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07
Maggio 2012

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La città dell'uomo

RICORDI DELLA PERIFERIA NAPOLETANA

Redazione

 

Presenti: Giulio, Leandro, Vincenzo, Serena ed Elena come gruppo di inchiesta sul quartiere Marianella, e Palma, Antonio e Annamaria come memoria storica dell’evoluzione di questo quartiere della periferia Nord di Napoli

 

Giulio: Vorremmo cominciare intanto con l’inquadrare la zona del quartiere Marianella dai diversi punti di vista. Dal punto di vista dell’economia, ci piacerebbe capire la gente che vive in questo luogo che lavoro svolge, come si mantiene, qual è la situazione, insomma, da questo punto di vista. In secondo luogo ci interessa molto, rispetto al piano della politica, capire quali forze politiche fossero presenti tra gli anni sessanta e settanta. A partire da questi due piani, l’ideale sarebbe riuscire a ricostruire, infine, un certo spaccato antropologico della gente di Marianella, ricostruire la loro evoluzione nel tempo. Arrivando, ad esempio, al fenomeno della droga oggi in questo quartiere, divenuto sicuramente un tema centrale.

 

Palma: Direi sicuramente, rispetto al piano strutturale, che oggi, all’età che abbiamo, non possiamo non trovare Marianella decisamente cambiata. Se torno con il pensiero a come era negli anni settanta, quando ero una bambina, ricordo che il paesaggio era prevalentemente agricolo, c’erano delle famiglie possidenti di terreni, mentre alcuni di questi erano anche dati in affitto, come per esempio quelli della famiglia di mio padre. Questa situazione si protraeva a partire dalla fine dell’Ottocento. L’intera zona era abitata da famiglie di agricoltori che lavoravano e abitavano le case edificate sui terreni; famiglie come i Marfella, i Fioretti, i Salzano costituivano i vari ceppi di famiglie. Chissà può essere che ancora oggi ci sia rimasto qualcuno; ricordo, di quando camminando per quei luoghi, che ora sono del tutto degradati per via dello sviluppo degli anni settanta delle case popolari, percorrevo delle strade, forse non tenute benissimo, ma piene di profumi di ciclamini, di limoni, profumi provenienti dagli orti e dai giardini che popolavano i dintorni; ancora oggi il ricordo di quei glicini è vivo nella memoria...

Mia madre mi raccontava poi che all’inizio del secolo Marianella addirittura era considerato luogo di villeggiatura da parte di famiglie benestanti di Napoli, che venivano a trascorrere l’estate in questi luoghi di campagna. Mia nonna infatti che possedeva una masseria, oggi scomparsa, detta Renza vascia fittava stanze a villeggianti provenienti da Napoli. La mia famiglia, d’altra parte, uscì particolarmente svantaggiata dallo sviluppo urbanistico che interessò questa zona; possedevamo una masseria che, ampliata negli anni cinquanta, aveva accolto il susseguirsi delle generazioni di questa famiglia, famiglia patriarcale, costituita di giovani che erano forza di lavoro per la campagna, gente che abitava là perché doveva lavorare la terra. La Masseria e tutto il terreno intorno, infatti, ci venne espropriato dalla Metropolitana per farne un deposito ...

 

Giulio: In che anni eravamo?

 

Palma: Sicuramente intorno alla fine degli anni ottantapensa noi avevamo una casa a due livelli e ci hanno dato una casa a 1 livello e 8 milioni, ridicolo! Senza considerare il terreno che era coltivato principalmente a ciliegi, e che era un terreno fertile per qualunque coltura. Quando ci espropriarono il terreno ricordo che mio padre ricordava gli alberi da frutta impiantati insieme con il padre a suo tempo. I funzionari della ditta della costruzione della metropolitana non capivano, non riuscivano a considerare il valore, anche affettivo, di tutto questo. Ma il problema più complesso da superare allora per noi fu lo smembramento della famiglia: intorno a questa masseria, infatti, ogni componente aveva costruito una propria casetta per sé e per i suoi figli. La nostra disperazione allora non era tanto perdere la casa, in quanto la situazione non era, di suo, proprio agevole: le case erano collegate con la strada principale in modo disagevole, con un viottolo non asfaltato e che diventava fangoso con la pioggia. Il danno peggiore, invece, era proprio il disagio derivante dallo smembramento della famiglia, dal momento che non c’era la possibilità di trovare una sistemazione unica per tutti, ognuno veniva relegato ad una sua sistemazione separata.

Marianella, d’altra parte, ha vissuto il momento peggiore proprio negli anni settanta in occasione della costruzione del famoso rione Siberia[1]. Fino al momento in cui si erano realizzate le case popolari, si era riusciti infatti a far integrare i nuovi con quelli che già abitavano la zona; eravamo allora tra il ‘63-‘64...

La cosa positiva era che i nuovi abitanti non venivano da fuori, ma si trattava delle famiglie preesistenti a cui erano state consegnate le nuove costruzioni,

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Antonio: Sì, molte delle persone che occuparono le case popolari erano originarie di Marianella, c’era una buona condizione di integrazione tra la gente del luogo.

Rione S. Alfonso è stato il primo rione di case popolari, vicino alla piazza di Marianella… io ricordo che noi eravamo cinque fratelli, e ci assegnarono una casa nel quartiere Marianella, quartiere di cui, prima di allora io non avevo mai sentito nemmeno il nome. Venni la prima volta insieme con mio fratello, in una giornata autunnale. La casa ci fu assegnata nei primi anni ‘60. Io sono venuto ad abitare qui nel 1963; ricordo che scendemmo per la strada di sant’Alfonso che di lì porta alla piazza di Marianella. Io venivo da Fuorigrotta e pensai: Mamma mia dove sono capitato. Capii, in ogni modo, che c’erano vari tipi di famiglie: famiglie originarie di Marianella, famiglie, invece, di Napoli, e famiglie ricche raccomandate, tra cui ad esempio, quella di un giudice che anche lui abitava nelle case popolari. Voglio dire, insomma, che il primo impatto con la situazione per me fu abbastanza depressivo; per chi veniva da Napoli il luogo era meno trafficato, dava l’impressione di un posto povero, e degradato anche perché l’edilizia stessa era trascurata …

Andai ad abitare vicino al centro del quartiere, dove era il bar antico, attaccato al centro. L’integrazione per chi veniva da fuori fu, però, poi molto semplice, devo dire che trovai un ambiente che non mi sarei aspettato. Stiamo parlando di un’epoca ancora molto vicina al dopo guerra; c’erano dei luoghi e delle occasioni di aggregazione come la squadra di calcio, l’associazione del Carmine, quei luoghi e quelle strutture di aggregazione che poi dopo sono mancati. All’epoca c’era innanzi tutto gente originaria di Marianella che aveva un suo peso a Marianella. Mi integrai in pochissimo tempo, inizialmente entrando a far parte della squadra di calcio. C’era, comunque, in genere un grande fervore culturale, pensate che vicino a me abitava Ciro Ciccarelli, figlio del direttore della banda musicale di Marianella. Sì, la banda musicale infatti era un altro pretesto di aggregazione. Il papà di Pino Ciccarelli, Natalino, e tutti i ragazzi che suonavano ciascuno almeno uno strumento, chitarra, sassofono, si suonava ovunque; io, in verità, ci provai ma non sapevo suonare nemmeno… il campanello!

Era un quartiere popolare, ed io a differenza della gente originaria di Marianella, di origine contadina, essendo arrivato solo allora, ho avuto pochi contatti con le persone contadine. I miei contatti erano principalmente persone addette all’edilizia, muratori, imbianchini, piastrellisti. Sì, era un quartiere popolare, povero, ma non misero: nessuno si moriva di fame e si praticava la solidarietà. Devo dire che era un bel vivere a Marianella a quei tempi perché c’era contaminazione fra chi già era del posto e la gente che veniva da fuori e che portava una ventata di novità, come, ad esempio, gli scacchi… Uno dei giochi più praticati a Marianella, può sembrare strano, ma è così. Arrivò, infatti, uno che lo propose e poi a ruota venne seguito da molti. Ma ovviamente si giocava anche a scopone. Prima di cominciare a partecipare alla vita politica di quegli anni ricordo scene di vita a Marianella, che, a ripensarci, sembrano tratte da "Amici miei"... Il bar aveva un Juke box, ma, in verità, pochi avevano soldi da metterci, allora il proprietario per far vedere che c’era gente li metteva lui stesso i soldi: i dischi più suonati erano quelli di Claudia Ricci, Maria… l’ambiente era sicuramente abbastanza goliardico …

Oggi si ha paura di andare a Marianella, pensando ai tempi passati, i luoghi, infatti, non si riconoscono più. Quello che disturba è in particolare l’arroganza dei giovani. Marianella non è più il luogo dove riconosco le mie origini. Io ho conosciuto, ad esempio, mia moglie a Marianella… C’erano senz’altro fenomeni di campanilismo tra gente del centro e gente della campagna, ma tutto avveniva in una dimensione umana molto differente dall’attuale situazione; i campanilismi si risolvevano pacificamente, non succedeva mai niente di pericoloso: prese in giro, sfottò fini a se stessi, ecco, tutte cose senza conseguenze. Il senso delle cose era quello di stare insieme, vivere aggregati.

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Palma: Ma tu te le ricordi le feste di paese a S. Gerardo a cui appartenevano quelli del centro, e la festa della Madonna del Carmine di quelli di a basc, tutte espressioni di questo campanilismo che dici tu?

 

Antonio: Come no! Certo che le ricordo… anche il calcio ovviamente era un motivo di orgoglio campanilistico. Sì, ci si scontrava, ma non si trascendeva mai, avveniva tutto in una dimensione pacifica, ci si limitava ad esprimere l’appartenenza ad un dato quartiere, ad una data squadra, ad un dato santo, tutto si risolveva in scontri civili non violenti, principalmente goliardici, di sfottò.

 

Palma: Pure il boss di Marianella era un tipo decisamente pacifico.

 

Antonio: La parola camorra non la usavamo ancora, c’era il più guappo di Marianella, quello che pretendeva di fare tutto quello che gli passava per la testa. Allora però non si usavano armi. Se vai, invece, a vedere che fine hanno fatto i discendenti di questo guappo ti accorgi che sono stati tutti sterminati. Quello che ha determinato il degrado e la fine della convivenza pacifica a Marianella è stata, non tanto lo sviluppo dell’edilizia popolare, o meglio non solo, ma una certa concomitanza di più eventi: lo sviluppo dell’edilizia popolare, in particolare con la realizzazione del quartiere Siberia, che ha permesso l’arrivo di famiglie nuove di Chiaia che non si identificavano con il luogo tutto a Marianella; contemporaneamente la crescita del traffico di droga, con cui si cercava un guadagno facile. Da lì in poi tutto è finito in una specie di massacro. Siamo intorno alla fine degli anni '70.

 

Leandro: La gente come reagì di fronte a questo cambiamento?

 

Antonio: Devo dire con paura, con il progressivo ritrarsi; all’epoca lo chiamavamo riflusso. D’altra parte anche nella politica ci fu un riflusso, prima di allora la droga, come la camorra erano fenomeni a noi sconosciuti.

 

Leandro: Quindi questo cambiamento è arrivato dall’esterno, non è partito da Marianella.

 

Antonio: Il fenomeno sarà pure partito dall’esterno, ma ha trovato terreno fertile al proprio interno per espandersi; moltissime famiglie originarie di Marianella, infatti, ne sono state protagoniste. Ciò che è successo è stato individuare nel mercato della droga un facile mezzo di guadagno, questo ha attirato un marea di giovani.

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Leandro: Quindi stiamo dicendo che Marianella non ha saputo difendere dalle invasioni esterne il proprio territorio.

 

Antonio: Beh, oggi l’informazione è molto più veloce, facile; allora parliamo di un fenomeno che si sviluppava all’interno di un quartiere popolare, con bassa scolarizzazione, e in cui pochi avevano la consapevolezza di cosa significasse veramente la droga. Il tema si affrontava con superficialità, oggi sicuramente i giovani sono più informati… allora ci fu una grande diffusione principalmente dell’eroina, per quanto si iniziò prima con hashish, marijuana. Quelli che entrarono nel meccanismo cominciarono a vedere soldi che non avevano mai immaginato di potersi sognare… i problemi, i massacri certo non avvenivano a causa della droga in sé, ma erano conseguenza della lotta per il controllo del florido mercato che si era sviluppato… sono state coinvolte non solo famiglie appartenenti ai guappi già riconosciuti e affermati nel decennio precedente, ma anche famiglie normali, famiglie di gente che lavorava. È stato l’impatto con la droga che lì ha portati ad essere prima consumatori, e poi anche spacciatori di queste sostanze.

Io non voglio fare assolutamente un collegamento automatico tra l’arrivo della gente di fuori, di qualsiasi provenienza, e il degrado. Si è trattata di una concomitanza di eventi, non so neanche quanto casuali, la quale, tuttavia, alla fine ha portato al cambiamento. Io credo che senza l’avvento della droga, probabilmente, non si sarebbe arrivati a ciò.

Voglio ricordare che la gente che è arrivata a Marianella nelle case popolari negli anni sessanta, aveva ottenuto il diritto ad occupare quelle case grazie a decenni di lotte condotte con l’appoggio dei partiti socialisti e comunisti dell’epoca; non era gente sbandata, era gente che aveva ottenuto la casa perché aveva lottato. Persone sane, abituate al lavoro, a far valere i propri diritti, gente che aveva lottato e che aveva tutto l’interesse a mantenere in buono stato i posti che per cui aveva lottato. All’epoca si crearono comitati che curavano i giardini, con il fine di tenere tutto in ordine, c’erano poi comitati dedicati alla manutenzione delle aree occupate, comitati di quartiere. Chiaramente quanto la gente che arriva è molta, arriva sia gente per bene che gente meno, arriva di tutto; anche nel rione S. Alfonso infatti arrivarono persone d’estrazione e cultura diversa. La differenza, forte, rispetto ad oggi, secondo me, è che c’erano allora luoghi di aggregazione. Il periodo storico era diverso, si trattava degli anni ’60. Quando io sono entrato nella mia casa era il 1963, la formazione del Rione Siberia risale invece a circa 10 anni dopo, parliamo degli anni tra il ‘72/'73. Periodo a cui possiamo far risalire in una certa misura l’inizio del degrado diffusosi poi alla fine degli anni '70 e all’inizio anni '80.

 

Palma: Il primo rione, il rione sant’Alfonso ha visto sicuramente lo svilupparsi di un’integrazione, che, invece, poi non si è verificata con il successivo rione Siberia

 

Leandro: Distinguiamo i nuclei che ci sono oggi nella Marianella tutta urbanizzata.

Al Rione S. Alfonso hanno costruito altri palazzi che noi ancora chiamiamo case rosse.

Poi ci sta la terra della sig.ra Morricone, poi ancora le case di Romeo, costruite in modo vergognoso e secondo un progetto architettonico alienante. In questi palazzi, infatti, si sale su scale che sono di ferro, come quelle si utilizzano per le scale antincendio nei luoghi pubblici. Sembra di stare in uno di quei penitenziari che si vedono nei film americani; pensate, invece, che queste costruzioni hanno preso un’area che era di un palazzo antichissimo, la sua coorte interna.

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Antonio: Giù alle Case Maffei, invece, le case sono state fatte in modo più attento, rispettando meglio i parametri, con un progetto che si chiamava progetto di recupero. Hanno costruito i palazzi senza abbattere niente, rispettando l’architettura originaria, sono rimaste le corti, le scale, hanno messo in sicurezza, così si sarebbe dovuto fare, quel progetto risaliva alla giunta Valenzi…

 

Serena: Devo dire solo esternamente però, non internamente; perché dove abitavo io c’era una parte ancora antica che è stata completamente abbattuta.

 

Antonio: Sì, è vero, ma non hanno fatto obbrobri tipo scale di ferro, hanno rispettato per quanto possibile l’architettura originaria e ci hanno rimesso le stesse persone di prima della ricostruzione, le hanno trasferite solo temporaneamente altrove, poi le hanno riportate là. Rimase quindi il nucleo originario di quel posto all’interno di case decenti e quanto più possibile simili a come erano prima.

 

Leandro: Giulio mi diceva che Marianella fa circa 10.000 abitanti; Giulio, ti riferivi solo a Marianella o comprendevi nel calcolo anche Piscinola?

 

Giulio: No, solo Marianella.

 

Antonio: In verità i confini tra Marianella e Piscinola non è che siano poi tanto netti. Andrebbero messi nel conto poi questi insediamenti di case popolari di nuova generazione che sono enormi e credo contengano molta gente.

 

Palma: Pensate che ci sono palazzoni che arrivano fino ad oltre 12/13 piani, mentre lo spazio in estensione che occupano è pochissimo.

 

Leandro: La densità è molto alta insomma!

 

Antonio: D’altra parte, anche architettonicamente il rione S. Alfonso è assai diverso dal rione Siberia e da quelli successivi, perché la casa che ebbi assegnata io…

 

Leandro: Che legge era quella per l’assegnamento delle case popolari, la legge 219[2]?

 

Antonio: Non ricordo la legge, ma pensandoci erano costruzioni Ina Casa, …erano palazzi di 4 piani, ancora oggi, soltanto due di questi arrivano a 6/7 piani. Allora ci sembravano quasi dei grattacieli, pensate voi…

 

MARZO 2012

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[1] Il Rione Siberia costituisce l’insediamento avvenuto a Marianella tra gli anni settanta e ottanta avvenuto di una parte di popolazione residente in precedenza nell’omonimo rione napoletano (il Rione Siberia originario), situato tra piazza Carlo iii e la stazione centrale, che tuttora è esistente.

[2] La legge 219 è la legge che fu promulgata il 14/05/1981 in seguito agli eventi sismici che interessarono la Campania nel Novembre del 1980 e nel Febbraio 1981 (http://www.difesa.suolo.regione.campania.it/component/option,com_remository/Itemid,0/func,startdown/id,61/)