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09
Gennaio 2013

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DAL MANIFESTO AI FATTI QUOTIDIANI

Presentazione del numero

Redazione

 

Nel presentarvi il numero 9 della rivista, cominciamo con lo scrivere che ci sembra evidente come l’anno che ci siamo lasciati alle spalle, almeno per quello che riguarda l’Italia, non sia stato un anno come gli altri.

Non è stato l’anno della fine del mondo, ma sì l’anno che molto più dei precedenti ha rivelato la traccia d’un possibile futuro del nostro destino. Non vogliamo riferirci alla singola persona di Monti e al suo cursus honorum da tecnico presidente del consiglio ad (aspirante per ora) primo ministro politico; ma di tutto ciò che sta comportando contemporaneamente il politicizzarsi della tecnica e il tecnicizzarsi della politica.

Fenomeno a cui, sembra, che anche l’Italia, ormai, debba adeguarsi.

Un destino più generale, quindi, che in Italia per un verso arriva dopo, per via del suo non essere mai al passo con i tempi, dall’altro, invece, prima, a causa della debolezza e lo sfacelo delle sue infrastrutture sociali, ideali e politiche.

Si tratta d’un destino che riguarda tutti gli ambiti della società, e non certo solo quello della politica.

Prendiamo solo un caso che ci riguarda da vicino per le nostre idee e la nostra posizione di redattori di una rivista che aspira ad avere un senso politico.

Nel giro di pochi mesi, dopo quarantatre anni, il quotidiano «Il Manifesto», sotto ingiunzione di vendita a conclusione della procedura di fallimento coatto, si sta trasformando in qualcosa di diverso da quanto è stato fino a questo momento. Una nuova cooperativa composta da una buona parte delle firme dell’ultimo periodo è ormai stata costituita (e nel momento in cui leggerete essa avrà già prodotto i suoi primi frutti, si veda l’editoriale Miracolo di Natale su «Il Manifesto» del 29 dicembre).

Dunque, sembra che una nuova storia si vada inaugurando per il quotidiano comunista.

Nel mentre però abbiamo assistito, anche noi da lettori, alla violenta esplosione di vari dissidi interni fra alcune firme storiche e la redazione del quotidiano. Prima M. D’Eramo (24 Novembre), poi l’eco-nomista J. Halevi e, soprattutto, R. Rossanda (26 Novembre), poi, con una lettera pubblicata sul quotidiano un nutrito gruppo di redattori e collaboratori storici del giornale tra cui l’ex direttore G. Polo, e fra gli altri I. Dominijanni e L. Campetti (in totale tredici firme), ed infine anche V. Parlato, hanno preso tutti la decisione di lasciare il quotidiano e dichiarato la propria distanza dalla direzione rappresentata da N. Rangeri, e A. Mastrandrea (rispetto ai tredici fuoriusciti in particolare si può leggere la loro lunga lettera Così vicini, così lontani pubblicata sul giornale il 22 Dicembre).

Va detto che dei dissidenti in rotta con la redazione nessuno ha, in verità, espresso l’intenzione di continuare la propria professione militante su altre testate. Solo Vauro e A. Robecchi, che, però, non sembrano aver intrapreso la strada dell’abbandono per motivi ideologici, hanno comunicato la loro scelta di iniziare a collaborare con «il Fatto Quotidiano».

Pur non volendo fare di questo caso un paradigma generale di interpretazione di come stiano andando le cose nel nostro paese, osiamo, tuttavia, una riflessione di carattere generale.

Al di là del futuro svolgimento degli eventi, è innegabile che una parte dei lettori storici del quotidiano comunista si stia dirigendo vero altri quotidiani ed in particolare verso «il Fatto Quotidiano», giunto ormai ad essere, tanto più dopo la chiusura di «Liberazione» un anno fa, il vero concorrente sul mercato de «Il Manifesto».

Pur non volendo adesso esprimere un giudizio complessivo su «Il Fatto Quotidiano», tuttavia, sentiamo di poter sostenere che la testata esprima oggettivamente un contenuto politico e un modello di comunicazione alternativo a quello che «Il Manifesto» prova (o ahinoi! provava) a mantenere.

Diciamo, sicuramente un modello più “attuale” di comunicazione giornalistica (e non a caso simile nella forma alla maggioranza degli altri quotidiani).

Da una concezione di editoria politica, infatti, come discussione di idee e pratiche sulla base di una visione politica del mondo, a quella d’una (a volte) intelligente ma pur sempre “quotidiana” presa in esame dei fatti del mondo, crediamo passi tutta la distanza che intercorre fra una concezione ideologica della politica ad un’altra a-ideologica o consapevolmente contro-ideologica di essa.

Ed è, forse, proprio in riferimento a questa distanza che andrebbe misurata la nostra analisi del mondo presente.

Le posizioni de «il Fatto Quotidiano» potranno anche sostenersi su singole istanze critiche dell’attualità politica (da Di Pietro a Grillo, ai nuovi entrati Ingroia o Grasso, ad esempio) ma resta il fatto che si attestino su di una critica a singoli aspetti, e non sia dato mai d’incon-trare negli editoriali o nelle inchieste scritte dai vari giornalisti (Travaglio su tutti), un embrione di critica complessiva della società contemporanea.

Uno spunto di riflessione generale sulla società e la vita di oggi, un barlume, insomma, di visione del mondo…

Dobbiamo ammettere che purtroppo allo svilupparsi di certi fenomeni dalle radici, queste sì profonde e intricate (in quanto interessano lo sviluppo totale e globale della nostra società) è quasi inutile resistere.

L’idea da cui nacque «Il Manifesto», allora, nel 1969, soprattutto per una testata che voglia essere quotidiana, oggi sembra difficilmente riproducibile, ahinoi!, per tante, troppe ragioni.

Essa si avvia, infatti, non troppo lentamente ad essere sommersa in questo modo dalla baraonda delle notizie e degli infiniti fatti quotidiani che determina la trama della vita e della comunicazione politica dei nostri giorni. Al di là della prosecuzione o meno dell’attività del quotidiano si rivela chiaramente come i tempi non si addicano più alla scrittura di manifesti…

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Venendo, adesso, alla rivista e al numero 9, passiamo brevemente in rassegna, gli articoli che lo compongono.

L’editoriale Se la democrazia è quella americana, è incentrato sullo stato di degenerazione dei sistemi democratici occidentali e prova ad individuarne la causa. A partire dal fenomeno delle primarie quale emblema della crisi democratica, esso indica anche, un po’ provocatoriamente, delle possibili “vie di fuga” dal disastro del “mercato elettorale”, che con aggettivo terribile di questi tempi, potremo definire “tecniche”, pur nella consapevolezza che la democrazia non è fatto squisitamente tecnico.

Si apre subito dopo la più prolifica rubrica della rivista, quella di “Esperienza e rappresentazione”, che risulta folta anche in questo numero, nonostante l’assenza di contributi da parte di alcuni dei collaboratori che lo scorso numero ci hanno permesso di esagerare.

Si comincia con il contributo di Giulio Trapanese Esperienza (parte II), sulle forme attuali dell’indi-vidualismo virtuale come apogeo dello stile di vita americanizzato.

L’articolo di Mariano Mazzullo Se la storia può finire. Uno studio a partire da Hegel e Bataille (parte II), conclude il discorso intorno al ruolo dell’uomo nella storia, avviato sul numero scorso, precisando in che modo possa o meno parlarsi di fine della stessa.

NerioJamil Palumbo con Placet Experiri. Un’altra sfogliata (riccia) a “Minima moralia”, propone un vero e proprio percorso attraverso le riflessioni aforistiche di Adorno, alla ricerca di una possibile scappatoia dalla dissoluzione iperreale dell’esperienza nel soggetto.

Chiude la rubrica un secondo articolo di Mazzullo, questa volta di “attualità”, Il realismo minimalista dei nostri giorni, che analizza, rivendicando la necessità di “un’analisi lenta” e perciò profonda, i limiti teorici del cosiddetto “New Realism”.

Abbiamo poi un contributo, imperdibile, di Franco Arminio dal titolo Ogni residenza è infiammata, che restituisce in forma letteraria pregevole un ritratto dell’odierna condizione post-umana.

Apre la rubrica sulla “Transizione” uno scritto di Serge Latouche dal titolo La decrescita è una soluzione alla crisi? che ci invita a riflettere sulla domanda se sia, in qualsiasi modo, pensabile una soluzione alla crisi attuale del capitalismo come ritorno al paradigma della crescita infinita.

La rubrica continua con un articolo di Massimo Ammendola intitolato Transition Towns. Le città di transizione, che riporta i principi basilari della tematica sulla transizione come possibilità concreta di governare la crisi con un approccio attivo.

Segue un articolo di un nuovo collaboratore, Vincenzo Fiano, che può essere inquadrato nell’ambito di “Per uno studio del marxismo”, intitolato La totalizzazione del rapporto di capitale, il quale affronta, con riferimento all’analisi della rivista marxista “Officina 99”, l’attuale fase del capitalismo, quella della “totalizzazione” quale tappa successiva a quella leniniana dell’imperialismo.

L’articolo successivo, anch’esso di un nuovo collaboratore, Eugenio Maddalena, intitolato l’immaginario sessualizzato come costruzione mediatica. Cenni sul sessismo cognitivo nei media, riprende la tematica di “Sessualità e famiglia oggi”, analizzando nello specifico il ruolo dell’iconografia nella formazione del comportamento sociale, il cui sottoprodotto è la produzione di un gusto machista in materia di una sessualità nella quale non c’è più posto per uno sguardo femminile sul mondo.

Un unico articolo apre e chiude la rubrica “La città dell’uomo”. Si tratta del contributo di Guido Cosenza, intitolato polemicamente Città Future. Ovvero il futuro della città, che estende la consueta riflessione sulla transizione all’oggetto specifico della città, individuata come punto di concentrazione della crisi sistemica del capitalismo. Non anticipiamo oltre il contenuto dell’articolo, che costituisce una meditazione perentoria sull’urbanesimo attuale, augurandoci, insieme all’autore, che inauguri finalmente un dibattito sulle tematiche proposte.

Pubblichiamo dunque i primi contributi giunti alla redazione per l’annunciato Pamphlet sulla rivoluzione. Perché non accade?, costruito assemblando i brevi scritti di trenta righe su un tema impossibile da trattare in poco spazio. L’intento è quello di tematizzare in forma di dibattito allargato la problematicità del concetto di rivoluzione e la sua difficoltà di essere oggi all’ordine del giorno, mentre, paradossalmente, le crisi capitalistiche si acutizzano all’inverosimile. L’argomento resta aperto e nuovi contributi che possano giungere a partire da quelli qui pubblicati, saranno trattati nel/i prossimo/i numero/i.

A marzo del 2012, un’era politica fa, a Napoli nello spazio autogestito del Dada (Dipartimento Autogestito Dell’Alternativa) partecipammo, come rivista, all’assemblea aperta dal titolo Democrazia di oggi e nuove forme della politica, in cui si discusse delle possibilità per la democrazia oggi e degli insegnamenti che si potevano trarre dai movimenti, che in giro per il mondo, hanno mostrato nel 2011 nuove modalità per la pratica politica attiva.

L’articolo omonimo, riporta gli interventi introduttivi tenuti da Giulio Trapanese, Eleonora De Conciliis (caporedattrice della rivista Kainos) e Leandro Sgueglia del collettivo Dada. Gli interventi approfondiscono molti degli aspetti trattati anche nell’e-ditoriale.

Questo numero è praticamente privo di recensioni, ma ripara in qualche modo a questa mancanza l’articolo di Massimo Ammendola dal titolo Da “L’uomo ad una dimensione” (1964) a “La miseria umana della pubblicità” (2004), che restituisce l’attualità del pensiero di Marcuse attraverso l’analisi di due testi molto distanti cronologicamente ma molto vicini concettualmente.

Abbiamo poi un articolo di un nuovo collaboratore, Daniele Alagia, Alcune riflessioni sul convegno di studi “la repressione dei crimini contro gli animali: aspetti sostanziali e procedurali”, che si occupa di anti-specismo, riportando la discussione di un convegno tenutosi nel Novembre 2012 a Napoli sul tema.

Chiude il numero un’approfondita intervista, Perché non guariamo?, a Vincenzo Esposito, medico esperto di terapia della biorisonanza, il quale spiega i motivi del suo innovativo approccio medico “integrato”, volto cioè al superamento della distinzione fra medicina “omeopatica” ed “allopatica”.

 

Precisiamo che la rivista verrà stampata e spedita in abbonamento annuale per chiunque ne faccia richiesta (visitando e compilando il modulo nell’ap-posita pagina che sarà disponibile a breve sul sito) a partire dal prossimo numero e non, come precedentemente annunciato, da questo.

 

Buona lettura a tutti.

 

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