La città dell'uomo
RICORDI DELLA PERIFERIA
NAPOLETANA
Presenti: Giulio, Leandro, Vincenzo,
Serena ed Elena come gruppo di inchiesta sul quartiere Marianella, e
Palma, Antonio e Annamaria come memoria storica dell’evoluzione di
questo quartiere della periferia Nord di Napoli
Giulio:
Vorremmo cominciare intanto con l’inquadrare la zona del quartiere
Marianella dai diversi punti di vista. Dal punto di vista dell’economia,
ci piacerebbe capire la gente che vive in questo luogo che lavoro
svolge, come si mantiene, qual è la situazione, insomma, da questo punto
di vista. In secondo luogo ci interessa molto, rispetto al piano della
politica, capire quali forze politiche fossero presenti tra gli anni
sessanta e settanta. A partire da questi due piani, l’ideale sarebbe
riuscire a ricostruire, infine, un certo spaccato antropologico della
gente di Marianella, ricostruire la loro evoluzione nel tempo.
Arrivando, ad esempio, al fenomeno della droga oggi in questo quartiere,
divenuto sicuramente un tema centrale.
Palma:
Direi sicuramente, rispetto al piano strutturale, che oggi, all’età che
abbiamo, non possiamo non trovare Marianella decisamente cambiata. Se
torno con il pensiero a come era negli anni settanta, quando ero una
bambina, ricordo che il paesaggio era prevalentemente agricolo, c’erano
delle famiglie possidenti di terreni, mentre alcuni di questi erano
anche dati in affitto, come per esempio quelli della famiglia di mio
padre. Questa situazione si protraeva a partire dalla fine
dell’Ottocento. L’intera zona era abitata da famiglie di agricoltori che
lavoravano e abitavano le case edificate sui terreni; famiglie come i
Marfella, i Fioretti, i Salzano costituivano i vari ceppi di famiglie.
Chissà può essere che ancora oggi ci sia rimasto qualcuno; ricordo, di
quando camminando per quei luoghi, che ora sono del tutto degradati per
via dello sviluppo degli anni settanta delle case popolari, percorrevo
delle strade, forse non tenute benissimo, ma piene di profumi di
ciclamini, di limoni, profumi provenienti dagli orti e dai giardini che
popolavano i dintorni; ancora oggi il ricordo di quei glicini è vivo
nella memoria...
Mia madre mi raccontava poi che
all’inizio del secolo Marianella addirittura era considerato luogo di
villeggiatura da parte di famiglie benestanti di Napoli, che venivano a
trascorrere l’estate in questi luoghi di campagna. Mia nonna infatti che
possedeva una masseria, oggi scomparsa, detta Renza vascia fittava
stanze a villeggianti provenienti da Napoli. La mia famiglia, d’altra
parte, uscì particolarmente svantaggiata dallo sviluppo urbanistico che
interessò questa zona; possedevamo una masseria che, ampliata negli anni
cinquanta, aveva accolto il susseguirsi delle generazioni di questa
famiglia, famiglia patriarcale, costituita di giovani che erano forza di
lavoro per la campagna, gente che abitava là perché doveva lavorare la
terra. La Masseria e tutto il terreno intorno, infatti, ci venne
espropriato dalla Metropolitana per farne un deposito ...
Giulio:
In che anni eravamo?
Palma:
Sicuramente intorno alla fine
degli anni ottanta…
pensa noi avevamo una casa a due livelli e ci hanno dato una casa
a 1 livello e 8 milioni, ridicolo! Senza considerare il terreno che era
coltivato principalmente a ciliegi, e che era un terreno fertile per
qualunque coltura. Quando ci espropriarono il terreno ricordo che mio
padre ricordava gli alberi da frutta impiantati insieme con il padre a
suo tempo. I funzionari della ditta della costruzione della
metropolitana non capivano, non riuscivano a considerare il valore,
anche affettivo, di tutto questo. Ma il problema più complesso da
superare allora per noi fu lo smembramento della famiglia: intorno a
questa masseria, infatti, ogni componente aveva costruito una propria
casetta per sé e per i suoi figli. La nostra disperazione allora non era
tanto perdere la casa, in quanto la situazione non era, di suo, proprio
agevole: le case erano collegate con la strada principale in modo
disagevole, con un viottolo non asfaltato e che diventava fangoso con la
pioggia. Il danno peggiore, invece, era proprio il disagio derivante
dallo smembramento della famiglia, dal momento che non c’era la
possibilità di trovare una sistemazione unica per tutti, ognuno veniva
relegato ad una sua sistemazione separata.
Marianella, d’altra parte, ha vissuto il
momento peggiore proprio negli anni settanta in occasione della
costruzione del famoso rione Siberia[1]. Fino al momento in
cui si erano realizzate le case popolari, si era riusciti infatti a far
integrare i nuovi con quelli che già abitavano la zona; eravamo allora
tra il ‘63-‘64...
La cosa positiva era che i nuovi
abitanti non venivano da fuori, ma si trattava delle famiglie
preesistenti a cui erano state consegnate le nuove costruzioni,
Antonio:
Sì, molte delle persone che occuparono le case popolari erano originarie
di Marianella, c’era una buona condizione di integrazione tra la gente
del luogo.
Rione S. Alfonso è stato il primo rione
di case popolari, vicino alla piazza di Marianella… io ricordo che noi
eravamo cinque fratelli, e ci assegnarono una casa nel quartiere
Marianella, quartiere di cui, prima di allora io non avevo mai sentito
nemmeno il nome. Venni la prima volta insieme con mio fratello, in una
giornata autunnale. La casa ci fu assegnata nei primi anni ‘60. Io sono
venuto ad abitare qui nel 1963; ricordo che scendemmo per la strada di
sant’Alfonso che di lì porta alla piazza di Marianella. Io venivo da
Fuorigrotta e pensai: Mamma mia
dove sono capitato. Capii, in ogni modo, che c’erano vari tipi di
famiglie: famiglie originarie di Marianella, famiglie, invece, di
Napoli, e famiglie ricche raccomandate, tra cui ad esempio, quella di un
giudice che anche lui abitava nelle case popolari. Voglio dire, insomma,
che il primo impatto con la situazione per me fu abbastanza depressivo;
per chi veniva da Napoli il luogo era meno trafficato, dava
l’impressione di un posto povero, e degradato anche perché l’edilizia
stessa era trascurata …
Andai ad abitare vicino al centro del
quartiere, dove era il bar antico, attaccato al centro. L’integrazione
per chi veniva da fuori fu, però, poi molto semplice, devo dire che
trovai un ambiente che non mi sarei aspettato. Stiamo parlando di
un’epoca ancora molto vicina al dopo guerra; c’erano dei luoghi e delle
occasioni di aggregazione come la squadra di calcio, l’associazione del
Carmine, quei luoghi e quelle strutture di aggregazione che poi dopo
sono mancati. All’epoca c’era innanzi tutto gente originaria di Marianella che
aveva un suo peso a Marianella. Mi integrai in pochissimo tempo,
inizialmente entrando a far parte della squadra di calcio. C’era,
comunque, in genere un grande fervore culturale, pensate che vicino a me
abitava Ciro Ciccarelli, figlio del direttore della banda musicale di
Marianella. Sì, la banda musicale infatti era un altro pretesto di
aggregazione. Il papà di Pino Ciccarelli, Natalino, e tutti i ragazzi
che suonavano ciascuno almeno uno strumento, chitarra, sassofono, si
suonava ovunque; io, in verità, ci provai ma non sapevo suonare nemmeno…
il campanello!
Era un quartiere popolare, ed io a
differenza della gente originaria di Marianella, di origine contadina,
essendo arrivato solo allora, ho avuto pochi contatti con le persone
contadine. I miei contatti erano principalmente persone addette
all’edilizia, muratori, imbianchini, piastrellisti. Sì, era un quartiere
popolare, povero, ma non misero: nessuno si moriva di fame e si
praticava la solidarietà. Devo dire che era un bel vivere a Marianella a
quei tempi perché c’era contaminazione fra chi già era del posto e la
gente che veniva da fuori e che portava una ventata di novità, come, ad
esempio, gli scacchi… Uno dei giochi più praticati a Marianella, può
sembrare strano, ma è così. Arrivò, infatti, uno che lo propose e poi a
ruota venne seguito da molti. Ma ovviamente si giocava anche a scopone.
Prima di cominciare a partecipare alla vita politica di quegli anni
ricordo scene di vita a Marianella, che, a ripensarci, sembrano tratte
da "Amici miei"... Il bar
aveva un Juke box, ma, in verità, pochi avevano soldi da metterci,
allora il proprietario per far vedere che c’era gente li metteva lui
stesso i soldi: i dischi più suonati erano quelli di Claudia Ricci,
Maria… l’ambiente era sicuramente abbastanza goliardico …
Oggi si ha paura di andare a Marianella,
pensando ai tempi passati, i luoghi, infatti, non si riconoscono più.
Quello che disturba è in particolare l’arroganza dei giovani. Marianella
non è più il luogo dove riconosco le mie origini. Io ho conosciuto, ad
esempio, mia moglie a Marianella… C’erano senz’altro fenomeni di
campanilismo tra gente del centro e gente della campagna, ma tutto
avveniva in una dimensione umana molto differente dall’attuale
situazione; i campanilismi si risolvevano pacificamente, non succedeva
mai niente di pericoloso: prese in giro, sfottò fini a se stessi, ecco,
tutte cose senza conseguenze. Il senso delle cose era quello di stare
insieme, vivere aggregati.
Palma:
Ma tu te le ricordi le feste di paese a S. Gerardo a cui appartenevano
quelli del centro, e la festa della Madonna del Carmine di quelli di
a
basc, tutte espressioni di questo campanilismo che dici tu?
Antonio:
Come no! Certo che le ricordo… anche il calcio ovviamente era un motivo
di orgoglio campanilistico. Sì, ci si scontrava, ma non si trascendeva
mai, avveniva tutto in una dimensione pacifica, ci si limitava ad
esprimere l’appartenenza ad un dato quartiere, ad una data squadra, ad
un dato santo, tutto si risolveva in scontri civili non violenti,
principalmente goliardici, di sfottò.
Palma:
Pure il boss di Marianella era un tipo decisamente pacifico.
Antonio:
La parola camorra non la usavamo ancora, c’era il più
guappo di Marianella, quello
che pretendeva di fare tutto quello che gli passava per la testa. Allora
però non si usavano armi. Se vai, invece, a vedere che fine hanno fatto
i discendenti di questo guappo
ti accorgi che sono stati tutti sterminati. Quello che ha determinato il
degrado e la fine della convivenza pacifica a Marianella è stata, non
tanto lo sviluppo dell’edilizia popolare, o meglio non solo, ma una
certa concomitanza di più eventi: lo sviluppo dell’edilizia popolare, in
particolare con la realizzazione del quartiere Siberia, che ha permesso
l’arrivo di famiglie nuove di Chiaia che non si identificavano con
il luogo tutto a Marianella; contemporaneamente la crescita del traffico
di droga, con cui si cercava un guadagno facile. Da lì in poi tutto è
finito in una specie di massacro. Siamo intorno alla fine degli anni '70.
Leandro:
La gente come reagì di fronte a questo cambiamento?
Antonio:
Devo dire con paura, con il progressivo ritrarsi; all’epoca lo
chiamavamo riflusso. D’altra parte anche nella politica ci fu un
riflusso, prima di allora la droga, come la camorra erano fenomeni a noi
sconosciuti.
Leandro:
Quindi questo cambiamento è arrivato dall’esterno, non è partito da
Marianella.
Antonio:
Il fenomeno sarà pure partito dall’esterno, ma ha trovato terreno
fertile al proprio interno per espandersi; moltissime famiglie
originarie di Marianella, infatti, ne sono state protagoniste. Ciò che è
successo è stato individuare nel mercato della droga un facile mezzo di
guadagno, questo ha attirato un marea di giovani.
Leandro:
Quindi stiamo dicendo che Marianella non ha saputo difendere dalle
invasioni esterne il proprio territorio.
Antonio:
Beh, oggi l’informazione è molto più veloce, facile; allora parliamo di
un fenomeno che si sviluppava all’interno di un quartiere popolare, con
bassa scolarizzazione, e in cui pochi avevano la consapevolezza di cosa
significasse veramente la droga. Il tema si affrontava con
superficialità, oggi sicuramente i giovani sono più informati… allora ci
fu una grande diffusione principalmente dell’eroina, per quanto si
iniziò prima con hashish, marijuana. Quelli che entrarono nel meccanismo
cominciarono a vedere soldi che non avevano mai immaginato di potersi
sognare… i problemi, i massacri certo non avvenivano a causa della droga
in sé, ma erano conseguenza della lotta per il controllo del florido
mercato che si era sviluppato… sono state coinvolte non solo famiglie
appartenenti ai guappi già
riconosciuti e affermati nel decennio precedente, ma anche famiglie
normali, famiglie di gente che lavorava. È stato l’impatto con la droga
che lì ha portati ad essere prima consumatori, e poi anche spacciatori
di queste sostanze.
Io non voglio fare assolutamente un
collegamento automatico tra l’arrivo della gente di fuori, di qualsiasi
provenienza, e il degrado. Si è trattata di una concomitanza di eventi,
non so neanche quanto casuali, la quale, tuttavia, alla fine ha portato
al cambiamento. Io credo che senza l’avvento della droga, probabilmente,
non si sarebbe arrivati a ciò.
Voglio ricordare che la gente che è
arrivata a Marianella nelle case popolari negli anni sessanta, aveva
ottenuto il diritto ad occupare quelle case grazie a decenni di lotte
condotte con l’appoggio dei partiti socialisti e comunisti dell’epoca;
non era gente sbandata, era gente che aveva ottenuto la casa perché
aveva lottato. Persone sane, abituate al lavoro, a far valere i propri
diritti, gente che aveva lottato e che aveva tutto l’interesse a
mantenere in buono stato i posti che per cui aveva lottato. All’epoca si
crearono comitati che curavano i giardini, con il fine di tenere tutto
in ordine, c’erano poi comitati dedicati alla manutenzione delle aree
occupate, comitati di quartiere. Chiaramente quanto la gente che arriva
è molta, arriva sia gente per bene che gente meno, arriva di tutto;
anche nel rione S. Alfonso infatti arrivarono persone d’estrazione e
cultura diversa. La differenza, forte, rispetto ad oggi, secondo me, è
che c’erano allora luoghi di aggregazione. Il periodo storico era
diverso, si trattava degli anni ’60. Quando io sono entrato nella mia
casa era il 1963, la formazione del Rione Siberia risale invece a circa
10 anni dopo, parliamo degli anni tra il ‘72/'73. Periodo a cui possiamo
far risalire in una certa misura l’inizio del degrado diffusosi poi alla
fine degli anni '70 e all’inizio anni '80.
Palma:
Il primo rione, il rione sant’Alfonso ha visto sicuramente lo
svilupparsi di un’integrazione, che, invece, poi non si è verificata con
il successivo rione Siberia
Leandro:
Distinguiamo i nuclei che ci sono oggi nella Marianella tutta
urbanizzata.
Al Rione S. Alfonso hanno costruito
altri palazzi che noi ancora chiamiamo
case
rosse.
Poi ci sta la terra della sig.ra
Morricone, poi ancora le case di Romeo, costruite in modo vergognoso e
secondo un progetto architettonico alienante. In questi palazzi,
infatti, si sale
su scale che sono di ferro, come quelle si utilizzano per le scale
antincendio nei luoghi pubblici. Sembra di stare in uno di quei
penitenziari che si vedono nei film americani; pensate, invece, che
queste costruzioni hanno preso un’area che era di un palazzo
antichissimo, la sua coorte interna.
Antonio:
Giù alle Case Maffei, invece,
le case sono state fatte in modo più attento, rispettando meglio i
parametri, con un progetto che si chiamava progetto di recupero. Hanno
costruito i palazzi senza abbattere niente, rispettando l’architettura
originaria, sono rimaste le corti, le scale, hanno messo in sicurezza,
così si sarebbe dovuto fare, quel progetto risaliva alla giunta Valenzi…
Serena:
Devo dire solo esternamente però, non internamente; perché dove abitavo
io c’era una parte ancora antica che è stata completamente abbattuta.
Antonio:
Sì, è vero, ma non hanno fatto obbrobri tipo scale di ferro, hanno
rispettato per quanto possibile l’architettura originaria e ci hanno
rimesso le stesse persone di prima della ricostruzione, le hanno
trasferite solo temporaneamente altrove, poi le hanno riportate là.
Rimase quindi il nucleo originario di quel posto all’interno di case
decenti e quanto più possibile simili a come erano prima.
Leandro:
Giulio mi diceva che Marianella fa circa 10.000 abitanti; Giulio, ti
riferivi solo a Marianella o comprendevi nel calcolo anche Piscinola?
Giulio:
No, solo Marianella.
Antonio:
In verità i confini tra Marianella e Piscinola non è che siano poi tanto
netti. Andrebbero messi nel conto poi questi insediamenti di case
popolari di nuova generazione che sono enormi e credo contengano molta
gente.
Palma:
Pensate che ci sono palazzoni che arrivano fino ad oltre 12/13 piani,
mentre lo spazio in estensione che occupano è pochissimo.
Leandro:
La densità è molto alta insomma!
Antonio:
D’altra parte, anche architettonicamente il rione S. Alfonso è assai
diverso dal rione Siberia e da quelli successivi, perché la casa che
ebbi assegnata io…
Leandro:
Che legge era quella per l’assegnamento delle case popolari, la legge
219[2]?
Antonio:
Non ricordo la legge, ma pensandoci erano costruzioni
Ina
Casa, …erano palazzi di 4 piani, ancora oggi, soltanto due di
questi arrivano a 6/7 piani. Allora ci sembravano quasi dei grattacieli,
pensate voi…
MARZO 2012
[1]
Il Rione Siberia costituisce l’insediamento avvenuto a
Marianella tra gli anni settanta e ottanta avvenuto di una parte
di popolazione residente in precedenza nell’omonimo rione
napoletano (il Rione Siberia originario), situato tra piazza
Carlo iii e la stazione centrale, che tuttora è esistente.
[2] La legge 219 è la legge che fu promulgata il 14/05/1981 in seguito agli eventi sismici che interessarono la Campania nel Novembre del 1980 e nel Febbraio 1981 (http://www.difesa.suolo.regione.campania.it/component/option,com_remository/Itemid,0/func,startdown/id,61/)