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09
Gennaio 2013

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PERCHÈ NON GUARIAMO?

Vincenzo Esposito

(intervistato da Massimo Ammendola)

 

Per prima cosa, dicci chi sei.

 

Sono un medico di medicina generale, che non lavora in rapporto convenzionale con la struttura sanitaria, e che ha il suo ambulatorio di Medicina generale, aperto tutti i giorni, e si occupa di medicina interna, utilizzando però una metodologia diagnostica e terapeutica omeopatica. In particolare, per la parte diagnostica: l’Elettroagopuntura secondo Voll, tecnica che si basa sulla rilevazione della conduttività del punto di agopuntura, e mettendo in risonanza la frequenza elettromagnetica che viene rilevata, con un pannel di frequenze elettromagnetiche di rimedi omeopatici, ne verifica quello più adatto in termini di risonanza a questo aggiunge una valutazione clinica fatta in base all’approccio clinico tradizionale ampliando in questo modo il ventaglio di possibilità diagnostiche.

 

Spiegaci meglio.

 

Dal punto di vista della metodologia omeopatica, classicamente si fa la repertorizzazione, cioè si raccolgono quanti più sintomi possibili, cioè si chiede al paziente di fare quanto più chiarezza è possibile, rispetto a quello che lui sente, sul piano strettamente fisico e su quello psicologico.

Questa metodologia viene riportata poi alle materie mediche, che sono delle raccolte fenomenologiche, delle raccolte di sintomi, descrizioni di sintomi, di casi, che poi vengono “guariti”, nel senso che la sintomatologia, sia fisica che psicologica è migliorata o addirittura sparita, con l’uso di sostanze di origine minerale, vegetale o animale diluite secondo la metodologia omeopatica. Il problema che personalmente mi sono posto da quando ho incominciato nel 1985-86, a studiare omeopatia, è stato come si fa ad essere tranquilli di aver scelto il rimedio e la diluizione di quel rimedio più adatta per cercare di resettare quell’organismo? Chiaramente, l’esperienza classica è: studio il caso, studio la materia medica stabilisco fra esse un confronto continuo, ecc. Nel corso della mia formazione mi sono per caso imbattuto nella tecnica dell’elettroagopuntura. Essa faceva parte del corso di formazione in omotossicologia e discipline integrate, che all’epoca si faceva a Roma. Mi incuriosì e cominciai a seguire, come fatto collaterale, anche dei corsi di elettroagopuntura. Da lì mi sono accorto che la biorisonanza, cioè la risonanza biologica, o meglio la corrispondenza tra la frequenza di un corpo materiale esterno e il corpo umano, è un modo per capire come sta il sistema e un modo per rimetterlo in armonia.

Ho pensato, a un certo punto, come in omotossicologia, utilizzando quest’agopuntura, si possono per esempio fare i test di intolleranza, cioè trovare quali sono gli alimenti che una persona non deve assumere per stare meglio; così per esempio diluizioni omeopatiche di prodotti complessi, cioè di più rimedi a bassa diluizione messi insieme o il rimedio classico, sempre con lo stesso metodo? Così come si testano i fiori di Bach.

 

E così sei venuto a contatto con l’Elettroagopuntura di Voll e l’apparecchio di Moraterapia che sfrutta le frequenze elettromagnetiche per curare la malattia?

 

Nell’evoluzione dei corsi e della formazione, ed io penso sempre un po’ per caso, a un certo punto ho avuto la possibilità di lavorare con questo software tedesco, inizialmente tradotto solo in inglese, poi anche in italiano, che supporta le frequenze per esempio di tutti i fiori di Bach. E quindi ho iniziato a verificare sempre più, che raccogliendo la sintomatologia, affrontando anche il problema dei limiti della capacità mia di ricezione, e i limiti anche della capacità o volontà di espressione da parte della persona, in quel modo, in qualche maniera, è come se si venisse a svelare anche quello che non era stato rilevato o non detto, o detto e non capito, e quindi ho iniziato ad utilizzare anche una misura delle frequenze dei rimedi, sempre a partire dal software. Il che vuol dire che ora la prescrizione del rimedio mi sento di farla con una certa tranquillità. Ovviamente, cercando sempre il riscontro clinico e biochimico, perché deve essere fondamentale mantenere la definizione di medicina generale, cioè generalista come si diceva anni fa, che è una medicina interna che non ha e non deve avere la pretesa di coprire tutte le specialità possibili, ma anzi deve tendere a riguardare la persona, il caso, per indirizzarlo, per capire cosa sta succedendo ed è successo, e direzionarlo, il che vuol dire operativamente anche, in alcuni casi, non prescrivere nulla e mandare da un altro collega. O prescrivere e dire che comunque bisogna andare da un altro collega, anche un collega che fa solo medicina cosiddetta allopatica, se il caso richiede anche l’intervento diagnostico e terapeutico allopatico, si fa così, si deve far così, perché la medicina è una sola, perché l’essere umano è uno solo.

 

Facciamo un passo indietro. Tu hai parlato di omeopatia, di frequenze, di elettroagopuntura di Voll. Che cosa sono queste cose? Cerchiamo di spiegarlo. La medicina allopatica la conosciamo, è una medicina che cerca di guarire il sintomo, tendenzialmente. Il tuo è un approccio che invece inizia a parlare di energia: che tipo di lavoro stai facendo quando ci parli di queste cose?

 

Io sto cercando di fare un lavoro in cui operativamente, si supera la distinzione, l’opposizione, tra omeopatica e allopatia e si punta ad una integrazione, che letteralmente significa ricomposizione di una unità. Va fatta, innanzitutto, una distinzione di ordine politico generale. Cioè, a chi serve questa distinzione e dove porta? Siccome fino ad oggi, almeno in Italia, o a Napoli, ha portato solo a contrapposizioni, nell’ambito del mondo medico, e certamente non ha portato a un miglioramento delle condizioni di salute della popolazione, evidentemente questa distinzione-opposizione non serve a noi come persone. Per ora lasciamo perdere a cosa può servire. Quindi io innanzitutto ho cercato e sto cercando di fare questo: la distinzione viene mantenuta ed è stata introdotta, almeno per ciò che si dice, perché sono due mondi incompatibili, in quanto il rimedio omeopatico è niente, la sostanza prescritta invece in medicina è una sostanza che agisce su una specifica patologia, tende a non solo eliminare un sintomo, ma se può, a eliminare anche la causa.

In omeopatia abbiamo lo stesso scopo cioè: eliminare il sintomo, e se possibile, siccome il sintomo parla di una certa causa, agire su questa. La distinzione a questo livello ed in questi termini non esiste, però bisogna dimostrarlo che non esiste, e tu giustamente mi dici che cosa vuol dire parlare di frequenze etc. Vuol dire far riferimento a quello che oggi nella biologia e nella medicina moderna è un dato acquisito : cioè che, esiste oggi una biologia e una medicina quantistica.

L’essere umano è fatto, come ogni essere vivente, come ogni pianta, come ogni animale, come ogni insetto, di una matrice strutturale, concreta, che io posso vedere, toccare, misurare, dosare, e una parte non misurabile, non quantificabile, non visibile, ma non per questo non esistente, che è energia. Ora, se ci domandiamo che cos’è l’energia elettrica, e vogliamo definirla, la comprendiamo vedendo una lampadina accesa. L’energia elettromagnetica dell’essere umano, la vediamo, se prendiamo il punto di conduttanza sulla cute, e attraverso un banale sistema di amplificazione, che è un ohmmetro, amplifichiamo il segnale di pochi milliampere e riusciamo ad avere un numero; o un ago, su un oscilloscopio, che si muove; misurando elettromagneticamente, cioè la stessa cosa che fa un elettrocardiogramma, che è la stessa cosa che fa un elettroencefalogramma, che è la stessa cosa che fa una risonanza magnetica nucleare, che non è altro che la visualizzazione di una specie di aura, se vogliamo, ovvero dell’energia elettromagnetica della struttura materiale opportunamente bombardata, così come con il doppler, non faccio altro che bombardare la struttura e quella mi rimanda un segnale.

Vedo perché amplifico. Altrimenti non ci potremmo spiegare come riusciamo a fare l’ecografia di un feto, che oggi possiamo fare ad altissimo livello. Siccome la base biofisica è quella, l’elettroagopuntura secondo Voll non è un’invenzione o una magia, non è il pendolino, con tutto il rispetto, ma è la misurazione di una differenza di potenziale, né più e né meno.

Allora se è così, fare questo questo lavoro e cercare di farlo conoscere non è ovviamente soltanto un autoproporsi che è ovvio, è il mio lavoro, ma è un modo per dire attenzione: ai colleghi, biologi, guardate che la contrapposizione non serve alla conoscenza, non serve al progresso del sapere e di noi operatori in una società civile avanzata; alle persone, la contrapposizione non serve perché se c’è bisogno della sostanza (allopatica, ndr) in milligrammi se avete una patologia ormai strutturata, dovete farla, e quella stessa sostanza può essere misurata nella sua capacità di risuonare, cioè di corrispondere a voi. In questo modo è chiaro, mi rendo conto, che chi legge questo si straccia le vesti, sia esso allopata o omeopata, perché è un posizione “eretica”, ma è una posizione corrispondente alla realtà, perché altrimenti non si capisce cos’è un elettrocardiogramma e perché in base ad esso si fa una diagnosi e una terapia.

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Ma in Germania l’elettroagopuntura esiste dal 1953, e viene utilizzata anche al pronto soccorso?

 

In Germania esiste dal 1953, ed esistono pure società internazionali, ma questo alle persone tocca poco, pur sapendolo, non possono modificare chissà che cosa. Invece si può modificare la situazione che viviamo, in particolare oggi, nella sanità italiana e nella sanità campana: la gente sappia che non è che esiste un medico che è migliore di un altro, o una clinica o un ospedale migliore di un altro, ma esiste la possibilità di passare da un punto di vista tradizionale che è validissimo, ad un altro, senza far degradare il punto di vista scientifico tradizionale, quando in certi casi non è più in grado di controllare la situazione. Esempio: le infezioni respiratorie. Molti casi sono di tipo batterico, pochi di tipo virale. La maggior parte delle persone non sa la differenza tra virus e batterio, e questa non è una colpa, semmai è una colpa di noi operatori che non abbiamo fatto in modo che si capisse la differenza, in tanti anni di bombardamento mediatico a vari livelli.

Ora, se usiamo solo una metodologia biochimica, microbiologica, abbiamo tempi e costi lunghi e non sempre riusciamo a raggiungere l’obiettivo di tutti noi medici, cioè guarire la persona dall’infezione. E non vedo per quale motivo non si possa insieme alla diagnostica tradizionale biochimica e microbiologica, non fare anche quella bioelettromagnetica, per capire se una persona è affetto da un’infezione virale o batterica, e perché non usare anche tutta la tecnologia elettromagnetica per cercare di contrastare l’infezione. Questo è un esempio di come collaborando, si può per esempio prevenire meglio l’incidenza delle cosiddette epidemie influenzali e complicanze varie.

 

A livello pratico, attraverso la macchina che tu utilizzi, come si lavora per riequilibrare il corpo?

 

Si lavora innanzitutto andando alla ricerca di quello che noi in gergo chiamiamo “punto di caduta d’indice”, cioè uno dei punti di agopuntura che ha un valore negativo. Parliamo del fatto che noi misuriamo per comodità e per rapidità solo i punti sulle mani e sui piedi, i cosiddetti punti ting, perché sono i punti più in superficie rispetto a tutto il tragitto che percorre il meridiano nel corpo, e sono quelli più facilmente rilevabili e sono quelli più carichi, come se fossero una falda che ha un punto di emergenza sul terreno e che nascondono quindi una sorgente enorme che sta sotto. Chiaramente io comincio dal punto dove l’acqua affiora. Il primo passo è questo.

In secondo luogo, ad ogni meridiano, a ognuno di questi canali, applichiamo il nome di un organo, dato che noi occidentali abbiamo occidentalizzato la medicina orientale, cioè l’anatomia, la fisiologia e la patologia orientale: per esempio stomaco, fegato, vescica biliare, polmone etc. Però è anche questa un’operazione di tipo riduzionistico, il meridiano del polmone non significa il polmone solo come tessuto, ma tutta la funzione respiratoria, e così per tutti gli altri. Quindi, primo punto: cercare la caduta di indice. Trovata questa, ed è un solo punto, scopriamo che se esiste in questo corpo che studiamo una polarizzazione, da una parte c’è un punto negativo, e deve esserci quindi un punto positivo da un’altra parte . C’è quindi in questa “pila” una differenza, uno squilibrio, o una non omeostasi, una disfunzionalità, ovvero una patologia, chiamiamola come vogliamo.

L’obiettivo, come dicevi tu, è riequilibrare, che significa e come si fa? Le due cose sono connesse, è lì la chiave del discorso della medicina e biologia energetica quantistica rispetto a quella tradizionale. Noi medici e biologi di formazione tradizionale, siamo educati a considerare il corpo umano costituito di parti, sempre più piccole, ci sono molecole sempre più specializzate, sono tantissime e ne conosceremo sempre di più, e riteniamo che questo corpo ha leggi interne chimiche di funzionamento e ci sono solo quelle. Non ci accorgiamo che già nell’epistemologia della fisica newtoniana c’era il concetto che il corpo vivente è un corpo isolato, ma il corpo isolato esiste solo come esperimento in laboratorio, nella realtà non è così. Perché nella realtà, noi siamo, dal punto di vista della termodinamica, cioè per lo studio dell’energia e del calore di un corpo, un sistema aperto. A che cosa? È come se fosse una stanza con porte e finestre, non esiste una stanza senza porte e finestre, senza, si muore! Quindi abbiamo una porta, che può esser assimilata al concetto del polmone, abbiamo delle finestre che possono essere assimilate all’orifizio anale o alla pelle o altro. Se è così, io devo conoscere la parte interna della stanza, ma devo tener conto anche di quello che succede all’esterno, fa freddo, fa caldo, c’è o non c’è il sole, c’è il vento o no. In altri termini il sistema materiale, la chimica, ha leggi interne sue, ma non è governata da se stessa, ma da qualcosa che è all’esterno, che non è qualcosa di mistico, ma qualcosa di fisico. Se io non lo posso vedere, non significa che non c’è. Fino a che io non sapevo che c’era la reazione ultravioletta, non mi spiegavo certi fenomeni. Nel terzo millennio noi stiamo ragionando e applicando metodi che sono datati al Seicento- Settecento. Infatti mentre la fisica è andata avanti, siamo arrivati ad Einstein, e oltre, che diceva già prima della seconda guerra mondiale, energia uguale materia, stabilendo un’equivalenza, noi, in biologia, in Italia, pretendiamo ancora di ragionare come se questa equivalenza non esistesse. Ed essa esiste nella realtà, perché sennò non ci spieghiamo il cellulare, i satelliti, le tempeste magnetiche, non ci spieghiamo niente, neanche le cose più semplici.

 

E quindi, in pratica, cosa avviene quando si ristabilisce l’equilibrio elettromagneticamente?

 

Allora, tornando alla pratica, il problema è, una volta stabilita una polarizzazione, una differenza tra due poli, cosa devo fare? Ristabilire la circolazione dell’energia tra due poli, perché la pila è fatta da un polo positivo e uno negativo, c’è un eccesso di + e un eccesso di –, ma il problema è che la realtà è + e – contemporaneamente (sincronicità). Allora ristabilire l’equilibrio significa ristabilire un equilibrio tra le cariche elettromagnetiche, da cui deriva come conseguenza immediata, perché è una relazione matematica, l’equilibrio elettrochimico, cioè quello materiale. In parole povere, la tendenza all’ipertensione essenziale può essere anche regolata così. Io dico “può essere”, non per mettere le mani avanti, ma perché il sistema visto in questo modo è qualcosa di molto complesso e non facilmente gestibile, perché ci sono leggi interne chimiche e leggi esterne elettrochimiche ed elettromagnetiche. Quindi ci sono almeno tre livelli, che interagiscono tra di loro. Quindi il nostro intervento come medici deve essere soltanto quello di aiutare il sistema a resettarsi come per un computer, fermo restando che l’hardware e il software di quel computer quelli sono. Quindi c’è un limite al nostro intervento, che è solo legato alle nostre capacità o chissà a quali complesse tecnologie, è un limite insito nella specifica persona che abbiamo davanti, e anche un limite specifico all’interazione tra quella persona e uno di noi, perché la macchina che uso, la Mora, è solo uno strumento che misura la differenza di potenziale, né più e né meno. Riequilibrare significa quindi vedere il punto negativo, e andare a cercare dove sta l’iperpolarizzazione. Se c’è un punto di caduta d’indice molto negativo sul polmone, devo trovare l’iperpolarizzazione. E lì si devono applicare delle leggi, che sono le leggi dell’energetica cinese, la medicina tradizionale cinese, le leggi dei cinque elementi. La tecnica dell’agopuntura permette anche a chi non le conosce, o non le vuole conoscere, oppure le conosce ma non le vuole applicare, di risalire a dove stanno uno, due o tre punti iperpolarizzati. Perché si misura la conduttanza di quel punto, quello negativo, con il solito panel di frequenze che riproduce, contiene, le frequenze elettromagnetiche delle diluizioni omeopatiche di tutti gli organi, raggruppati per apparati. A partire dal polmone misuro la frequenza del polmone, in risonanza, cioè la interfaccio, con la frequenza del cuore, delle arterie, delle vene, del duodeno, dello stomaco, ecc.

 

Quindi utilizzando questa macchina, puoi avere in tempi brevissimi avere uno screening generale della persona?

 

Chiaramente la rapidità del lavoro è una questione tecnica, la perizia ovviamente fa parte della competenza di qualsiasi medico, come può essere quella del collega che fa l’ecografia. La finezza dell’immagine, come per l’ecografia, dalla qualità delle sonde, degli apparecchi etc. Il principio è questo. Una volta stabilita dove sta e in che termini sta l’iperpolarizzazione, tradizionalmente applicare l’energetica significava e significa stimolare dei punti di agopuntura per mettere energia dove c’è il vuoto e toglierla dove c’è l’eccesso, perché la rete dei meridiani è come una griglia, che sta fuori del corpo, sul corpo e nel corpo, e attraverso questa griglia possiamo ristabilire l’equilibrio delle cariche. Col Mora c’è che il vantaggio che buona parte del lavoro diagnostico lo si fa elettronicamente, perché esistono nell’apparecchio programmi computerizzati che permettono di fare questo lavoro in una seduta in tempo di 15/20 minuti. Quindi una volta individuati i punti, e capito qual è quello iperpolarizzato, si trattano contemporaneamente gli uni e gli altri, prendendo delle misure del campo elettromagnetico, prima e dopo, per vedere così se si è riusciti a rientrare verso l’omeostasi. Tecnicamente abbiamo un parametro numerico medio che è il valore di 80: quando la persona riesce a rientrare nel range di 75-83, grossomodo il lavoro è stato fatto. Poi si possono ripetere gli interventi fin quando non si è riportato l’equilibrio. In più dico che questa tecnica permette anche di individuare se il complesso di sintomi o di sofferenza riportata da una persona, è riferibile a patologie strutturate, cioè a situazioni dal punto di vista organico così importanti che non possono essere ovviamente risolte soltanto così. E allora se siamo in una prima visita e troviamo che nonostante tutto il lavoro fatto, nel campo elettromagnetico c’è un buco, nel senso che ho un eccesso, cioè il trattamento si conclude con zone ancora in eccesso, vuol dire che tutti i tessuti e tutti gli organi che stanno sotto quella zona sono sede di un processo infiammatorio forte, allora è chiaro che si può e si deve insistere, ma come medici bisogna porsi la domanda diagnostica, confrontandola con tutto l’inquadramento clinico, non è solo una misura di punti e arrivederci, per chiedersi quali solo le possibili patologie che sono svelate o vanno ancora chiarite, e a quel punto al paziente va indicato un percorso, ecco perché dicevo prima “medicina generalista”, nel senso che affronta tutti gli aspetti, ma non per risolverli per forza, ma soprattutto per orientarsi, in questo ovviamente c’è un limite, e va riconosciuto perché nessuno ha la pretesa di risolvere il problema da solo.

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Che intendi per diluizione omeopatica?

 

Diluizione omeopatica è uno dei termini che ha contribuito molto a fondare l’opposizione tra omeopatia e allopatia. La diluizione omeopatica si considera non esistere, come una specie di placebo. Nel granulo, nella goccia, non ci sarebbe niente. Quello che noi esercitiamo è un’influenza di tipo psicosomatico, detto in maniera molto volgarizzata, sulla persona, è una specie di plagio! Dal punto di vista della biofisica quantistica e del calcolo anche semplicemente matematico, la diluizione omeopatica è una deconcentrazione. Cioè, sappiamo che esiste il concetto di numero di Avogadro: il numero che segna il limite tra l’esistenza della materia e la non esistenza della materia.

Oltre quel numero, 5 grammi di zucchero, diluiti, diluiti e ancora diluiti oltre il numero di Avogadro, non c’è più zucchero, c’è solo acqua. Detta così, è chiaro che di conseguenza, se ti do una cosa che va oltre il numero di Avogadro e ci scrivo sopra zucchero, ti sto dando acqua, non zucchero. Se invece è una deconcentrazione, vuol dire che io dopo il numero di Avogadro ho, nel supporto costituito dalla soluzione d’acqua o dai granuli, ho la frequenza elettromagnetica dello zucchero, perché quell’acqua viene da una soluzione di acqua e zucchero. Quindi io più diluisco, più non avrò il sapore dello zucchero in bocca, però continuerò ad avere l’energia elettromagnetica della singola molecola di zucchero che c’era all’inizio. Ora, siccome noi siamo fatti di una strutturazione dell’energia che chiamiamo materia, e di energia allo stesso tempo, un campo di frequenze attorno a noi, quando io uso la diluizione omeopatica, intendo agire nel campo del numero di Avogadro, cioè nel materiale, sparando da fuori: intendo agire sul freddo che c’è all’interno di un corpo, mettendomi addosso un cappotto, è chiaro che una cosa è il corpo (e il suo interno) e una cosa è il cappotto, però intanto io lo riscaldo, a meno che quel corpo non sia talmente danneggiato che con tutti i cappotti che ci metto addosso non riesco a riscaldarlo. Con la diluizione omeopatica posso non riuscire a risolvere, e non riuscirò a risolvere un problema strutturale, se nella macchina biochimica si è rotto qualcosa in maniera irreversibile. Allora in quel caso userò dello zucchero, in quantità in grammi o milligrammi per la parte che si è rotta e la diluizione per cercare di governare tutto il resto.

La diluizione omeopatica è una frequenza elettromagnetica, perché è la deconcentrazione di una quantità ponderale, perché siamo nel campo dell’oltre numero di Avogadro. Questo è di grande importanza, poiché per esempio esiste tutto un settore della terapeutica omeopatica, l’organoterapia, che significa usare la diluizione omeopatica di organi di maiale, per curare l’organo umano: questa tecnica, è utilizzata dalla scuola francese da decine e decine di anni, con successi notevoli, documentati, in Italia è proibita, e per la maggior parte neanche conosciuta. Già proibire, ti dà una certa soddisfazione, perlomeno ci scontriamo!

 

Hai tenuto una serie di conferenze, che si intitola «Perché non guariamo?», vuoi dirci perché hai scelto questo nome?

 

Ho scelto questo nome perché, rispetto anche a tutto ciò che ho cercato di dire finora, il percorso che porta a uno sviluppo di una patologia, di una sofferenza, va all’esterno verso l’interno, e sostanzialmente consiste nel fatto che non ho più una capacità di autoregolarmi, di ricominciare daccapo. Prima ho detto che, in medicina, sappiamo e sosteniamo che il corpo vivente è capace di autoregolazione, purché si dia l’input giusto: la compressa di aspirina è importante perché dà l’input giusto ad una cascata di reazioni chimiche che portano la febbre alta; la tachipirina, quindi il paracetamolo, agisce perché interrompe questa cascata, in quanto il sistema non è più capace a regolarsi da solo la temperatura, e la molecola entra nel circuito e agisce portando giù la temperatura anche se per poche ore, però comunque interviene. La frequenza elettromagnetica può fare la stessa cosa. Ho scelto il titolo «Perché non guariamo?» perché in effetti la febbre è transitoria, e finisce, ma altre cose non finiscono, si incancreniscono, persistono, fino al cancro, per esempio. Evidentemente, se è vero l’esempio della febbre, se è quello il meccanismo, non riesco a guarire perché non riesco a mettere in funzione i meccanismi di autoregolazione. E qui va aperta una parentesi: le persone possono quindi non autoguarirsi, però innanzitutto devono sapere come sono fatte, il che non vuol dire che se io conosco com’è fatta la mia macchina, sono sostitutivo del meccanico o posso far magicamente ripartire la macchina che si è fermata, però se si è fermata ed è ripartita, e si è fermata di nuovo, e conosco grossomodo com’è fatta, posso cercare di capire che cosa sta succedendo, insieme ad uno che conosce tutti i dettagli. Noi non guariamo perché i nostri sistemi di autoregolazione non funzionano, o non rispondono sempre allo stesso modo. Quali sono questi sistemi di autoregolazione: il sistema immunitario, il sistema vegetativo e il sistema endocrino, cioè in poche parole gli anticorpi, l’adrenalina e gli ormoni. Sono queste le molecole, e di conseguenza gli organi, gli apparati, che li producono, che ci permettono di autoregolarci.

Perché premesso che siamo un sistema termodinamicamente aperto, le entrate e le uscite vengono gestite da questi tre, su cui agiscono i farmaci chimici, di sintesi chimica, su cui agiscono i fitoterapici, i rimedi omeopatici, la tecnica osteopatica, la psicoterapia. Il problema per le persone è capire che tutto si gioca su questi tre sistemi. In più, negli ultimi anni si è introdotto anche il termine connettivo, intendendo la rete di sostegno, la trama, di tutto il corpo, che è come se fosse l’autostrada attraverso la quale devono passare le macchinine, cioè gli anticorpi, le molecole, e gli ormoni. Se la strada è rotta o interrotta, chiaramente queste comunicazioni non saranno ottimali. Non guariamo secondo me perché innanzitutto non sappiamo come funzioniamo, e allora lasciando stare il discorso politico su come viene gestita la nostra non guarigione, cominciamo a stabilire questo: ci può esser utile saper come siamo costruiti e come funzioniamo per poter cercar di guarire se siamo ammalati? E se non siamo ammalati ancora cercando di non ammalarci? Ecco perché io ho scelto questo titolo: se ammalarsi significa senza accorgersene, o senza saperlo, andare a finire in una strada a vicolo cieco, una volta entrati non è detto che è finita, perché si può fare marcia indietro. Purché accetti di poter fare marcia indietro, senza intestardirsi volendo uscire dal vicolo dando le "capate" nel muro, e purché impari a fare marcia indietro, se non la faccio mi aggiusto, finché pian piano esco, una volta fatta tutta questa manovra, imprintandola bene nel cervello, per non ricascarci un’altra volta nel vicolo successivo.

Il mio sforzo con questi incontri è quello di trasferire delle informazioni, perché secondo me, la prima tappa è il trasferimento di informazioni. Perché trasferendole è come se dessi alla persona le giuste istruzioni su come usare anche il software, l’apparecchiatura più sofisticata, senza che sia necessario esser un ingegnere elettronico, con tutto il rispetto, perché io ricorro all’ingegnere nel momento in cui si rompe qualcosa. Altro punto critico è la relazione tra la persona che viene da uno di noi, e uno di noi con questa persona. Allora la prima cosa per cercare di creare una relazione che sia di tipo paritario, e quindi di tipo cooperativo e collaborativo, è iniziare a decodificare, se non ci mettiamo su un terreno comune, non ci possiamo intendere. A meno che non ci si voglia usare, c’è anche l’utente che vuole manipolare l’operatore, e poi dice che è colpa sua! Decriptare è la prima cosa, mettendosi in gioco, rischiando. E questo, da un punto di vista politico generale, è di grande importanza, oggi.

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Osservando il programma degli incontri che hai tenuto, ci fai una piccola sintesi degli argomenti trattati?

 

Ho incominciato da «L’uomo elettromagnetico», perché è una premessa indispensabile per intenderci, cioè introdurre un concetto di uomo inteso come essere vivente, inquadrandolo in un ambito più vasto, comprendendo animali, mondo vegetale e tutto, dato che noi siamo parte di questo tutto, e come esseri viventi, partecipi tutti quanti di una struttura chimica ed elettromagnetica.

Poi ho incominciato ad analizzare il problema dei sistemi di regolazione, cercando di trasferire questo blocco di nozioni, spiegando cos’è la parte endocrina, la parte neurovegetativa, la parte linfatica, la parte connettiva, ma prima di spiegare questo, la parte di energetica cinese, legge dei cinque elementi, e cosa sono i meridiani, ovvero i canali attraverso i quali passa quest’energia, e sono anche i canali che ci mettono in comunicazione con l’esterno, e dall’esterno portano la comunicazione verso l’interno. Ecco perché è indispensabile per capire come funziona la parte chimica e su come si può agire su di essa, nei limiti di quella che è una strutturazione irreversibile di un danno biologico. C’è poi stato un incontro tenuto da mio figlio (Roberto, sociologo e istruttore Shiatsu, ndr), che ha illustrato la psicologia della medicina tradizionale cinese, che non è lontana dal punto di arrivo di tante scuole psicoterapeutiche occidentali. Poi c’è la parte che può giocare di più per avviare un processo di autoregolazione, cioè la parte di biopsicosomatica, l’evoluzione della psicosomatica, che era cercare di spiegare dei sintomi come effetto di una alterazione psicologica, mantenendo però una dicotomia mente-corpo. E così la psicosomatica classica è fallita. Non potendo dimostrare che tutto fosse un problema psicologico, o tutto fosse un problema fisico, si sono scontrati gli psicologi da una parte e i medici e i biologi dall’altra, ognuno cercando di invadere il campo dell’altro, e la psicosomatica è saltata. Negli ultimi venti/trenta anni, si è affermato invece il modello biopsicosomatico, ovvero cercare di considerare la contemporaneità dell’interazione mente-corpo, cioè la non contrapposizione della mente (psiche) rispetto al corpo, senza fare confusione, distinguendo i livelli. Non posso prescindere da quello che è fisico, senza fare riferimento a cosa mi succede a livello psichico, tenendo bene i piedi per terra, cioè tenendo ben presente la biologia e il cervello. L’idea base, è che ciò che si esprime nel corpo, che succede nel corpo, sia in termini fisiologici che patologici, è il segno di quello che avviene o che è avvenuto nella mia mente (circuiti celebrali), dove è imprintato un programma, che si esprime nel corpo. Se nel mio cervello è imprintato il programma, per cui io domani mattina alle 7 mi sveglio e esco, ed invece mi sveglio alle 3 e non dormo più, evidentemente il primo evento corrisponde a una serie di eventi biochimici e il secondo ad un’altra serie. La biopsicosomatica vuol dire cercare di risalire da quello che io vedo e rilevo, come sintomo fisico o manifestazioni della persona, gesti, modo di camminare, di stare seduto, come ti dice e non ti dice, quello che è successo dentro, e cercare di risalire a questo programma che è stato scritto, e questo può farlo solo la persona, semmai aiutato dall’esterno, ma è la persona che lo deve fare, ed è questo il nocciolo del perché non guariamo, proprio perché non vogliamo vedere, o non riusciamo a vedere; o mentre guardiamo non riusciamo a vedere fino in fondo, magari scattano dei meccanismi di difesa, tipo “ma io sono abituato così, sono fatto così”. Comunque, per la biopsicosomatica il nocciolo è la contemporaneità mente-corpo. Lo scopo del mio programma è che devono circolare le conoscenze, con le persone che devono formarsi il loro punto di vista. Questo dovrebbe esser l’obiettivo di ogni persona che si interessa di comunicazione, voi giornalisti cercate di non dare la notizia e basta, ma di fare in modo che io che ascolto o leggo mi formi poi un’opinione, un parere, e possa agire in funzione del tipo di informazione che ho avuto. Perciò io insisto sul fatto che deliberatamente per una certa organizzazione del sistema politico non si presentano le cose per come sono: non si parla di biologia quantistica, di medicina quantistica, di diluizione omeopatica, di organoterapia, e si fanno le contrapposizioni e i casini, perché? Perché non c’è la volontà che la persona si formi una coscienza, una competenza di che cosa sta succedendo in lui e che quindi lui faccia le scelte che ritiene più adeguate per cercare di uscirne fuori. La persona, in una società civile (se fosse tale), dovrebbe essere in condizioni di sapere come non prendere la multa, perché mi si spiega che cos’è il Tutor, non è che mi si mette la multa senza che c’è neanche il cartello del Tutor. In fondo, per analogia, si potrebbe dire così: in noi esiste un sistema di tutoraggio, che c’è anche se non lo sappiamo, e che funziona, siamo noi che lo sabotiamo o veniamo aiutati a sabotarlo. Ma anche se lo sabotiamo, sapendo che ci sta, posso cercare di farlo funzionare.

 

Tutti gli eventi della vita, del quotidiano, influiscono psicologicamente su di noi e quindi anche in maniera biologica, quindi diciamo che una nostra spinta autodistruttiva porta a un non-equilibrio del corpo, in un certo senso?

 

Sì, io posso anche agire in maniera autodistruttiva senza saperlo. Perché anche la malattia è un adattamento, è un programma, che io ho innescato, comunque per adattarmi. In questo senso non è che va carezzata e coltivata. Il diabete, ad esempio, è una patologia da resistenza ad oltranza, se io sono una persona che deve resistere ad oltranza, cioè è continua la pressione su di me, o io la vivo così, e continuo a combattere, ho bisogno di una quantità di munizioni in eccesso, altrimenti non sono sicuro di poter tener testa. Allora cosa faccio, stimolo il sistema che mi produce energia, a darmi quanta più energia è possibile, e dove si attiva il sistema del corpo umano per produrre la massima energia? Nel pancreas. Così come la contrattura muscolare e tutti i problemi di posturologia, è l’espressione sul soma di uno stato di tensione in difesa del mio territorio. Il ragazzino adolescente, e soprattutto la ragazzina, che comincia a fare la scoliosi, cerca di venire fuori dalle costrizioni imposte dalla struttura familiare, per esempio, senza fare giudizi morali, andiamo a vedere quali sono le ragazze che hanno la scoliosi e in che condizioni familiari stanno...

Il bambino asmatico chi è? È una persona a cui viene tolta l’aria, cioè gli viene tolto l’elemento fondamentale per vivere, gli schiacciate il torace... Questo non per parlarne semplicisticamente, ma la lettura dev’essere anche questa. Che devo usare il cortisonico in vena se quello sta morendo asfissiato, non c’è dubbio. Ma se riesco a fare, invece del cortisone in vena, l’Apis 6 CH, o Antimonium Tartaricum alla 6 CH, alla fin fine è la stessa cosa. Se io non riesco ad aiutare questa persona a capire come può fare, quanto più presto possibile, a non evolvere verso l’insufficienza respiratoria cronica a quarant’anni, perché da quando ha cinque o sei anni non fanno altro che togliergli l’aria, o lui si sente come gli togliessero l’aria, ovvero da allora vede e sente questo “film”.

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Quando in effetti abbiamo un conflitto dentro di noi, abbiamo un film che gira sempre allo stesso modo, un dolore che permane sempre uguale, allora arriviamo alle cronicizzazioni, alle infiammazioni croniche come tumori, diabete, etc.?

 

Esatto. E soprattutto è il concetto di conflitto che hai fatto molto bene a chiamare in causa. Perché conflitto vuol dire esistenza di una condizione di scontro, di non-omeostasi, di non-equilibrio. Io posso rimandare il conflitto, posso resistere in quel conflitto, non posso evitarlo, perché anche se mi sembra di evitarlo, di fatto ci sto. Allora capire che alla base ci sono dei conflitti, vuol dire cercare, piano piano, di risalire alla mia struttura biopsicosomatica, cominciando da quello che ho davanti. Non a caso, una delle nozioni di base della biopsicosomatica inizia proprio così, significa prendere atto di quello che io so adesso e sono adesso, e partendo da lì, risalire a ciò che è successo e come è successo questo. Solo così io posso trovare l’assassino, ricostruendo la scena del delitto. È un’operazione di tipo poliziesco in un certo senso. Qualunque indizio può essere utile, infatti la norma per chi di noi lavora così è non trascurare assolutamente niente, anche la cosa più banale, se la persona sta parlando e gli cadono le chiavi, oppure che cerca gli occhiali, oppure piange o ride, così come guardar bene gli esami, non solo per fare bella figura che uno sta attento! È come un’indagine di polizia, c’è il delitto, arriva il commissario e dice: «Fermi tutti, nessuno tocca niente». Bisogna ricostruire la situazione. E la biopsicosomatica è questo: fare una fotografia, considerando che quella fotografia dev’essere spiegata alla luce di tutta una storia, che comincia prima che quella persona sia nata. La questione è grossa, ancor più di quanto io mi aspettavo, sinceramente, sia come formazione personale continua, sia come confronto con chi entra nel mio studio, perché se vogliamo il tempo che ci si dedica, la capacità reciproca di scambio, è sempre molto, molto poco rispetto alla complessità della situazione. Ogni 15 giorni ho un mal di testa molto forte e non so perché: allora, io posso usare una delle ultime molecole che esistono per sbloccare la cosa, e può pure funzionare, ma il problema è perché ho mal di testa ogni 15 giorni? Nulla è per caso. Anche l’ordine delle parole che uno usa, gli aggettivi, i nomi, la costruzione delle frasi, tutto ha una sua importanza. Personalmente, ti posso dire che sono un paio di anni che sto lavorando più intensamente con questo approccio/tendenza/preoccupazione, e ti assicuro che c’è una differenza, in questo modo riesci a arrivare bene al cuore del problema. Con la persona c’è un’intesa, un percorso, un programma, in cui il ruolo mio è solo quello di tecnico, che come ogni tecnico, per esempio informatico, si aggiorna su tutti software che arrivano, e aggiorna continuamente il computer. Ma il problema è l’intesa: il progetto «Perché non guariamo» è questo, indurre nelle persone non la paura o la prospettiva di chissà quale mistica, semplicemente dire guardate, noi siamo fatti in questa maniera, estremamente complessa e non possiamo pensare di accantonare quello che di piccolo o di grande abbiamo davanti, se non riconoscendo di fare un’operazione di disconoscimento dei problemi, che prima o poi ci ritornerà addosso. E questa non è una minaccia, anche questa è una constatazione, nella realtà dei fatti: oggi noi abbiamo parecchi casi di cancro, in più, e aumentano sempre di più, tumori rari sono diventati quasi ordinari, quando mi sono laureato io, trent’anni fa, non si vedevano proprio, oggi non dico che sono all’ordine del giorno, ma per quello che vedo e leggo io, ce ne sono. Tutto questo sicuramente perché c’è l’inquinamento, c’è questo e quell’altro, ma anche perché i sistemi di autoregolazione, non riescono a funzionare più. Ma perché c’è una pressione dall’esterno molto forte? Sicuramente. Ma anche perché non riescono a funzionare. Allora ragioniamo su tutti e due i livelli. Sennò di fronte a quello che è l’entità dell’inquinamento, l’entità della colpevolezza di chi ci gestisce, perché ci gestiscono, di fronte a tutto questo poi c’è la disperazione solamente. Invece di capire un attimo come funziono, e così posso rendermi conto che, per esempio, determinati cibi finiscono per agire come stimolo ormonale sul mio organismo, e un ragazzino lo sfianco, o una ragazzina la scombino. Capire anche meglio la quantità dell’inquinamento e come difendersi. Se riesco a resettare il mio sistema più spesso e più facilmente, più autonomamente, riesco almeno a tenere una guardia alta, fermo restando che se io mi trovo a Chernobyl, e il fallout lì continuerà ancora, come quello giapponese a Fukushima, su tutta la terra. E allora questo psichicamente per tutti noi è un grande fattore patogeno, sapere che siamo fottuti. Saper che siamo fottuti è il bit di informazione che si infila nel cervello e là sta tutti i giorni, sta nel cervello mio che tiene 60 anni e nel cervello di mio figlio che ne ha 13, e sta nel cervello di mio nipote che nasce, perché mia nuora e mio figlio hanno nel cervello questa cosa. Allora il punto è: se noi prendiamo coscienza, anche attraverso il partecipare, l’intervenire, il muoversi, diventa un fatto di sopravvivenza. Il cambiamento politico non è più la ricerca e scelta di un’organizzazione politica, di leader, di riferimenti! È innanzitutto un programma che devo cominciare da me stesso, ma non per isolarmi nell’egoismo e nell’individualismo, assolutamente, è proprio il contrario. Anzi, rispetto a queste informazioni qua non esiste nessun organizzazione, nessun leader, in grado di dare una risposta, ma non perché non sono capaci, ma semplicemente perché non può esistere, dato che la risposta è lo sviluppo di un nuovo io collettivo, di una grande entità collettiva che si rende conto che il danno di un singolo si ripercuote immediatamente su tutti quanti gli altri, come la farfalla che batte le ali e fa venire il terremoto dall’altra parte del mondo, è così. Anche se noi maledettamente non ce ne vogliamo rendere conto, le navi affondano perché ci sono tutti Schettino sopra, o perché il campo elettromagnetico è cambiato? I pesci vanno a finire da una parte all’altra, si perdono, dopo miliardi di anni che fanno sempre lo stesso percorso? I gabbiani vanno da un’altra parte perché si sono ubriacati? È una questione di campo elettromagnetico. Se esiste il campo elettromagnetico esistono le tempeste solari, esistono anche un sacco di altre cose. E non possiamo prescindere da tutto questo.

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Al di là dell’inquinamento ambientale, che quello è, il fatto che viviamo peggio, che anche a livello d’informazione ciò che passa non è un paradigma positivo, ma negativo, tra annunci di fine del mondo, apocalisse, “siamo fottuti”, tutto questo tende a renderci più deboli, sia dal punto di vista mentale che dal punto di vista fisico e generale?

 

Ti racconto una cosa che mi ha colpito: l’altra sera, in televisione, sul Tg3, un flash un abate di un monastero buddista in Giappone, che viveva nell’area dove c’è stato il disastro atomico, il quale cammina per villaggi e campi e rileva l’entità della radioattività e raccoglie le cose che stanno a terra, e le metti nei contenitori che il governo giapponese ha messo apposta per isolare le cose contaminate. E lui ha detto una frase, che rispecchia l’integralità di questa persona, intendendo proprio che quello che sente, pensa, dice, lui fa: «Dobbiamo riconciliarci con la Terra». Cioè, questa persona, cammina, e a mani nude prende la roba e la mette da parte: non disconosce il problema; lo affronta in maniera praticabile, rispetto a quello che lui può fare; dice, se non facciamo così, è peggio. Invece da noi, il problema non c’è; se c’è, è lontano da noi; se c’è, non vi preoccupate, è una cosa transitoria; e se qualcuno insiste, la risposta è «Non rompete i coglioni». Se noi riusciamo a fare una specie di percorso, come «Perché non guariamo», il problema c’è, ma è una questione di coscienza collettiva, non c’è nessuno che ce lo risolve, se non ognuno di noi, e allora cominciamo. Io ho cominciato, da molti anni, non prescrivendo farmaci se non quando è necessario, prescrivo quelli dei quali sono sicuro, prescrivo quando è opportuno e per il tempo che è necessario per scrivere. Per cui, se uno è condannato come me, oramai, a prendere per tutta la vita un farmaco, indipendentemente dal costo che ha sulla collettività o sul costo del bilancio di una Asl, io lo prescrivo. Siccome mi hanno detto che si doveva fare in un altro modo, io ho detto loro «a mai più vederci». E l’ho ripetuto anche a chi, in cosiddetto ambito omeopatico, fa lo stesso ragionamento: sapere perché si arriva alla malattia, e non ostacolare il processo di conoscenza e comprensione, che già significa favorirlo. E questo perché ci sono tanti malati e tante malattie, e quindi ogni paziente, con la sua pluripatologia, è un cantiere aperto che porta denaro, e non c’è bisogno di fare l’appalto.

 

Politicamente, il tuo approccio è quindi quello di una liberazione dell’uomo, dai suoi incubi, da se stesso, in un certo senso, dai suoi blocchi...

 

Aiutarlo. Come si è fatto nella storia dell’umanità tante volte, ognuno di noi lo sa, e lo può fare, io non faccio nulla, semplicemente riempio una bottiglia e ne do un po’ a tutti quanti, cioè non voglio tenere il bicchiere solo per me. Anche perché da solo ho paura, non ho difficoltà a dirlo. Perché una delle prime cose è non avere difficoltà a dire quello che si prova. Il “politicamente” per me, significa che non escludo il passaggio a “organizzarsi per”: lo dico non solo perché ho 60 anni, e come età avete capito da dove vengo; ma qui non c’è nessuna nostalgia, noi non dobbiamo ripristinare niente che non sia già stato scritto. Se pensiamo alla nostra Costituzione, la più avanzata d’Europa, e se pensiamo alla Legge 833 della Riforma Sanitaria del 1978, la più avanzata d’Europa, e questo è stato detto dagli stranieri, oggi buttate tutte e due nel cesso, semplicemente perché non applicate. Perché la 833 è una legge non perfetta, ma espressione di una coscienza collettiva. Il concetto di pubblico e privato, non è la clinica privata o l’intramoenia, ma la salute come bene pubblico, come bene comune, perché è tale. La scelta di dire come cittadino, «Vabbè, io comunque ho il ticket; vabbè, comunque conosco a quello; vabbè io comunque non ho quella malattia», questo già è un modo per accettare la non applicazione di una legge che se fosse stata applicata in maniera seria, anche se, realisticamente, non fosse stata applicata dappertutto, avrebbe portato il sistema sanitario italiano certamente a stare come il sistema sanitario tedesco, che comunque regge, così come fa la Germania negli altri settori, e perché? Perché il tipo di paradigma medico e biologico è un tipo di paradigma economico. Le multinazionali del farmaco allopatico ed omeopatico, in Italia, fanno il comodo loro da sempre, mentre nei loro rispettivi paesi di origine iniziale, devono sottostare a una normativa estremamente ristretta e precisa. In termini di prezzi, ad esempio, vedi quanto costa il farmaco omeopatico in Francia e quanto costa in Italia, stessa ditta.

 

Quindi, una liberazione dell’umanità non può prescindere da una liberazione personale, che significa anche perché ci ammaliamo, capire appunto, perché non riusciamo a liberarci di alcuni blocchi interiori. Il tuo progetto medico diventa così progetto politico, perché è un progetto di autoanalisi e di liberazione di se stessi.

 

È un processo continuo. Non è che con «Perché non guariamo» io voglio fare come un manuale, per dire come si fa a guarire. È un filone complicato, perché da tempo si è inserita tutta una serie di personaggi che hanno solo lo scopo di dire, «Non vi preoccupate che ho la ricetta». E abbiamo i guru. E così se non leggi “quel” libro, non capisci niente. Che se leggi quello hai risolto il problema. Qua ognuno ha dentro scritto il proprio libro, se non imparo a leggere il mio e non ho il coraggio di leggermi tutte le pagine, ma solo ogni tanto di sfogliare qualche pagina e dire «Uh, ho mal di testa! Uh, ho mal di pancia!», e non leggo dalla pagina 1 all’indice, compresa la bibliografia, compreso l’indice analitico, non ne esco. Anche se uno muore prima di riuscirci, deve provarci? Sì. E questo è il mio progetto di vita. Io vivo così da sempre, forse senza saperlo prima, ma adesso lo sto incominciando a capire. E ho paura. Perché è un percorso che sostanzialmente ognuno si vive da solo, però può viverlo non in solitudine. Ecco perché è importante vedersi, ma non solo per fare la chiacchiera. Il rapporto che ho con le persone che vengono allo studio, oltre al fatto che è un rapporto tra una persona che fa questo lavoro, è un rapporto tra persone che stanno sulla stessa barca. È un mio modo di vedere, da questo a dire se altri colleghi si confrontassero non con me, ma con questi interrogativi, se l’Ordine dei Medici, se la Regione, lo Stato, semplicemente riconoscessero quelle che sono le normative europee e le applicassero, non avremmo la necessità del signor Mario Monti, che a modo suo deve far quadrare le cose. Così come nella vita individuale, di relazione di coppia, familiare. Qua stiamo ad aspettare e sperare che il cancro non acchiappi anche me, o andiamo a farci l’analisi genetica così conosco a quali malattie posso andare incontro, in modo che risolvo, così. Ma risolvo cosa? Io so di gente che è arrivata ad operarsi al seno, togliendosi i seni, perché la sorella o un familiare, con l’analisi genetica, era a rischio, facendosi due interventi di plastica, per rimettersi i seni finti! Sono casi estremi, ma se l’essere umano arriva a questo, evidentemente la paura è così grossa, come la paura di morire. Sono due cose biologiche. Però la signora che si è tolta il seno senza avere il cancro al seno, era ammalata. Di che cosa? Di mass media, di un certo tipo di informazione, fatta per dire: se mi mandi un campione di Dna, ti faccio l’esame, mi dai 500.000 euro, o non so quanto, e io ti dico tutti i rischi che hai, te lo dico ora che avrai a 50 anni un infarto. E allora come campi? Sono domande che voi che lavorate nel mondo dell’informazione vi dovreste porre. Invece di queste “scuole” di paura, facciamo una scuola dell’autoconsapevolezza.

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Visto il tuo discorso sull’energia e l’elettromagnetismo, a livello elettromagnetico, si può immaginare, come già fanno le radio, i satelliti, i cellulari, che si può influire anche a distanza?

 

Per quello che ho capito e visto finora, sicuramente sì. C’è un termine inglese, entaglement, che indica proprio questa connettività, la rete. È tutto connesso. Quindi è inutile far finta di non far parte di questo stesso mare, perché anche se non mi interessa nulla, muoio io come muoiono tutti. Tornando sulla politica, sulla legge 833/1978, i padri di questa legge sono state persone come Giovanni Berlinguer e Luigi Maccaro, persone che voi giovani non conoscete, ma su cui noi studenti di medicina ci siamo formati, che avevano già intuito determinati processi: la rete dei medici di base, e la rete dell’Asl a livello nazionale, che cos’era? Non quello che poi è stato, cioè una serie di piccoli centri di potere camorristico-mafiosi e moltiplicatori di spese, era una rete capillare di controllo per capire cosa succedeva sul territorio nazionale, dal primo bambinello all’ultimo vecchietto.

 

Fammi capire meglio una cosa: è corretto dire che nel secolo scorso ci si ammalava di meno? E se sì, perché?

 

Secondo me ci si ammalava di meno, intendiamo le manifestazioni patologiche, uno dovrebbe cominciare a dire che c’è un problema di rilevazione, nel senso che forse c’erano già delle patologie che non si conoscevano, la gente moriva e non si sapeva perché; poi c’è il solito discorso dell’invecchiamento... Io penso comunque che una cosa interessante sia riflettere su questo: nei secoli passati c’erano delle sovrastrutture ideologiche, che assicuravano una rete collettiva, la comunità, che questa sovrastruttura fosse etichettata come mondo cattolico, mondo luterano, mondo socialista, qualsiasi sia, è lo stesso, era comunque una rete in cui il singolo si sentiva solo ma non isolato, coi suoi problemi individuali, però inserito in una comunità.

 

Il fatto che oggi ci si senta più soli, più dispersi, influisce?

 

C’è stata da parte dei poteri forti, soprattutto finanziari, la volontà di accentuare non il senso di esser solo, ma l’isolamento. Perché l’uomo è un animale relazionale, sei vuoi dominare un uomo, devi rovinargli le relazioni, anzi se lo fai atomizzare, se lo fai diventare a-relazionale, con la “a” che è alfaprivativa, cioè che salta la cellula famiglia, salta tutto, e i singoli non formano più un battaglione di soldati, ma tanti tizi staccati, che vanno in giro, uno con una mazza, uno con un fucile, un altro con una bomba, un altro con una mano in tasca, e li fai fuori uno alla volta senza difficoltà. Dove si verificano grossi movimenti di massa, in Italia? In Francia? In Spagna? In Germania? In Nord Africa. E ma quelli hanno fame. Sì, ma non solo. Nella grande Russia di Putin, migliaia di persone prima e dopo le elezioni continuano a scendere in piazza. Eh, ma il movimento si sta sfaldando: per forza, sai quanti ne hanno uccisi e fatti male? Ma al di là, di questo, molti scenderanno per fame, ma c’è una rete, vera, che non è basata sul nostro concetto di essere collegati via internet, dalla serie «Ehi, ti ho mandato un’email». Il lavoro di rottura, che sto cercando di fare, ha questo obiettivo: in uno degli incontri che abbiamo fatto all’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, più persone mi chiesero perché non organizziamo un movimento. Io propongo un discorso di presa di coscienza, poi può nascere qualsiasi cosa, quello che è importante è il contenuto del messaggio, fermo restando che il passaggio a organizzarsi ci può anche essere. C’è stata possibilità di organizzarsi, però, personalmente per mia struttura, di personalità, sono fuori dall’accademia, fuori dalle strutturazioni, e fuori da ogni movimentismo. È vero che c’è la paura della fine del mondo, dell’Apocalisse, eccetera, ma è anche vero che effettivamente siamo a un punto della nostra evoluzione che è un punto di non ritorno, o si fa un salto o qui c’è il baratro, o si sale o si scende, è un salto evolutivo, questo. Non so cosa succederà, sicuramente conclusi questi incontri, ho moltissimo piacere di farne altri, ho ancora più piacere se riesco a scrivere qualcosa per divulgare ancora di più, perché ho bisogno di comunicare, perché ho sentito nel mio corpo cosa significa nel mio corpo la disconnessione, l’atomizzazione, so che è un rischio presente per tutti.

 

Una delle carenze della politica è una risposta al materialismo che c’è, si perde di vista lo spirito, l’anima, l’amore.

 

Noi veniamo da una realtà che è di una connessione, la vogliamo chiamare amore, chiamiamola amore. Veniamo da una realtà di amore, e precipitiamo in una realtà di progressiva frammentazione. Ora, avendo preso coscienza di questo, ognuno a modo suo, per le strade sue e percorsi suoi, non solo non può rimanere così, non è ammissibile, ma è bellissimo invece cercare di riconnettersi alla rete, e non ci vuole niente, volendo. La politica non è brutta e cattiva, non è che o sono ladri o sono onesti, non è all’altezza questa politica, come non è all’altezza questa medicina, come non è all’altezza questa biologia intesa così, andava bene questa biologia e questi sistemi e programmi politici per quei contesti passati, sono stati la risposta in quel dato momento, adesso ce ne vuole un’altra, che dev’essere un salto quantico, perché la portata del problema non è più come la crisi del ‘29 che coinvolse l’America e l’Europa, però in Africa e in Oriente c’era mercato, e quindi potevi risollevarti su una di quelle zone, anche facendo conflitti. Ora dove cazzo vai? Col Giappone che dice che è tutto a posto, ma a posto che? Con l’India che dice che sta tutto a posto. Ma che? Soffro, pensando a voi giovani, non solo per il lavoro che c’è o non c’è, per la dimensione che avete davanti. Che allo stesso tempo è grandissima, meravigliosa, anche per la qualità delle vostre conoscenze, per l’evoluzione dei vostri cervelli, il tuo è migliore del mio per forza, nell’ottica biopsicosomatica il tuo cervello è superiore al mio per forza, non solo perché hai trent’anni in meno di me, ma perché la velocità è diversa. Allo stesso tempo però, una rete che vuole cambiare l’incambiabile, deve fare lotta sofferta contro la disconnessione, questa è la lotta contro la depressione, la lotta contro la disconnessione. Spero di poter continuare a comunicare, mi rendo conto che così comunico anche il mio disagio e la mia paura, è anche un modo per dire all’altro, se ci mettiamo insieme qualche cosa combineremo.

 

DICEMBRE 2012

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