ricostruire la situazione. E la
biopsicosomatica è questo: fare una fotografia, considerando che quella
fotografia dev’essere spiegata alla luce di tutta una storia, che
comincia prima che quella persona sia nata. La questione è grossa, ancor
più di quanto io mi aspettavo, sinceramente, sia come formazione
personale continua, sia come confronto con chi entra nel mio studio,
perché se vogliamo il tempo che ci si dedica, la capacità reciproca di
scambio, è sempre molto, molto poco rispetto alla complessità della
situazione. Ogni 15 giorni ho un mal di testa molto forte e non so
perché: allora, io posso usare una delle ultime molecole che esistono
per sbloccare la cosa, e può pure funzionare, ma il problema è perché ho
mal di testa ogni 15 giorni? Nulla è per caso. Anche l’ordine delle
parole che uno usa, gli aggettivi, i nomi, la costruzione delle frasi,
tutto ha una sua importanza. Personalmente, ti posso dire che sono un
paio di anni che sto lavorando più intensamente con questo
approccio/tendenza/preoccupazione, e ti assicuro che c’è una differenza,
in questo modo riesci a arrivare bene al cuore del problema. Con la
persona c’è un’intesa, un percorso, un programma, in cui il ruolo mio è
solo quello di tecnico, che come ogni tecnico, per esempio informatico,
si aggiorna su tutti software che arrivano, e aggiorna continuamente il
computer. Ma il problema è l’intesa: il progetto «Perché non guariamo» è
questo, indurre nelle persone non la paura o la prospettiva di chissà
quale mistica, semplicemente dire guardate, noi siamo fatti in questa
maniera, estremamente complessa e non possiamo pensare di accantonare
quello che di piccolo o di grande abbiamo davanti, se non riconoscendo
di fare un’operazione di disconoscimento dei problemi, che prima o poi
ci ritornerà addosso. E questa non è una minaccia, anche questa è una
constatazione, nella realtà dei fatti: oggi noi abbiamo parecchi casi di
cancro, in più, e aumentano sempre di più, tumori rari sono diventati
quasi ordinari, quando mi sono laureato io, trent’anni fa, non si
vedevano proprio, oggi non dico che sono all’ordine del giorno, ma per
quello che vedo e leggo io, ce ne sono. Tutto questo sicuramente perché
c’è l’inquinamento, c’è questo e quell’altro, ma anche perché i sistemi
di autoregolazione, non riescono a funzionare più. Ma perché c’è una
pressione dall’esterno molto forte? Sicuramente. Ma anche perché non
riescono a funzionare. Allora ragioniamo su tutti e due i livelli. Sennò
di fronte a quello che è l’entità dell’inquinamento, l’entità della
colpevolezza di chi ci gestisce, perché ci gestiscono, di fronte a tutto
questo poi c’è la disperazione solamente. Invece di capire un attimo
come funziono, e così posso rendermi conto che, per esempio, determinati
cibi finiscono per agire come stimolo ormonale sul mio organismo, e un
ragazzino lo sfianco, o una ragazzina la scombino. Capire anche meglio
la quantità dell’inquinamento e come difendersi. Se riesco a resettare
il mio sistema più spesso e più facilmente, più autonomamente, riesco
almeno a tenere una guardia alta, fermo restando che se io mi trovo a
Chernobyl, e il fallout lì continuerà ancora, come quello giapponese a
Fukushima, su tutta la terra. E allora questo psichicamente per tutti
noi è un grande fattore patogeno, sapere che siamo fottuti. Saper che
siamo fottuti è il bit di informazione che si infila nel cervello e là
sta tutti i giorni, sta nel cervello mio che tiene 60 anni e nel
cervello di mio figlio che ne ha 13, e sta nel cervello di mio nipote
che nasce, perché mia nuora e mio figlio hanno nel cervello questa cosa.
Allora il punto è: se noi prendiamo coscienza, anche attraverso il
partecipare, l’intervenire, il muoversi, diventa un fatto di
sopravvivenza. Il cambiamento politico non è più la ricerca e scelta di
un’organizzazione politica, di leader, di riferimenti! È innanzitutto un
programma che devo cominciare da me stesso, ma non per isolarmi
nell’egoismo e nell’individualismo, assolutamente, è proprio il
contrario. Anzi, rispetto a queste informazioni qua non esiste nessun
organizzazione, nessun leader, in grado di dare una risposta, ma non
perché non sono capaci, ma semplicemente perché non può esistere, dato
che la risposta è lo sviluppo di un nuovo io collettivo, di una grande
entità collettiva che si rende conto che il danno di un singolo si
ripercuote immediatamente su tutti quanti gli altri, come la farfalla
che batte le ali e fa venire il terremoto dall’altra parte del mondo, è
così. Anche se noi maledettamente non ce ne vogliamo rendere conto, le
navi affondano perché ci sono tutti Schettino sopra, o perché il campo
elettromagnetico è cambiato? I pesci vanno a finire da una parte
all’altra, si perdono, dopo miliardi di anni che fanno sempre lo stesso
percorso? I gabbiani vanno da un’altra parte perché si sono ubriacati? È
una questione di campo elettromagnetico. Se esiste il campo
elettromagnetico esistono le tempeste solari, esistono anche un sacco di
altre cose. E non possiamo prescindere da tutto questo.
Al di là dell’inquinamento ambientale,
che quello è, il fatto che viviamo peggio, che anche a livello
d’informazione ciò che passa non è un paradigma positivo, ma negativo,
tra annunci di fine del mondo, apocalisse, “siamo fottuti”, tutto questo
tende a renderci più deboli, sia dal punto di vista mentale che dal
punto di vista fisico e generale?
Ti racconto una cosa che mi ha colpito:
l’altra sera, in televisione, sul Tg3, un flash un abate di un monastero
buddista in Giappone, che viveva nell’area dove c’è stato il disastro
atomico, il quale cammina per villaggi e campi e rileva l’entità della
radioattività e raccoglie le cose che stanno a terra, e le metti nei
contenitori che il governo giapponese ha messo apposta per isolare le
cose contaminate. E lui ha detto una frase, che rispecchia l’integralità
di questa persona, intendendo proprio che quello che sente, pensa, dice,
lui fa: «Dobbiamo riconciliarci con la Terra». Cioè, questa persona,
cammina, e a mani nude prende la roba e la mette da parte: non
disconosce il problema; lo affronta in maniera praticabile, rispetto a
quello che lui può fare; dice, se non facciamo così, è peggio. Invece da
noi, il problema non c’è; se c’è, è lontano da noi; se c’è, non vi
preoccupate, è una cosa transitoria; e se qualcuno insiste, la risposta
è «Non rompete i coglioni». Se noi riusciamo a fare una specie di
percorso, come «Perché non guariamo», il problema c’è, ma è una
questione di coscienza collettiva, non c’è nessuno che ce lo risolve, se
non ognuno di noi, e allora cominciamo. Io ho cominciato, da molti anni,
non prescrivendo farmaci se non quando è necessario, prescrivo quelli
dei quali sono sicuro, prescrivo quando è opportuno e per il tempo che è
necessario per scrivere. Per cui, se uno è condannato come me, oramai, a
prendere per tutta la vita un farmaco, indipendentemente dal costo che
ha sulla collettività o sul costo del bilancio di una Asl, io lo
prescrivo. Siccome mi hanno detto che si doveva fare in un altro modo,
io ho detto loro «a mai più vederci». E l’ho ripetuto anche a chi, in
cosiddetto ambito omeopatico, fa lo stesso ragionamento: sapere perché
si arriva alla malattia, e non ostacolare il processo di conoscenza e
comprensione, che già significa favorirlo. E questo perché ci sono tanti
malati e tante malattie, e quindi ogni paziente, con la sua
pluripatologia, è un cantiere aperto che porta denaro, e non c’è bisogno
di fare l’appalto.
Politicamente, il tuo approccio è quindi
quello di una liberazione dell’uomo, dai suoi incubi, da se stesso, in
un certo senso, dai suoi blocchi...
Aiutarlo. Come si è fatto nella storia
dell’umanità tante volte, ognuno di noi lo sa, e lo può fare, io non
faccio nulla, semplicemente riempio una bottiglia e ne do un po’ a tutti
quanti, cioè non voglio tenere il bicchiere solo per me. Anche perché da
solo ho paura, non ho difficoltà a dirlo. Perché una delle prime cose è
non avere difficoltà a dire quello che si prova. Il “politicamente” per
me, significa che non escludo il passaggio a “organizzarsi per”: lo dico
non solo perché ho 60 anni, e come età avete capito da dove vengo; ma
qui non c’è nessuna nostalgia, noi non dobbiamo ripristinare niente che
non sia già stato scritto. Se pensiamo alla nostra Costituzione, la più
avanzata d’Europa, e se pensiamo alla Legge 833 della Riforma Sanitaria
del 1978, la più avanzata d’Europa, e questo è stato detto dagli
stranieri, oggi buttate tutte e due nel cesso, semplicemente perché non
applicate. Perché la 833 è una legge non perfetta, ma espressione di una
coscienza collettiva. Il concetto di pubblico e privato, non è la
clinica privata o l’intramoenia, ma la salute come bene pubblico, come
bene comune, perché è tale. La scelta di dire come cittadino, «Vabbè, io
comunque ho il ticket; vabbè, comunque conosco a quello; vabbè io
comunque non ho quella malattia», questo già è un modo per accettare la
non applicazione di una legge che se fosse stata applicata in maniera
seria, anche se, realisticamente, non fosse stata applicata dappertutto,
avrebbe portato il sistema sanitario italiano certamente a stare come il
sistema sanitario tedesco, che comunque regge, così come fa la Germania
negli altri settori, e perché? Perché il tipo di paradigma medico e
biologico è un tipo di paradigma economico. Le multinazionali del
farmaco allopatico ed omeopatico, in Italia, fanno il comodo loro da
sempre, mentre nei loro rispettivi paesi di origine iniziale, devono
sottostare a una normativa estremamente ristretta e precisa. In termini
di prezzi, ad esempio, vedi quanto costa il farmaco omeopatico in
Francia e quanto costa in Italia, stessa ditta.
Quindi, una liberazione dell’umanità non
può prescindere da una liberazione personale, che significa anche perché
ci ammaliamo, capire appunto, perché non riusciamo a liberarci di alcuni
blocchi interiori. Il tuo progetto medico diventa così progetto
politico, perché è un progetto di autoanalisi e di liberazione di se
stessi.
È un processo continuo. Non è che con
«Perché non guariamo» io voglio fare come un manuale, per dire come si
fa a guarire. È un filone complicato, perché da tempo si è inserita
tutta una serie di personaggi che hanno solo lo scopo di dire, «Non vi
preoccupate che ho la ricetta». E abbiamo i guru. E così se non leggi
“quel” libro, non capisci niente. Che se leggi quello hai risolto il
problema. Qua ognuno ha dentro scritto il proprio libro, se non imparo a
leggere il mio e non ho il coraggio di leggermi tutte le pagine, ma solo
ogni tanto di sfogliare qualche pagina e dire «Uh, ho mal di testa! Uh,
ho mal di pancia!», e non leggo dalla pagina 1 all’indice, compresa la
bibliografia, compreso l’indice analitico, non ne esco. Anche se uno
muore prima di riuscirci, deve provarci? Sì. E questo è il mio progetto
di vita. Io vivo così da sempre, forse senza saperlo prima, ma adesso lo
sto incominciando a capire. E ho paura. Perché è un percorso che
sostanzialmente ognuno si vive da solo, però può viverlo non in
solitudine. Ecco perché è importante vedersi, ma non solo per fare la
chiacchiera. Il rapporto che ho con le persone che vengono allo studio,
oltre al fatto che è un rapporto tra una persona che fa questo lavoro, è
un rapporto tra persone che stanno sulla stessa barca. È un mio modo di
vedere, da questo a dire se altri colleghi si confrontassero non con me,
ma con questi interrogativi, se l’Ordine dei Medici, se la Regione, lo
Stato, semplicemente riconoscessero quelle che sono le normative europee
e le applicassero, non avremmo la necessità del signor Mario Monti, che
a modo suo deve far quadrare le cose. Così come nella vita individuale,
di relazione di coppia, familiare. Qua stiamo ad aspettare e sperare che
il cancro non acchiappi anche me, o andiamo a farci l’analisi genetica
così conosco a quali malattie posso andare incontro, in modo che
risolvo, così. Ma risolvo cosa? Io so di gente che è arrivata ad
operarsi al seno, togliendosi i seni, perché la sorella o un familiare,
con l’analisi genetica, era a rischio, facendosi due interventi di
plastica, per rimettersi i seni finti! Sono casi estremi, ma se l’essere
umano arriva a questo, evidentemente la paura è così grossa, come la
paura di morire. Sono due cose biologiche. Però la signora che si è
tolta il seno senza avere il cancro al seno, era ammalata. Di che cosa?
Di mass media, di un certo tipo di informazione, fatta per dire: se mi
mandi un campione di Dna, ti faccio l’esame, mi dai 500.000 euro, o non
so quanto, e io ti dico tutti i rischi che hai, te lo dico ora che avrai
a 50 anni un infarto. E allora come campi? Sono domande che voi che
lavorate nel mondo dell’informazione vi dovreste porre. Invece di queste
“scuole” di paura, facciamo una scuola dell’autoconsapevolezza.
Visto il tuo discorso sull’energia e
l’elettromagnetismo, a livello elettromagnetico, si può immaginare, come
già fanno le radio, i satelliti, i cellulari, che si può influire anche
a distanza?
Per quello che ho capito e visto finora,
sicuramente sì. C’è un termine inglese, entaglement, che indica
proprio questa connettività, la rete. È tutto connesso. Quindi è inutile
far finta di non far parte di questo stesso mare, perché anche se non mi
interessa nulla, muoio io come muoiono tutti. Tornando sulla politica,
sulla legge 833/1978, i padri di questa legge sono state persone come
Giovanni Berlinguer e Luigi Maccaro, persone che voi giovani non
conoscete, ma su cui noi studenti di medicina ci siamo formati, che
avevano già intuito determinati processi: la rete dei medici di base, e
la rete dell’Asl a livello nazionale, che cos’era? Non quello che poi è
stato, cioè una serie di piccoli centri di potere camorristico-mafiosi e
moltiplicatori di spese, era una rete capillare di controllo per capire
cosa succedeva sul territorio nazionale, dal primo bambinello all’ultimo
vecchietto.
Fammi capire meglio una cosa: è corretto
dire che nel secolo scorso ci si ammalava di meno? E se sì, perché?
Secondo me ci si ammalava di meno,
intendiamo le manifestazioni patologiche, uno dovrebbe cominciare a dire
che c’è un problema di rilevazione, nel senso che forse c’erano già
delle patologie che non si conoscevano, la gente moriva e non si sapeva
perché; poi c’è il solito discorso dell’invecchiamento... Io penso
comunque che una cosa interessante sia riflettere su questo: nei secoli
passati c’erano delle sovrastrutture ideologiche, che assicuravano una
rete collettiva, la comunità, che questa sovrastruttura fosse
etichettata come mondo cattolico, mondo luterano, mondo socialista,
qualsiasi sia, è lo stesso, era comunque una rete in cui il singolo si
sentiva solo ma non isolato, coi suoi problemi individuali, però
inserito in una comunità.
Il fatto che oggi ci si senta più soli,
più dispersi, influisce?
C’è stata da parte dei poteri forti,
soprattutto finanziari, la volontà di accentuare non il senso di esser
solo, ma l’isolamento. Perché l’uomo è un animale relazionale, sei vuoi
dominare un uomo, devi rovinargli le relazioni, anzi se lo fai
atomizzare, se lo fai diventare a-relazionale, con la “a” che è
alfaprivativa, cioè che salta la cellula famiglia, salta tutto, e i
singoli non formano più un battaglione di soldati, ma tanti tizi
staccati, che vanno in giro, uno con una mazza, uno con un fucile, un
altro con una bomba, un altro con una mano in tasca, e li fai fuori uno
alla volta senza difficoltà. Dove si verificano grossi movimenti di
massa, in Italia? In Francia? In Spagna? In Germania? In Nord Africa. E
ma quelli hanno fame. Sì, ma non solo. Nella grande Russia di Putin,
migliaia di persone prima e dopo le elezioni continuano a scendere in
piazza. Eh, ma il movimento si sta sfaldando: per forza, sai quanti ne
hanno uccisi e fatti male? Ma al di là, di questo, molti scenderanno per
fame, ma c’è una rete, vera, che non è basata sul nostro concetto di
essere collegati via internet, dalla serie «Ehi, ti ho mandato
un’email». Il lavoro di rottura, che sto cercando di fare, ha questo
obiettivo: in uno degli incontri che abbiamo fatto all’Istituto Italiano
per gli Studi Filosofici, più persone mi chiesero perché non
organizziamo un movimento. Io propongo un discorso di presa di
coscienza, poi può nascere qualsiasi cosa, quello che è importante è il
contenuto del messaggio, fermo restando che il passaggio a organizzarsi
ci può anche essere. C’è stata possibilità di organizzarsi, però,
personalmente per mia struttura, di personalità, sono fuori
dall’accademia, fuori dalle strutturazioni, e fuori da ogni
movimentismo. È vero che c’è la paura della fine del mondo,
dell’Apocalisse, eccetera, ma è anche vero che effettivamente siamo a un
punto della nostra evoluzione che è un punto di non ritorno, o si fa un
salto o qui c’è il baratro, o si sale o si scende, è un salto evolutivo,
questo. Non so cosa succederà, sicuramente conclusi questi incontri, ho
moltissimo piacere di farne altri, ho ancora più piacere se riesco a
scrivere qualcosa per divulgare ancora di più, perché ho bisogno di
comunicare, perché ho sentito nel mio corpo cosa significa nel mio corpo
la disconnessione, l’atomizzazione, so che è un rischio presente per
tutti.
Una delle carenze della politica è una
risposta al materialismo che c’è, si perde di vista lo spirito, l’anima,
l’amore.
Noi veniamo da una realtà che è di una
connessione, la vogliamo chiamare amore, chiamiamola amore. Veniamo da
una realtà di amore, e precipitiamo in una realtà di progressiva
frammentazione. Ora, avendo preso coscienza di questo, ognuno a modo
suo, per le strade sue e percorsi suoi, non solo non può rimanere così,
non è ammissibile, ma è bellissimo invece cercare di riconnettersi alla
rete, e non ci vuole niente, volendo. La politica non è brutta e
cattiva, non è che o sono ladri o sono onesti, non è all’altezza questa
politica, come non è all’altezza questa medicina, come non è all’altezza
questa biologia intesa così, andava bene questa biologia e questi
sistemi e programmi politici per quei contesti passati, sono stati la
risposta in quel dato momento, adesso ce ne vuole un’altra, che
dev’essere un salto quantico, perché la portata del problema non è più
come la crisi del ‘29 che coinvolse l’America e l’Europa, però in Africa
e in Oriente c’era mercato, e quindi potevi risollevarti su una di
quelle zone, anche facendo conflitti. Ora dove cazzo vai? Col Giappone
che dice che è tutto a posto, ma a posto che? Con l’India che dice che
sta tutto a posto. Ma che? Soffro, pensando a voi giovani, non solo per
il lavoro che c’è o non c’è, per la dimensione che avete davanti. Che
allo stesso tempo è grandissima, meravigliosa, anche per la qualità
delle vostre conoscenze, per l’evoluzione dei vostri cervelli, il tuo è
migliore del mio per forza, nell’ottica biopsicosomatica il tuo cervello
è superiore al mio per forza, non solo perché hai trent’anni in meno di
me, ma perché la velocità è diversa. Allo stesso tempo però, una rete
che vuole cambiare l’incambiabile, deve fare lotta sofferta contro la
disconnessione, questa è la lotta contro la depressione, la lotta contro
la disconnessione. Spero di poter continuare a comunicare, mi rendo
conto che così comunico anche il mio disagio e la mia paura, è anche un
modo per dire all’altro, se ci mettiamo insieme qualche cosa
combineremo.
DICEMBRE 2012