Senescenza (del) Capitale – Lettere
IL
MIO SOGNO
Adriano
Casassa
Pubblichiamo con piacere di seguito una lettera inviataci
dall’economista Adriano Casassa (autore del romanzo
Il gioco estremo, edito da Fanucci), in riferimento al nostro ultimo
numero. Per quanto i nostri percorsi e le nostre discussioni ci portino
a considerare in un qualche modo “inconciliabili” l’organizzazione
privata della produzione e lo sviluppo autentico della vita delle
generazioni del futuro, su cui Casassa sembra non pensarla così, ci
troviamo, però pienamente in sintonia con lui, quanto all’ispirazione di
trovare una via d’uscita alla pericolosa
impasse del sistema d’oggi, la
quale passi per la rigenerazione della creatività sociale dei popoli.
Buon giorno Massimo
ho letto il suo articolo[1] e per curiosità
anche il successivo, quello del Sr Marziale sulla decrescita.[2]
Ciò che Lei ben descrive è la triste verità.
Il sistema economico attuale è una follia collettiva, un
impeto nichilista, i suoi attori sono vittime di una malattia mentale,
persone infelici che seminano tristezza e veleni in cambio di una
ricchezza che non sana la voragine aperta nello spirito e nella loro
salute.
Ho conosciuto numerosi miliardari, Le assicuro che al
contrario dei luoghi comuni l’eccessiva ricchezza rende schiavi,
solitudine e diffidenza la accompagnano, l'angoscia di una minor
ricchezza è costante, perché l'io si identifica con soldi e potere che
lo definiscono.
Riguardo l’articolo scritto dal Sr Marziale, leggo che si
negano capacità maieutiche alla teoria della decrescita.
Io credo che ne abbia. Spinge a concepire un sistema
diverso da quello attuale. Fa nascere il desiderio di chiudere fabbriche
velenose, limitare consumi pericolosi, riflettere su un mondo diverso,
genera sogni.
A questo punto, Vi racconto il mio sogno, una proposta per
un mondo migliore. Per prima cosa, in un sistema economico è necessario
come postulato un valido stimolo ai suoi attori, una motivazione per la
cellula base dell’organismo sociale: l’uomo. Occorre quindi un premio a
chi ha capacità e volontà superiori, un riconoscimento per chi lavora
meglio e più degli altri. Questo è l’unico motore economico affidabile,
riconoscere la differenza fra le persone, il valore inteso come grado di
dedicazione, determinazione e bravura nell’agire. Incentivi ideali
spirituali, basati sull’uguaglianza, si sono dimostrati inefficaci e di
corto respiro.
Fatta questa premessa, l'azione economica generale si
svolge in uno scenario capitalista, con la differenza che è regolata da
un’unica legge, semplice e chiara, che non concede eccezioni e il cui
rispetto deve essere garantito in maniera esemplare:
ogni prodotto fabbricato
dall'uomo deve essere compatibile con la vita al 100%.
Se non si rispetta questo principio di facile controllo,
non può esserci produzione. Oggi, una simile regola significherebbe la
cancellazione dell'80% del PIL mondiale e risulta improponibile ad una
classe politica deformata da un’ottica di breve termine.
È quindi necessario un allungamento dell’orizzonte
economico, che includa un periodo di transizione industriale, la
cancellazione di vecchi bisogni e la creazione di nuovi. Uno sforzo di
riconversione stimolato e diretto da campagne pubblicitarie
intelligenti, ispirate da etica e rispetto per la vita in tutte le sue
forme. Una regola base come questa usa la scienza per decidere cosa è
bene e cosa non lo è. Se un prodotto non è riciclabile o peggio avvelena
nell’atto del suo consumo non si produce e basta.
La compatibilità con la salute umana è ricercata
attivamente e le risorse mondiali e tecnologiche sono focalizzate alla
riconversione produttiva.
Le azioni possibili sono molteplici e attivano fantasia e
creatività.
In questa sede è preferibile omettere le distorsioni
parassitarie del sistema finanziario, mi limito a sognare banche che
ottengono profitti finanziando industrie impegnate in attività etiche.
In questo sistema, orientato al benessere, la finanza segue e appoggia i
settori nel cambio di trasformazione della materia. Materia è, ad
esempio, il settore automobilistico. L’auto dopo il sogno iniziale è di
fatto divenuta un incubo, un’arma di distruzione di massa. Un “bene” che
emana gas letali dissipandoli ovunque nelle strade e dove non arrivano
le macchine arrivano le moto e i motorini. Ebbene niente è più
incompatibile con la vita che il motore a scoppio, industria sinergica a
quella petrolifera. Eppure l’attuale follia economica si ostina a
focalizzarsi su un settore maturo, afflitto da una guerra di prezzi. Nel
2008, dopo la grande caduta nelle mani del Nulla di una ventina di
trilioni di dollari, il rilancio dell’industria ha dato all’auto la più
grande attenzione. L’obiettivo è vendere auto ad ogni persona e
fargliela cambiare in tempi sempre più rapidi. Un desiderio assurdo,
simile a quello perseguito in numerosi altri settori. L’enorme ricchezza
scomparsa e ora concentrata nelle mani di uomini divenuti Dei del Nulla
e messa al servizio di un sistema industriale affetto da ossessione
produttiva.
L’obsolescenza programmata è la droga che il sistema usa
per non collassare, una droga pesante che estende la ripetizione
indefinita del consumo ai beni una volta durevoli. L’effetto collaterale
è la distruzione di migliaia di posti di lavoro di tecnici specializzati
nella riparazione, la creazione di montagne di rifiuti e l’inevitabile
annichilazione vitale.
È talmente surreale che non sembra vero possa succedere.
Ci obblighiamo a lavorare il triplo per vendere quello che facciamo e
ricomprarcelo sempre più spesso. Un circolo perverso, una corsa
alimentata da demenza e pazzia.
Atena, dea della saggezza, non puoi più parlare agli
uomini?
Un’ottica quantitativa è fatale, gli interessi che
persegue sono aziendali, ma le aziende, composte da persone, sono
organismi alieni con fini e necessità incompatibili con quelle umane.
Ricordo le prime parole del libro di economia aziendale
usato in Bocconi:
«L’azienda è
un’organismo sociale operante per il benessere collettivo».
Parole ormai vuote.
È improrogabile un ritorno all’interesse umano, difeso e
aiutato da una tecnologia applicata, dedicata all’energia, alla
biodegradabilità, al riciclo programmato, alla selezione produttiva.
Oggi che senso ha parlare di raccolta differenziata?
In un mondo dove si muovono un miliardo di macchine a
petrolio che nebulizzano nell’aria miliardi di tonnellate di gas e
polverizzano quattro miliardi di pneumatici? Ogni macchina ha cinque
pneumatici e l’industria ne ha in magazzino altrettanti. Chi può
affermare di poter riciclare cinque o dieci miliardi di pneumatici
consumati?
Chi ricicla quattordici miliardi di scarpe di plastica
calzate da sette miliardi di persone? Sappiamo che la media reale è di
tre, quattro o meglio cinque o più paia di scarpe a persona. E allora
chi ricicla ventotto, quarantadue o settanta, cento miliardi di scarpe?
Chi ha il coraggio di affermare che questo è possibile? Un pazzo, un
bugiardo!
Nessuno nel momento di produrre si preoccupa quanto sia
difficile o impossibile riciclare, l’importante è vendere. Gli esempi
sono numerosi, senza fine.
Ingenuo è anche chi ipotizza come soluzione l’energia
eolica o fotovoltaica senza sapere che queste energie seppur sviluppate
al massimo possono soddisfare una piccola quota di una fame energetica
globale in continuo aumento. Chi si illude che il cambio è già in corso,
confortatosi con pubblicità di macchine ecologiche a benzina ed
ecoincentivi ama ingannare se stesso. Chi gioisce osservando le stazioni
per ricarica elettrica, non pensa a come si produce l’elettricità. Lo
stesso dicasi per chi parla di idrogeno senza sapere che l’idrogeno non
è presente in natura se non in quantità ridicole e che la produzione
industriale di un litro di idrogeno necessita più energia di quanta
restituisce.
Un mondo diverso deve essere istruito da un’informazione
intelligente che sposta il desiderio collettivo da mali travestiti a
beni veri, da soluzioni false a soluzioni reali. La raccolta
differenziata applicata all’industria attuale è la beffa che si aggiunge
al danno. L’energia eolica e la fotovoltaica sono soluzioni fornite dai
petrolieri a una società che bisogna tranquillizzare.
Il Mondo politico si è unito per trovare in pochi mesi
migliaia di miliardi necessari a rifinanziare un sistema bancario
sospetto di frode, ma rimane diviso e inconcludente per lanciare
finalmente un programma di abbandono urgente dell’energia fossile e
derivati. Chi aspetta l’esaurimento delle riserve aspetta Godot,
trivellazioni sempre più profonde e pericolose continuano a posporre una
data che slitta da cinquanta anni.
Esistono brevetti di plastiche biodegradabili e reattori
di nuova generazione in grado di bruciare le scorie di uranio 238
esistenti. Esistono tecnologie solari diverse dal fotovoltaico,
basterebbe iniziare a ricoprire il Nord Africa e tutti i deserti di
specchi e produrre milioni di Terawatt. Inoltre, usare gli specchi
raffredderebbe il clima, riducendo l’effetto serra. Sono tutte
tecnologie dormienti, che forti investimenti e determinazione
internazionale per essere sviluppate e affinate renderebbero attive. Il
potere tecnologico guida la scelta dell’uomo, è patrimonio del sapere
umano, un bene che non deve essere contaminato da miopia e nichilismo.
In questi tempi oscuri, la Terra avvelenata avvelena
l’uomo.
È la trama inquietante di una storia mitologica?
I danni spirituali sanati da una fiorente industria di
psicofarmaci, legali e non, sono errori nel calcolo costi e benefici.
La Dea Cerere è la prima tossicodipendente per eccellenza.
Concimi e chimica la avvelenano ogni giorno, le industrie agro
alimentari li usano in nome di promesse di benessere e cibo abbondante,
smentite da raccolti velenosi, campi sterilizzati, frutti manipolati
geneticamente e prezzi in aumento.
Il sogno che ci deve animare è una società dove il 40% del
PIL è dedicato alla cultura, alla cura dell’alimentazione, ad un
informazione scientifica diffusa e chiara. Il benessere del corpo è la
base di una mente senza distorsioni. Immagino un mondo dove mangiano
tutti poco ma bene. In questo sogno gli Dei dell’Olimpo ridono e chi
detiene strumenti di ipnosi di massa diviene un dio impotente, sconfitto
dalle capacità critiche di una società colta. Invece oggi Giove Olimpico
piange, e tutto l’Olimpo lo fa quando osserva olimpiadi in città come
Pechino, tanto contaminate da rendere un suicidio allenarsi, giochi
celebrati nell’angoscia di battere primati a costo di drogare gli
atleti. Un trucco beffardo per avvallare la falsa evoluzione umana.
Immagino orari lavorativi ridotti a venti ore settimanali
perché robot e computer lavorano per noi. Immagino un mondo che rimane
diverso e originale, sebbene nella consapevolezza di essere parte di
un’unica essenza.
Immagino giornali che riportano la scomparsa del cancro e
non nascondono in ventesima pagina la sua proliferazione, sbandierando
nella portata un aumento della vita che le ultime tendenze negano,
facendo sorgere il terribile sospetto si tratti di un effetto
artificiale di breve termine, pronto ad implodere e in tutto simile a
quello ingannevole dei raccolti agricoli abbondanti, ma solo nei primi
anni di trattamento chimico.
In un mondo evoluto la ricchezza non è anelata, ma
perseguita dai poveri di spirito che dedicano il tempo all’accumulo di
beni, coltivando l’illusione che il possesso possa aggiungere qualcosa a
ciò che sono.
Immagino un mondo dove Corano e Bibbia sono considerati
favole, dove si ritorni all’amore dell’uomo, alla Natura, la Dea
immanente che tutti vediamo e tocchiamo, il plasmatore dell’essere,
colei che ci nutre.
L’indagine su chi ha creato l’essere non interessa,
venerando la creazione veneriamo anche un possibile massimo Artefice,
questo basta e risolve un problema con troppe risposte diverse che
generano solo conflitti.
Immagino parchi dove si curano e rispettano alberi, fiumi
e stagni, dove ci si incontra a discutere, leggere e giocare, confortati
dal ritorno alla Terra ed ai suoi profumi, dove si nutrono ed elevano la
potenzialità della mente, preparandola al salto umano verso il rango
divino.
Lo so, tutto questo si definisce utopia, ma il termine
utopia svilisce la fantasia a livello dell’impossibile. La fantasia è
l’intima essenza della Vita. Amore è fantasia, illusione all’apogeo.
Negare la possibilità di un tale futuro è negare la forza dell’amore,
negare la vita, insultare la creazione.
L’inferno potrebbe essere la terribile conseguenza
dell’attuale follia universale, una minaccia concreta, generata da un
effetto serra fuori controllo e un clima impazzito, confermato dalle
ultime misurazioni del centro spaziale europeo.
Chi fra noi ormai alzando lo sguardo vede un futuro
migliore?
Perché in molti si comportano come se il futuro non
esistesse?
Perché non esiste?
Sono numerosi coloro che disprezzano l’uomo, parlano di un
cancro del pianeta meritevole della più terribile delle punizioni,
radiazioni e chemioterapia, proprio questo stiamo facendo a noi stessi,
ci stiamo radiando e avvelenando.
L’uomo chiama cancro l’uomo in questa storia mitologica
moderna, la più inquietante che si possa immaginare.
L’uomo è un capolavoro, è il figlio prediletto della
Terra, la creatura a cui è stato dato il massimo potere. Il suo primo
dovere è non tradire la Madre per non tradire se stesso.
Ora il tradimento è totale e per non essere annientata da
chi si oppone alla sua grandezza l’umanità deve legarsi alla Terra,
succhiarne la linfa senza veleni o modifiche genetiche che deformano
l’autenticità del flusso vitale in entrata, alterando chimicamente o
geneticamente il frutto principe del suo essere: il pensiero. Bisogna
guarire dall’attuale delirio di onnipotenza, figlio di un positivismo
spinto al parossismo e riconoscere che la natura è insostituibile.
L’uomo deve allearsi e non confrontarsi con le grandi energie, deve
difendere la purezza delle fonti vitali, solo allora avrà le capacità
per incontrare il suo destino supremo: rendere il sogno d’amore
universale realtà.
Un abbraccio a tutta la redazione di Città future.
Forza e Onore ragazzi.
La vita vincerà.
GENNAIO 2011
[1]
Cfr. Massimo Ammendola, «Ma
quale crisi? L'economia della truffa»,
in Città Future 03.
[2]
Cfr.
Nicola Marziale,
«Contro la decrescita. Ovvero il nemico del mio nemico non
necessariamente è mio amico»,
Ibidem.