DAL MANIFESTO AI FATTI QUOTIDIANI
Presentazione del numero
Redazione
Nel presentarvi il numero 9 della
rivista, cominciamo con lo scrivere che ci sembra evidente come l’anno
che ci siamo lasciati alle spalle, almeno per quello che riguarda
l’Italia, non sia stato un anno come gli altri.
Non è stato l’anno della fine del mondo,
ma sì l’anno che molto più dei precedenti ha rivelato la traccia d’un
possibile futuro del nostro destino. Non vogliamo riferirci alla singola
persona di Monti e al suo cursus
honorum da tecnico presidente del consiglio ad (aspirante per ora)
primo ministro politico; ma di tutto ciò che sta comportando
contemporaneamente il politicizzarsi della tecnica e il tecnicizzarsi
della politica.
Fenomeno a cui, sembra, che anche
l’Italia, ormai, debba adeguarsi.
Un destino più generale, quindi, che in
Italia per un verso arriva dopo, per via del suo non essere mai al passo
con i tempi, dall’altro, invece, prima, a causa della debolezza e lo
sfacelo delle sue infrastrutture sociali, ideali e politiche.
Si tratta d’un destino che riguarda
tutti gli ambiti della società, e non certo solo quello della politica.
Prendiamo solo un caso che ci riguarda
da vicino per le nostre idee e la nostra posizione di redattori di una
rivista che aspira ad avere un senso politico.
Nel giro di pochi mesi, dopo quarantatre
anni, il quotidiano «Il Manifesto», sotto ingiunzione di vendita a
conclusione della procedura di fallimento coatto, si sta trasformando in
qualcosa di diverso da quanto è stato fino a questo momento. Una nuova
cooperativa composta da una buona parte delle firme dell’ultimo periodo
è ormai stata costituita (e nel momento in cui leggerete essa avrà già
prodotto i suoi primi frutti, si veda l’editoriale
Miracolo di Natale su «Il
Manifesto» del 29 dicembre).
Dunque, sembra che una nuova storia si
vada inaugurando per il quotidiano comunista.
Nel mentre però abbiamo assistito, anche
noi da lettori, alla violenta esplosione di vari dissidi interni fra
alcune firme storiche e la redazione del quotidiano. Prima M. D’Eramo
(24 Novembre), poi l’eco-nomista J. Halevi e, soprattutto, R. Rossanda
(26 Novembre), poi, con una lettera pubblicata sul quotidiano un nutrito
gruppo di redattori e collaboratori storici del giornale tra cui l’ex
direttore G. Polo, e fra gli altri I. Dominijanni e L. Campetti (in
totale tredici firme), ed infine anche V. Parlato, hanno preso tutti la
decisione di lasciare il quotidiano e dichiarato la propria distanza
dalla direzione rappresentata da N. Rangeri, e A. Mastrandrea (rispetto
ai tredici fuoriusciti in particolare si può leggere la loro lunga
lettera Così vicini, così lontani
pubblicata sul giornale il 22 Dicembre).
Va detto che dei dissidenti in rotta con
la redazione nessuno ha, in verità, espresso l’intenzione di continuare
la propria professione militante su altre testate. Solo Vauro e A.
Robecchi, che, però, non sembrano aver intrapreso la strada
dell’abbandono per motivi ideologici, hanno comunicato la loro scelta di
iniziare a collaborare con «il Fatto Quotidiano».
Pur non volendo fare di questo caso un
paradigma generale di interpretazione di come stiano andando le cose nel
nostro paese, osiamo, tuttavia, una riflessione di carattere generale.
Al di là del futuro svolgimento degli
eventi, è innegabile che una parte dei lettori storici del quotidiano
comunista si stia dirigendo vero altri quotidiani ed in particolare
verso «il Fatto Quotidiano»,
giunto ormai ad essere, tanto più dopo la chiusura di «Liberazione»
un anno fa, il vero concorrente sul mercato de «Il Manifesto».
Pur non volendo adesso esprimere un
giudizio complessivo su «Il Fatto Quotidiano»,
tuttavia, sentiamo di poter sostenere che la testata esprima
oggettivamente un contenuto politico e un modello di comunicazione
alternativo a quello che «Il Manifesto» prova (o ahinoi! provava) a
mantenere.
Diciamo, sicuramente un modello più
“attuale” di comunicazione giornalistica (e non a caso simile nella
forma alla maggioranza degli altri quotidiani).
Da una concezione di editoria politica,
infatti, come discussione di idee e pratiche sulla base di una visione
politica del mondo, a quella d’una (a volte) intelligente ma pur sempre
“quotidiana” presa in esame dei fatti del mondo, crediamo passi tutta la
distanza che intercorre fra una concezione ideologica della politica ad
un’altra a-ideologica o consapevolmente contro-ideologica di essa.
Ed è, forse, proprio in riferimento a
questa distanza che andrebbe misurata la nostra analisi del mondo
presente.
Le posizioni de «il Fatto Quotidiano»
potranno anche sostenersi su singole istanze critiche dell’attualità
politica (da Di Pietro a Grillo, ai nuovi entrati Ingroia o Grasso, ad
esempio) ma resta il fatto che si attestino su di una critica a singoli
aspetti, e non sia dato mai d’incon-trare negli editoriali o nelle
inchieste scritte dai vari giornalisti (Travaglio su tutti), un embrione
di critica complessiva della società contemporanea.
Uno spunto di riflessione generale sulla
società e la vita di oggi, un barlume, insomma, di visione del mondo…
Dobbiamo ammettere che purtroppo allo
svilupparsi di certi fenomeni dalle radici, queste sì profonde e
intricate (in quanto interessano lo sviluppo totale e globale della
nostra società) è quasi inutile resistere.
L’idea da cui nacque «Il Manifesto»,
allora, nel 1969, soprattutto per una testata che voglia essere
quotidiana, oggi sembra difficilmente riproducibile, ahinoi!, per tante,
troppe ragioni.
Essa si avvia, infatti, non troppo
lentamente ad essere sommersa in questo modo dalla baraonda delle
notizie e degli infiniti fatti quotidiani che determina la trama della
vita e della comunicazione politica dei nostri giorni. Al di là della
prosecuzione o meno dell’attività del quotidiano si rivela chiaramente
come i tempi non si addicano più alla scrittura di manifesti…
Venendo, adesso, alla rivista e al
numero 9, passiamo brevemente in rassegna, gli articoli che lo
compongono.
L’editoriale
Se la democrazia è quella americana, è incentrato sullo stato di
degenerazione dei sistemi democratici occidentali e prova ad
individuarne la causa. A partire dal fenomeno delle primarie quale
emblema della crisi democratica, esso indica anche, un po’
provocatoriamente, delle possibili “vie di fuga” dal disastro del
“mercato elettorale”, che con aggettivo terribile di questi tempi,
potremo definire “tecniche”, pur nella consapevolezza che la democrazia
non è fatto squisitamente tecnico.
Si apre subito dopo la più prolifica
rubrica della rivista, quella di “Esperienza e rappresentazione”, che
risulta folta anche in questo numero, nonostante l’assenza di contributi
da parte di alcuni dei collaboratori che lo scorso numero ci hanno
permesso di esagerare.
Si comincia con il contributo di Giulio
Trapanese Esperienza (parte II), sulle forme attuali dell’indi-vidualismo
virtuale come apogeo dello stile di vita americanizzato.
L’articolo di Mariano Mazzullo
Se la storia può finire. Uno
studio a partire da Hegel e Bataille (parte II), conclude il
discorso intorno al ruolo dell’uomo nella storia, avviato sul numero
scorso, precisando in che modo possa o meno parlarsi di fine della
stessa.
NerioJamil Palumbo con
Placet Experiri. Un’altra
sfogliata (riccia) a “Minima moralia”, propone un vero e proprio
percorso attraverso le riflessioni aforistiche di Adorno, alla ricerca
di una possibile scappatoia dalla dissoluzione iperreale dell’esperienza
nel soggetto.
Chiude la rubrica un secondo articolo di
Mazzullo, questa volta di “attualità”,
Il realismo minimalista dei nostri
giorni, che analizza, rivendicando la necessità di “un’analisi
lenta” e perciò profonda, i limiti teorici del cosiddetto “New Realism”.
Abbiamo poi un contributo, imperdibile,
di Franco Arminio dal titolo Ogni
residenza è infiammata, che restituisce in forma letteraria
pregevole un ritratto dell’odierna condizione post-umana.
Apre la rubrica sulla “Transizione” uno
scritto di Serge Latouche dal titolo
La decrescita è una soluzione alla
crisi? che ci invita a riflettere sulla domanda se sia, in qualsiasi
modo, pensabile una soluzione alla crisi attuale del capitalismo come
ritorno al paradigma della crescita infinita.
La rubrica continua con un articolo di
Massimo Ammendola intitolato
Transition Towns. Le città di transizione, che riporta i principi
basilari della tematica sulla transizione come possibilità concreta di
governare la crisi con un approccio attivo.
Segue un articolo di un nuovo
collaboratore, Vincenzo Fiano, che può essere inquadrato nell’ambito di
“Per uno studio del marxismo”, intitolato
La totalizzazione del rapporto di
capitale, il quale affronta, con riferimento all’analisi della
rivista marxista “Officina 99”, l’attuale fase del capitalismo, quella
della “totalizzazione” quale tappa successiva a quella leniniana
dell’imperialismo.
L’articolo successivo, anch’esso di un
nuovo collaboratore, Eugenio Maddalena, intitolato
l’immaginario sessualizzato come
costruzione mediatica. Cenni sul sessismo cognitivo nei media,
riprende la tematica di “Sessualità e famiglia oggi”, analizzando nello
specifico il ruolo dell’iconografia nella formazione del comportamento
sociale, il cui sottoprodotto è la produzione di un gusto machista in
materia di una sessualità nella quale non c’è più posto per uno sguardo
femminile sul mondo.
Un unico articolo apre e chiude la
rubrica “La città dell’uomo”. Si tratta del contributo di Guido Cosenza,
intitolato polemicamente Città Future. Ovvero il futuro della città, che estende la consueta
riflessione sulla transizione all’oggetto specifico della città,
individuata come punto di concentrazione della crisi sistemica del
capitalismo. Non anticipiamo oltre il contenuto dell’articolo, che
costituisce una meditazione perentoria sull’urbanesimo attuale,
augurandoci, insieme all’autore, che inauguri finalmente un dibattito
sulle tematiche proposte.
Pubblichiamo dunque i primi contributi
giunti alla redazione per l’annunciato
Pamphlet sulla rivoluzione. Perché
non accade?, costruito assemblando i brevi scritti di trenta righe
su un tema impossibile da trattare in poco spazio. L’intento è quello di
tematizzare in forma di dibattito allargato la problematicità del
concetto di rivoluzione e la sua difficoltà di essere oggi all’ordine
del giorno, mentre, paradossalmente, le crisi capitalistiche si
acutizzano all’inverosimile. L’argomento resta aperto e nuovi contributi
che possano giungere a partire da quelli qui pubblicati, saranno
trattati nel/i prossimo/i numero/i.
A marzo del 2012, un’era politica fa, a
Napoli nello spazio autogestito del Dada (Dipartimento Autogestito
Dell’Alternativa) partecipammo, come rivista, all’assemblea aperta dal
titolo Democrazia di oggi e nuove
forme della politica, in cui si discusse delle possibilità per la
democrazia oggi e degli insegnamenti che si potevano trarre dai
movimenti, che in giro per il mondo, hanno mostrato nel 2011 nuove
modalità per la pratica politica attiva.
L’articolo omonimo, riporta gli
interventi introduttivi tenuti da Giulio Trapanese, Eleonora De
Conciliis (caporedattrice della rivista Kainos) e Leandro Sgueglia del
collettivo Dada. Gli interventi approfondiscono molti degli aspetti
trattati anche nell’e-ditoriale.
Questo numero è praticamente privo di
recensioni, ma ripara in qualche modo a questa mancanza l’articolo di
Massimo Ammendola dal titolo Da “L’uomo ad una dimensione” (1964) a “La miseria umana della
pubblicità” (2004), che restituisce l’attualità del pensiero di
Marcuse attraverso l’analisi di due testi molto distanti
cronologicamente ma molto vicini concettualmente.
Abbiamo poi un articolo di un nuovo
collaboratore, Daniele Alagia, Alcune riflessioni sul convegno di studi “la repressione dei crimini
contro gli animali: aspetti sostanziali e procedurali”, che si
occupa di anti-specismo, riportando la discussione di un convegno
tenutosi nel Novembre 2012 a Napoli sul tema.
Chiude il numero un’approfondita
intervista, Perché non guariamo?,
a Vincenzo Esposito, medico esperto di terapia della biorisonanza, il
quale spiega i motivi del suo innovativo approccio medico “integrato”,
volto cioè al superamento della distinzione fra medicina “omeopatica” ed
“allopatica”.
Precisiamo che la rivista verrà stampata
e spedita in abbonamento annuale per chiunque ne faccia richiesta
(visitando e compilando il modulo nell’ap-posita pagina che sarà
disponibile a breve sul sito) a partire dal prossimo numero e non, come
precedentemente annunciato, da questo.
Buona lettura a tutti.