Senescenza (del) capitale
MA QUALE CRISI?
L'economia della truffa.
Massimo Ammendola
«L'economia non è una scienza, ma un vano tentativo di narrare la
psicologia».
(Alfred Marshall)
«Sono due storie, la storia ufficiale, menzognera, che ci viene
insegnata, la storia ad usum delphini, e poi la storia segreta, dove si
trovano le vere cause degli avvenimenti, una storia vergognosa».
(Honoré de Balzac)
«Dedicato agli alberi, a chi cerca di divertirsi senza sapere che
qualcuno ha rubato la gioia».
(Adriano Casassa,
Il gioco estremo)
Una semplice
domanda: dove sono finiti i soldi «bruciati»?
«Bruciati 200 miliardi nelle borse»:
uno dei titoli di giornale o telegiornale tipici dei giorni neri della
crisi economica. Ma che significa bruciati? Sono stati carbonizzati?
Oppure anche per l'economia vale il famoso principio di Lavoisier,
«Nulla si crea e nulla si distrugge»? Quando una borsa crolla, non ci
guadagna nessuno?
Da questi dubbi è partita la mia
ricerca, da ignorante in materia, sulla crisi economica, le bolle e le
speculazioni.
La mia ipotesi? La crisi è stata ed è
occasione di creazione di ricchezza per pochissimi, ovvero è stata
proprio creata ad arte. Ringrazio, per avermi fatto venire i primi
dubbi, e per avermi indirizzato e supportato, l'eco-nomista e scrittore
Adriano Casassa (autore del romanzo Il gioco estremo, Fanucci),
apparso negli scorsi anni sugli schermi televisivi italiani, al
Chiambretti Night.
Secondo Casassa, siamo immersi in un
sistema economico che è fondato sul nulla, che crea il denaro dal nulla.
Viviamo in un'epoca di falsa prosperità; una ricchezza derivata dalla
produzione di carta moneta non necessariamente vincolata alla creazione
di ricchezza reale: le borse mondiali capitalizzano 10 volte il
pil del mondo.
Le banche e le assicurazioni, che in
sostanza sono gli attori del mercato finanziario e quindi il mercato
stesso, hanno creato la crisi del 2008.
Hanno venduto piombo dipinto di oro,
pagato bonus miliardari ai manager che le avevano guidate abilmente
verso bancarotte volute e programmate, accumulato montagne di denaro nei
paradisi fiscali.
Alla fine, quando la truffa è venuta a
galla, si sono dichiarate fallite.
Dato che il sistema economico attuale
non può funzionare senza le banche, tutti i governi del mondo sono
intervenuti per rifinanziarle. Così «i ladri», oltre ad avere il bottino
al sicuro in qualche banca di Hong Kong, sono stati rifinanziati dai
governi con migliaia di miliardi prestati a tasso zero.
Ora a soli due anni dalla più grande
truffa globale mai orchestrata, le stesse banche, ovvero il mercato
finanziario, questa entità surreale che si assume per definizione sia
impersonale e regolata da un meccanismo invisibile e perfetto, dichiara
che la Grecia prima, e l'Irlanda poi, non sono paesi sani e quindi esige
dal governo greco e da quello irlandese, interessi da capogiro.
In sostanza i ladri, rifinanziati dai
governi a tasso zero, adesso chiedono tassi da usura a chi li
rifinanziò, dopo che avevano depredato la liquidità del sistema
finanziario mondiale.
Oltre il danno la beffa.
È il capitalismo dei profitti privati e
delle perdite pubbliche: speculo con il denaro degli altri, e se mi va
bene intasco tutti i profitti. Quando va male (e si può anche farla
andare male di proposito,
guadagnandoci), la ripercussione sociale potrebbe essere così pesante
che il governo sarà costretto a ripianare i miei debiti.
È così assurdo ciò che afferma Casassa?
Pare proprio di no.
Lo scopo delle crisi: potere e profitto
Le élite finanziare hanno architettato l'ultima crisi economica per
consolidare potere e capitalizzare profitti sulla pelle di miliardi di
individui, e per poi chiedere ed ottenere finanche una solidale
distribuzione delle perdite a carico dei cosiddetti contribuenti, i
quali, in quanto tali, non si sogneranno mai di rivendicare una solidale
redistribuzione dei guadagni.
Sfruttando da padroni il mercato fino all'osso, illegalmente e con la
compiacenza dei governi, costoro mirano ad esaurire qualsivoglia
produttiva vitalità dei mercati sino alla più completa sterilità degli
stessi.
Lo sfruttamento dei mercati avviene spesso attraverso le cosiddette
«branch», che vengono create per raggiungere determinati obiettivi, fino
all'esaurimento. Quando il mercato è divenuto ormai sterile viene chiusa
la filiale creata per tale scopo, gli utili vengono incassati dalla casa
madre attraverso un giro di scatole cinesi, mentre le perdite restano a
nome della branch che ha dichiarato il fallimento. Vediamo come è
accaduto: importanti banche d'affari,
Citigroup, Bear Stearns, Lehman Brothers e Merrill Lynch, tanto per
citarne solo qualcuna, hanno fatto un triste epilogo. La Lehman è
fallita e ha chiesto l’amministrazione controllata, la Merrill Lynch è
invece stata salvata, o per meglio dire, acquistata dalla Bank of
America.
Come riporta Marcello Pamio, Richard
Fuld, il padre-padrone della Lehman (era la quarta banca d’affari
statunitense) è uscito da questo crack in piedi: dal 1993 fino al 2007
ha conseguito tra stipendi, bonus, stock options, la meravigliosa cifra
di 466 milioni di dollari. Oltre alla buona uscita di 22 milioni di
dollari, maturata prima del fallimento bancario. Ovvero dopo che ha
creato un buco nero di oltre 639 miliardi di dollari, il maggiore crac
della storia economica americana (oltre dieci volte il già gigantesco
buco della Enron, 63,4 miliardi).
Dall’altra parte Stanley O’Neal, ex
numero uno di Merrill Lynch, lascia il suo prestigioso ufficio con una
pensione da 161 milioni di dollari, e questo dopo aver creato una
voragine da 40 miliardi di dollari.
Il mega boss della Citigroup, Chuck
Prince, si è intascato invece 68 milioni di dollari, e l’ex presidente
di Bear Stearns, Jimmy Cayne, «solo» 60 milioni di dollari.
La cosa interessante è che ciò si
ripete ogni qualvolta un'azienda crolla e/o fallisce: i manager escono
sempre a testa alta e con le tasche piene di denaro. Denaro dei
contribuenti.
Le banche che chiudono i battenti sono
il segnale di manovre occulte da parte di coloro che operano dietro le
quinte.
«Questo
fallimento controllato però non
riguarda i grossi Imperi che stanno dietro le quinte, ma le Branch,
cioè i rami collegati, che come in botanica si possono potare quando
diventano marci e inutili»[1].
Basta osservare chi c'è dietro i
principali azionisti di Lehman Brothers e di Merrill Lynch: figurano
molte società che sono riconducibili a quei due gruppi che
controllano realmente l'economia planetaria: il ramo statunitense dei
Rockefeller e quello europeo dei Rothschild. Le due ali dello stesso
avvoltoio, che controllano anche una parte importante degli organi
d'informazione del mondo, che lavora ad una programmata di
disinformazione dell'opinione pubblica.
L'intero andamento del mercato è stato quindi falsato tecnicamente,
attraverso il crollo delle azioni delle banche fallite, ovvero
attraverso manovre speculative ribassiste. Così come erano state pompate
verso il rialzo negli anni passati, per coprire le enormi voragini
nascoste.
Prove tecniche dell'ultima crisi, ad esempio, sono state eseguite nel
1997, quando fu creata un'emorragia finanziaria improvvisa colpendo la
Thailandia e le altre economie asiatiche emergenti: mentre le più grandi
banche mondiali consigliavano d'investire nelle Tigri Asiatiche, alcuni
grossi speculatori già iniziavano a vendere; il mercato crollò, spinto
sempre più al ribasso, provocando perdite spaventose in tutto il mondo.
Fino a quando chi aveva fatto crollare il mercato non ricomprò le azioni
a prezzi ridicoli, generando enormi plusvalenze.
I
profitti della crisi
Inizia a esser più chiaro dov'è finito il denaro «bruciato»? Finisce di
certo in mano a qualcuno.
Anche se non tutto, perché quando un mercato azionario soffre di un
ribasso, ad esempio del 40%, quest'ultimo è il valore patrimoniale
perduto, ma non rappresenta il denaro realmente scambiato. Ma anche se
non tutto, comunque una buona parte di quei soldi «bruciati» in un
ribasso, sono intascati da
qualcuno che sta alla punta della piramide. Man mano che le borse
crollano, qualcuno vede aumentare seriamente i suoi profitti. Al termine
di una bolla speculativa, «i
saldi finali di liquidità si concentrano nelle mani di una percentuale
molto piccola della popolazione. Nel caso della bolla immobiliare e
della crisi dei sub-prime, è chiaro che il denaro è finito nelle mani di
coloro che sono entrati nel settore immobiliare e ne sono usciti in
tempo. Ne hanno raccolto anche, sotto forma di profitti, le imprese che
in tutti questi anni hanno tratto vantaggio dalla forte domanda
finanziata attraverso il credito»[2].
E ciò significa che le banche e i grossi finanzieri sono entrati e
usciti dalla bolla nei tempi giusti per arricchirsene, hanno prima
scommesso sul crollo, assicurandosi, e poi l'hanno fatta scoppiare. Si
succhia un settore, poi se ne esce. È davvero come se le banche non
fossero fallite, hanno semplicemente esaurito la loro funzione.
Mentre la crisi economica sta imperversando in maniera sempre più
drammatica in tutto l’Occidente, tra imprese che chiudono o
delocalizzano, disoccupazione che sale a ritmo forsennato, diritti che
si vaporizzano, un po’ dappertutto s’impongono altri sacrifici ai
lavoratori, ai pensionati, ai giovani.
Eppure c'è anche un’altra faccia della medaglia, quella delle grandi
multinazionali e delle grandi banche, a beneficio delle quali è stata
costruita l’intera operazione, che riescono a decidere la soglia della
sostenibilità economica per le piccole e medie imprese e per interi
popoli, avendo le dimensioni e le risorse per fronteggiare o addirittura
a causare una crisi, se questa può tradursi in un’opportunità per
conquistare un mercato o sbaragliare dei concorrenti.
Come sottolinea Marco Cedolin:
«dai dati dello studio annuale di Mediobanca-R&S, che prende in esame
374 multinazionali (17 delle quali italiane)
per quanto concerne il primo
trimestre 2010, si apprende che il fatturato medio è cresciuto ben del
22% e l’utile netto (udite udite)
perfino del 210%. A trainare questa entusiasmante crescita, l’escalation
del settore energetico, ma anche gli ottimi profitti dei settori auto,
pneumatici e cavi, chimica-farmacia e utilities»[3].
Tra le conseguenze della «crisi», c'è quindi l’incremento dell’utile
netto delle multinazionali, ottenuto in larga parte attraverso
licenziamenti, delocalizzazioni ed annientamento del mondo del lavoro,
superiore di dieci volte a quello del fatturato.
«Un dato che dimostra
inequivocabilmente le ragioni di un cataclisma presentato come
accidentale, ma in realtà
studiato scientemente, per trasformare magicamente il dramma di molti
nel bengodi di pochi»[4].
Grazie a questo crack finanziario globale, la «cupola» finanziaria avrà
in mano non solo materie prime e beni materiali come terreni, oro,
diamanti, petrolio, ma anche risorse primarie, come acqua e energia
elettrica, data la continua spinta alla privatizzazione che li sta
favorendo, concentrando nelle loro mani il controllo globale delle
risorse.
L'arte di costoro è proprio quella di appropriarsi di grandi ricchezze e
poi nascondersi nell'anonimato, infiltrandosi tra le masse di diseredati
e facendo di tutto per confondere le idee a quei pochi che cercano di
vederci un po' più chiaro.
Le bolle speculative sfruttano
l'irrazionalità e l'avidità delle masse, la voglia di arricchirsi e di
emulare i ricchi.
Pur di arricchirsi senza fatica, ognuno di noi sarebbe pronto a tutto:
ce lo conferma la bolla più assurda di tutti i tempi, la prima grande
bolla speculativa della storia, quella dei tulipani, nel 1600, in
Olanda, che funge da modello per tutte le bolle successive. Per colpa
della speculazione sui bulbi, diventati uno status symbol, un oggetto di
tendenza, il prezzo salì al punto che ci si poteva comprare una casa col
valore di un unico bulbo. Poi il mercato crollò. Il prezzo dei bulbi
tornò al suo valore. E la gente perse tutto.
Le bolle sono create dai megaspeculatori. Affinché possa nascere una
bolla speculativa, sono necessari: denaro abbondante (con facile accesso
al credito), avidità sfrenata, e un oggetto del desiderio, che sia
considerato di sicuro valore, da mettere al centro dell'attenzione, e su
cui si ripongono aspettative
generalizzate di ulteriori aumenti, come il mattone per la crisi dei
mutui sub-prime. Successe per i titoli di borsa, che poi portarono alla
crisi del '29; è successo per Internet, durante la bolla della New
Economy; così come è successo ancora più indietro nel tempo: in Olanda,
per i tulipani, nel 1600, in Gran Bretagna, per la Compagnia dei Mari
del Sud. Tutti questi oggetti del desiderio (fiori, società, internet),
hanno avuto a che vedere con un'idea di glamour, di attraente, di nuovo,
erano parte dell'immaginario collettivo, e sono stati scelti per poter
attecchire presto e bene nella gamma dei desiderata. L'interesse
sale, ed ecco che arrivano i polli da spennare, i piccoli-medi
investitori. Quando si è raschiato abbastanza denaro, si lascia
esplodere la bolla.
Insomma, il controllo dell'informazione, la manipolazione e la
sofisticazione sono fondamentali.
Una delle prossime bolle? Potrebbe essere quella delle carte di credito,
oppure quella riguardante la cosiddetta rivoluzione verde. Il
capitalismo ha capito benissimo quanti soldi si possono fare ripulendosi
un po' la faccia, affermando d'esser eco-friendly, ed investendo denaro
nelle tecnologie verdi. E hanno trovato pure il volto adatto per questa
campagna pubblicitaria: Barack Obama[5].
Il capitalismo mutante
Il capitalismo non invecchia, ma cambia
volto, evolve, si rifà il trucco, si riorganizza. Dove ha esaurito le
speculazioni, taglia, fa fallire, elimina. E crea nuove speculazioni,
nuove bolle.
Il capitalismo è fatto da uomini. E a
capo di questo sistema ce ne sono pochi che sanno però benissimo come
moltiplicare ancora e ancora i loro già infiniti profitti.
Questa crisi non è stata un elemento
eccezionale, ma programmato. Al contrario della produzione
industriale del capitalismo, che è totalmente anarchica
(sovra-produce, senza pianificare), qui ci troviamo davanti a una
gestione controllata del mercato finanziario, che è ormai realtà.
Questa crisi è voluta, perché permette
di speculare, rastrellare i risparmi dei piccoli e medi risparmiatori,
ridurre gli stipendi, aumentare le privatizzazioni, e in ultima istanza,
i profitti. È un momento di riorganizzazione del sistema capitalistico.
Questa crisi è stata pianificata.
Crisi economica significa
insoddisfazione sociale e politica, caos e violenza, significa maggiore
possibilità di repressione e controllo sociale.
Non è più possibile credere
all'intrinseca incertezza dei mercati finanziari.
Prima, ad esempio, non esistevano i
derivati: non potevi scommettere apertamente sul crollo di un mercato,
una moneta, una società. Oggi è possibile, grazie ai complicati prodotti
finanziari creati ad hoc. E ciò rende ancora più manipolabili e incerti
i mercati: chi ha investito grossissime cifre nel crollo di qualche
società, può tranquillamente lavorare nell'ombra e far circolare
informazioni, anche false, al fine di raggiungere il proprio obiettivo.
Se si pensa che ancora oggi le borse
oscillino grazie alle idee o agli umori degli operatori di borsa, si ha
una visione romantica del mondo finanziario.
Sovente sui mercati le previsioni avverano se stesse, perché in essi
agiscono persone sempre attente agli «umori» degli altri. E che hanno
quantità di denaro tali da poter provocare l'avverarsi delle previsioni,
o del loro contrario: effettivamente siamo davanti a delle frodi.
Esiste una classe di speculatori di
altissimo livello che manipolano il mercato, quelli alla punta della
piramide: banche e manager di fondi d'investimento, che hanno in mano
cifre enormi. Possono anche non farlo direttamente, ma attraverso le
cosiddette «società-veicolo», non figuranti nei bilanci, attraverso le
quali si effettuano le operazioni più «spinose».
La finanza degli ultimi vent'anni è un
qualcosa di distante dai fondamenti dell'analisi economica che si dava
per scontata, come afferma John Kenneth Galbraith: oggi si è affermata
passo dopo passo una perversa economia della truffa, legalizzata e
formalmente accettata. Per l'economista americano, ci troviamo davanti a
pochi mentitori spudorati, circondati da un mare di ingenui e
parzialmente innocenti portatori d'acqua. I mentitori sono i presidenti
e amministratori delegati diventati super-ricchi, che portano avanti un
deliberato disegno truffaldino. Ma è anche e soprattutto, una
deformazione della realtà che all'inizio viene deliberatamente
perseguita, ma che in seguito si autoalimenta:
«Nella vita reale a comandare non
è la realtà; sono la moda del momento e l'interesse pecuniario»[6].
Uno dei grossi problemi è l'influsso che la moda (truffaldina) ha sui
cittadini-consumatori che posseggono un patrimonio finanziario, un
gregge che segue irrazionalmente i dettami dei «pastori» per stessa
avidità ed invidia, per la voglia di poter guadagnare in maniera facile.
Così si lasciano agire liberamente i «pastori», e inoltre gli si offre i
propri risparmi, che loro utilizzano per poter «giocare», per fare le
loro scommesse. «L'uomo è un
essere profondamente gregario. Isolarsi dal gruppo genera insicurezza e
timore. La gente preferisce piangere accompagnata che ridere da sola.
Chi si mette ad operare nei mercati speculativi, che lo faccia per
speculare o meno, crede (o vuole credere) che il gregge sia guidato da
un saggio pastore»[7].
E, dato per assodato dallo stesso Trìas De Bes che
«le masse non pensano, si
limitano a seguire la direzione del gregge», è evidente che il
gregge, composto dai piccoli-medi investitori, è guidato quindi da una
banda di demoni senza scrupoli.
Derivati & C.: il racket delle agenzie di rating
Il mercato e i suoi strumenti sono cambiati. Oggi nell'arco di pochi
secondi è possibile fare crollare una borsa o trascinare una moneta in
un vortice ribassista. Strumenti finanziari altamente speculativi sono
usati in modo massiccio sul debito degli stati, investendo sulla loro
bancarotta.
Centrale il ruolo delle agenzie di rating: le principali sono le
americane Standard & Poors, Moody's, e Fitch, che valutano imprese e
titoli obbligazionari (con una valutazione che va da AAA a D), e non
sono indipendenti, dato sono entità private, strutturate come società
per azioni (e sono quindi sottoposte al principio del massimo profitto
possibile), effettuando le loro valutazioni a pagamento (con un
potenziale conflitto d'interessi, a volte anche quando non è richiesto).
Basti pensare che, secondo un monitoraggio effettuato dall'Adusbef
(Associazione difesa consumatori ed utenti bancari, finanziari ed
assicurativi) su 1000 report delle agenzie di rating, ovvero consigli
per gli acquisti e/o vendite, sono risultati errati nel 91% dei casi,
mettendo così a repentaglio i risparmi dei risparmiatori, ma permettendo
a chi invece è a conoscenza delle giuste informazioni, di poter
speculare e guadagnare[8].
E le agenzie di rating, hanno partecipazioni dirette, anche attraverso i
membri dei loro consigli direttivi, nelle più grandi corporations e
banche internazionali, anche nelle banche coinvolte nelle operazioni di
finanza derivata, cioè le speculazioni responsabili delle bolle
speculative e dell'attuale crisi finanziaria[9].
Sono quindi una struttura organizzata delle principali banche del
pianeta, le stesse che controllano il sistema finanziario e debitorio
delle nazioni e dell'economia privata e pubblica.
Tra i prodotti finanziari utilizzati
per manipolare il mercato, uno dei più utilizzati è il derivato, una
seconda scommessa su un prodotto precedente: ovvero quando possiedi un
fondo e un'opzione su quel fondo, e l'opzione su quel fondo ti consente
il privilegio (non l'obbligo), di comprare o vendere. Il prezzo del
derivato, si basa sul prezzo di qualcos'altro, è una sorta di complicata
equazione di secondo grado. E si può fare un derivato su tutto. E si
scommette su tutto, Wall Street è davvero un enorme casinò. E i
derivati in circolazione, a metà 2008, ammontavano a 765 trilioni di
dollari, pari 14 volte il pil
del mondo, stando al loro valore nominale. Tuttavia, essendo soggetti a
una regolazione blanda, in quanto considerati contratti tra privati, non
è possibile stabilirne né l’esatto ammontare, né quanti di essi siano
effettivamente gestiti da investitori istituzionali. Formano un mercato
ombra.
Nelle mani di spregiudicati speculatori questi strumenti possono
diventare dei formidabili mezzi per far soldi.
Immaginiamo di essere a conoscenza di un evento che, il giorno seguente,
farà crollare i mercati finanziari ed andrà a colpire alcune società in
modo particolare. Come possiamo sfruttare questa informazione per fare
quanti più soldi possibile, speculando sul disastro imminente?
Possiamo utilizzare i Credit Default Swap, un particolare tipo di
derivati: sono un'assicurazione contro il default, ovvero contro l'atto
di non riuscire a pagare il dovuto, cioè quando non si riesce a far
fronte ai propri debiti. La loro caratteristica criminogena sta nel
fatto di poter esser contratti anche su titoli che non si possiedono.
Immaginiamo che io potessi assicurare casa vostra contro gli incendi, e
non solo con una polizza, ma con dieci polizze. Diventerei il più
interessato a mandare a fuoco casa vostra! Perché voi avreste il danno
ed io incasserei 10 volte il valore di casa vostra.
E
questo accade anche con gli Stati!
Dato che i cds vengono
calcolati sulla base del rischio di default, basti ipotizzare che,
conoscendo un paese critico, in un'apparente situazione economica e
politica di calma, come ad esempio la Grecia, cominci ad acquistare
cds sui titoli greci. Mi
costano poco perché non risultano ancora dei problemi evidenti.
Poi rendo pubblico che il debito greco è insostenibile, come realmente
è, attraverso voci di corridoio, attraverso gli organi di stampa,
attraverso le agenzie di rating.
Gli occhi vengono puntati sulla Grecia, e coloro che possiedono titoli
greci cercano di venderli, ma non trovano compratori. Ecco che si
infiamma la questione: il rischio che nessuno più comperi i titoli greci
cresce e con esso la valutazione dei
cds su di essi.
Chi ha titoli cerca di «assicurarsi» contro il default, ed allora io
vendo quei cds che avevo
acquistato a poco prezzo, ad un valore molto più alto.
Se poi la Grecia va effettivamente o no in default non interessa, il
guadagno (enorme) l'ho portato a casa.
Il sistema dei derivati e dei future, privo di controllo e limite,
diventa così una macchina per distruggere. Infatti i più grossi guadagni
si ottengono quando la quotazione di un’azione aumenta o diminuisce
notevolmente, in generale è difficilissimo che un’azione guadagni grosse
cifre (100 euro, o 100 dollari, ad esempio) in pochi giorni. Simili
sobbalzi spaventosi del listino sono invece frequenti quando un’azione
crolla. Quindi se il mio gioco è guadagnare al di là di ogni sogno più
smodato sarà probabile che io speri nei crolli, e se sono un bastardo
che manipola il mercato gestendo informazioni riservate (vere o false
che siano), cercherò di usare il mio potere di manipolazione per
distruggere un’azienda piuttosto che per farne schizzare in alto la
quotazione. Distruggere è più facile che costruire, diffondere il panico
è meno costoso che diffondere l’ottimismo.
E l'esempio principe è ciò che sta
accadendo con l'euro, che è da tempo sotto attacco (speculativo): con
i Credit swap, questi contratti con cui ci si assicura anche dal rischio
di fallimento di un'emittente di titoli, si contribuisce a mandare a
picco la stabilità dell'euro, minando
la stabilità economica europea, provocando una golosa crisi finanziaria
che indebolisca un'alleanza monetaria recente e ancora debole.
Un'inchiesta del New York Times ha rivelato come la Grecia,
supportata da Goldman Sachs ed altre banche d'affari di Wall Street,
abbia mascherato i propri conti pubblici attraverso meccanismi di
trading finanziario, aggirando il Patto di Stabilità europeo. Gli stessi
metodi utilizzati da Wall Street per creare la bolla speculativa dei
mutui sub-prime, sono stati replicati con le finanze pubbliche della
Grecia e di altri paesi europei, Italia inclusa.
Per entrare nel Trattato di Maastricht, Italia e Grecia, in particolare,
tagliarono i loro deficit con l'uso dei derivati, che non appaiono
ufficialmente nei bilanci.
E
le stesse agenzie di rating, che hanno aiutato a occultare i deficit ai
paesi europei, hanno poi speculato e fatto speculare sugli stessi: nel
momento in cui declassano il rating della Grecia o dell'Irlanda, si
tratta di una chiara manovra speculativa, essendo in combutta con le
banche d'affari.
Un caso scuola di attacco speculativo, orchestrato dalle agenzie di
rating? Contro l'Italia, nella primavera 2010: l'agenzia Moody's, tra il
6 e il 7 maggio ha fatto girare due notizie totalmente diverse. Il 6,
alle 11.47, le agenzie di stampa titolavano:
«Crisi: Moody's, banche a rischio in Italia e altri quattro paesi».
Il 7, alle 9.35, invece, titolavano:
«Crisi: Moody's, Italia non è più
tra i paesi a rischio». In poco più di 24 ore, però, si è registrata
una discesa in picchiata di tutti i titoli bancari. È stata praticamente
diffusa una notizia non vera, provocando una reazione da parte di
potenziali speculatori, come ammise lo stesso ministro degli Affari
esteri, Franco Frattini[10].
Le agenzie di rating e i loro compari, insomma, oltre ad aver generato
crisi sistemiche, si continuano ad arricchire grazie ai rialzi e ribassi
immotivati, o meglio, provocati, dalle loro manovre.
Ai primi di marzo 2010, è addirittura il Wall Street Journal che
scrive che le maggiori banche americane e i maggiori hedge funds, i
fondi d'investimento ad alto rischio, hanno sferrato un massiccio
attacco all'euro: si afferma che in un summit tra questi soggetti, sia
stato stilato un piano preciso: dichiarato inevitabile il dissesto
greco, e quindi il crollo dell'euro, i
cds avrebbero fruttato
guadagni enormi. Ed effettivamente così è accaduto. I vertici degli
hedge funds avrebbero deciso di concordare una serie di mosse per
speculare al ribasso sulla moneta unica, per mettere così ancor più
sotto pressione l'Europa, alle prese coi rischi di un default greco. A
supporto dello scoop, il giornale sottolineava il numero di contratti
futures ribassisti stipulati nella settimana successiva: circa 60.000,
secondo Morgan Stanley.
Per «salvare la Grecia», tra i miliardi
di Ue e Fondo Monetario Internazionale, e il programma illimitato di
swap della Federal Reserve, il prezzo finale da pagare sarà sicuramente
più alto del trilione di dollari. Questa ipotetica impresa di
contenimento non è altro che un piano di salvataggio (l'ennesimo) per le
più grandi banche del mondo. La maggior parte del debito dei
piigs (Portogallo,
Irlanda, Italia, Grecia e Spagna) è controllato da importanti banche
francesi e tedesche. Un improvviso default avrebbe messo in discussione
la solvibilità di queste banche per la seconda volta in due anni. Oltre
a costituire un appiglio per le banche, offre respiro ai governi in
questione, che stavano sperimentando o rischiavano di sperimentare dei
conflitti civili. Inoltre soccorre gli irrequieti mercati azionari.
Queste sono le principali ragioni che hanno spinto verso un piano di
salvataggio.
Sia il Vecchio Continente che lo stato della California arriveranno,
assieme nei prossimi tre anni a dover pagare gli interessi sul loro
debito corrente, più il triliardo di dollari del salvataggio, e poi
ripagare il debito maturato. In aggiunta è probabile che contrarranno
nuovi debiti per finanziare i continui deficit di bilancio. Chi saranno
gli unici a guadagnarne ancora una volta? Le banche.
Wall Street 2 – Il denaro non dorme mai:
invenzione o realtà?
A volte vedere un film ci fa pensare
automaticamente che stiamo guardando un'invenzione, l'idea stessa che
sia un prodotto di fantasia agisce inconsciamente e non ci fa prendere
totalmente sul serio ciò che accade nella pellicola. Ma a volte i
produttori di Hollywood si divertono a dipingere proprio così come sono
alcune delle più oscene realtà della nostra società. A tal proposito
consiglio fortemente il film Wall Street 2 – Il denaro non dorme mai
di Oliver Stone.
Offre uno spaccato dell'ultima crisi
economica spietatamente preciso, descrivendo proprio la forte
manipolabilità del mercato. A partire da quella che è una vecchia
(illegale e diffusa) tattica, ovvero quella dell’uso di informazioni
riservate (o false), diffuse ad arte o tenute segrete, utilizzate per
sapere in anticipo quali azioni saliranno o scenderanno; ma qualcuno si
spinge un po’ più in là organizzando graziosi complotti allo scopo di
far crollare un’azienda, dopo averle scommesso contro in borsa.
Ma Stone fa anche luce su una delle
novità perverse dell'economia: guadagnare sulle perdite. Il film inizia
con il proprietario della grossa banca d'investimento Keller Zabel, che
si interroga su come sia possibile che la sua società possa fare tanti
milioni di profitto (e ciò significa che sta andando bene,
evidentemente), ma allo stesso tempo andare male in borsa, perché magari
tu stesso stai scommettendo sulle tue perdite, e ci stai guadagnando...
E in Wall Street 2, proprio la Keller
Zabel (che potrebbe benissimo essere la Lehman Brothers), subisce
un'operazione truffaldina: un'altra grossa banca d'affari, la
Churchill Schwartz, nell'ombra
(attraverso fondi off-shore e società non collegate), scommette una
fortuna sul crollo della Keller Zabel, acquistando derivati e vendendo
allo scoperto (forma di speculazione ribassista, si effettua non
possedendo direttamente i titoli), e nel frattempo mette in giro voci
sul fatto che la Keller Zabel non se la passi troppo bene, avendo
investito troppo in titoli giudicati «tossici».
Tutto questo produce il crollo del
titolo «Keller Zabel».
In un vertice con tutte le maggiori banche del paese, la Keller Zabel
chiede allora disperatamente di essere aiutata, ma la Churchill Schwartz
nega l'aiuto necessario, nonostante tutte le banche avessero titoli
tossici in bilancio, condannandola così al fallimento. La Churchill
Schwartz allora si offre di
ricomprare la banca in crisi a un prezzo stracciato, a 3 $ per azione,
una miseria, dato che ne costava 79 un mese prima.
Risultato: una grossa banca se ne
mangia un'altra a bassissimo costo. E non dimentichiamo i mega profitti
prodotti dalla scommesse vinte sul crollo!
Ecco uno scenario ipotetico, quello che ci offre Stone, eppure molto
simile a ciò che è accaduto realmente.
La vera storia dei mutui subprime
E cosa c'è dietro la crisi economica
scoppiata nel 2006? Pare sia nata dalla crisi dei mutui americani, o
almeno così ci hanno spiegato tv e giornali. Ma non fu così semplice
come i mezzi d'informazione hanno voluto farci credere.
Un ottimo esempio esplicativo lo
propose proprio Casassa, una sera, al Chiambretti Night, quando disse
qualcosa del genere (i video di Casassa sono purtroppo spariti dalla
rete): ci vogliono far credere che questa crisi sia nata dai mutui
sub-prime americani. Un po' come se a Pavia, nessuno dei cittadini
pagasse più il mutuo, e ciò provocasse una crisi economica mondiale!
Qualcosa non quadra.
Facciamo allora qualche passo indietro:
per molti anni le banche centrali (fed,
bce) hanno tenuto
artificialmente bassi i tassi di sconto, cioè il costo del denaro. Tassi
estremamente bassi hanno indotto milioni di persone nel mondo
occidentale, e in particolar modo negli States, ad indebitarsi nei
confronti delle banche per acquistare casa. Il risultato fu che il mondo
entrò in una fase di espansione monetaria che si cibò del mercato
immobiliare.
La fed ha praticamente
triplicato la quantità di dollari e di credito in circolazione dal 1990
ad oggi. I prezzi delle case sono aumentati drammaticamente, non a causa
della semplice interazione tra domanda ed offerta, ma perché la
fed ha letteralmente
«creato la domanda», facendo sì che il costo dei prestiti fosse
artificialmente basso. Si crearono le condizioni per il «credito
facile». Quando il credito
è a buon mercato, gli individui tendono a prendere in prestito troppo ed
a spendere senza alcun freno.
Questo non vuol dire che tutte le banche e le aziende di Wall Street
siano senza peccato, anzi. Quando il credito è a buon mercato, perché
non prestare soldi in modo più avventato ad individui ai quali
normalmente non l'avresti fatto? Anche con tassi di bancarotta più alti,
i prestatori possono fare profitti enormi semplicemente grazie al volume
degli affari più alto.
E
allora, per rimettere in moto l'economia dei consumi, sono stati creati
i mutui sub-prime, ovvero mutui concessi a persone che non potevano
garantire il pagamento dello stesso (i mutui prime, sono invece quelli
stipulati con debitori affidabili). Ed è diventata una vera e propria
industria capitanata da alcune delle principali banche.
Furono setacciati tutti i clienti, anche i peggiori, perché le banche
richiedevano, ai propri dipendenti, obiettivi trimensili più alti del
solito: ad esempio, invece di due mutui, se ne dovevano riuscire a fare
quaranta, imponendo ai loro dipendenti obiettivi smisurati, e chi non li
raggiungeva, era fuori.
La banca così mandava a chiamare anche il cliente più insolvente,
emetteva il mutuo, con il quale costui comprava casa, contando sul fatto
che dopo due anni avrebbe potuto rivenderla ad un prezzo di molto
superiore al mutuo, intascandosi la differenza.
La banca, non contenta, vendeva tutto il mutuo ad una società creata
apposta con capitale sociale ridicolo, una «società-veicolo», non
figurante nel bilancio (magari domiciliata nei paradisi fiscali), la
quale colleziona un certo numero di tali mutui, li unisce ed emette dei
cdo (Collateralized debt
obligation, pacchetti di bond o di derivati). Insomma, li impacchetta, e
li vende come se fossero un investimento sicuro, garantendo (falsamente)
un basso livello di rischio: molti revisori hanno infatti classificato
questi mutui e questi derivati come accettabili, pur sapendo che si
mischiavano debiti di massima qualità con debiti «scadenti», mutui prime
con subprime, e così via. In tal modo diluivano il (loro) rischio.
Per rendere più difficile il percorso all'indietro, altre società zombie
(prive di un capitale adeguato) raccolgono questi titoli ed emettono
altri titoli, si creano le cosiddette «salsicce avvelenate», in un gioco
di scatole cinesi, in cui, alla fine, è impossibile risalire ai vari
impacchettatori e a quali mutui fanno riferimento.
La beffa finale? Quando poi le case vengono pignorate per non aver
pagato i mutui (quando sono crollati i prezzi, il valore è diventato di
molto inferiore al mutuo residuo), vengono tirate in causa le società
impacchettatrici, le quali, avendo capitali ridicoli, rispetto ai valori
trattati, falliscono immediatamente. Così si tronca l'aggancio con quel
poco di garanzia, costituita dalle case pignorate che restano in mano ai
primi «impacchettatori», i quali manterranno tali beni. Così, se il
numero di impacchettamenti e successive divisioni ha raggiunto il vero
scopo, facendo fallire tali società, si tronca qualsiasi legame tra
titolo e società che detiene il bene. Dopo qualche anno potrà rivendere
la rimanenza e intascarsi il maltolto, alla faccia di tutti coloro che
invece hanno perso tutto.
Le banche dirigono l'Orchestra
È evidente che le banche sono
praticamente impazzite di fronte al denaro abbondante, dimenticandosi
volutamente dei rischi. Le banche d'investimento ricevevano così tanto
denaro dagli investitori, che cercavano qualunque credito da
impacchettare e rivendere sotto forma di investimento. Non solo hanno
venduto i mutui a banche straniere come prodotti finanziari dal
sicurissimo rendimento, impacchettandoli con un bel fiocco rosso, ma
hanno studiato prodotti finanziari che non contenevano solo mutui ma
anche cambiali relative ad automobili, crediti a studenti e persino
debiti associati a carte di credito, per poi venderli (sempre
impacchettandoli col nastro rosso) come
asset di classe AAA.
Chi riceve un prestito potrebbe diventare inadempiente, così il suo
prestito viene venduto a qualcun altro. Semplice e molto redditizio.
Per esempio la Bear Sterns si metteva
in contatto con piccole e medie banche di Stati americani, che di solito
non concedevano mutui, e diceva loro di venderne, poiché se li sarebbero
comprati loro. «Concedetene quanti ne volete, che tanto non ve li
ritroverete neanche in bilancio, non vi dovrete assumere il rischio di
un mancato pagamento». C'era denaro, molto denaro, e bisognava
accaparrarselo tutto.
Se le banche d'investimento non
avessero rivenduto i mutui sub-prime delle banche, queste non avrebbero
potuto concedere altri crediti, avendo già i sub-prime nei bilanci. Non
è stato fatto. Invece, i manager hanno ricevuto bonus stratosferici,
vendendo debiti spazzatura, minando il sistema dalla base, per poi
andare a recuperare anche le case pignorate appena si saranno calmate le
acque, dopo aver ricevuto i soldi dallo Stato per chiudere le falle da
loro stessi create.
Le agenzie di rating hanno valutato
positivamente questi prodotti spazzatura, proprio perché ricevono una
commissione variabile in funzioni alla quantità di prodotti finanziari
valutati, essendo entità private e controllate da banche e
multinazionali.
Inoltre, le banche commerciali, che
offrono depositi e concedono crediti, non avevano mai concesso
mutui che coprivano il 100% della somma. E invece si arrivò a
concedere il 120% della somma. Altro criterio classico è che la quota
mensile da rifondere non deve superare il 35% del reddito familiare,
invece furono approvati i mutui la cui quota rappresentava il 60% o il
70% del reddito. E le banche non prestavano solo il denaro dei depositi,
ma anche quello che ricevevano dalle banche internazionali attraverso il
mercato interbancario, che va restituito a breve scadenza.
Inoltre, il denaro che giungeva alle
famiglie per comprare appartamenti e beni di consumo, favoriva anche
tanti altri soggetti, faceva andare avanti l'economia. La locomotiva
andava avanti veloce per tutti, perché fermarla?
«Vuoi vedere la fine del mondo?»
Con il crollo del mercato immobiliare,
ci sono state perdite a gogo (in Wall Street 2, Susan Sarandon
interpreta un'ex infermiera, reinventatasi speculatrice immobiliare che
quando crolla il mercato, vede crollare così anche le quotazioni delle
sue case, e non può più recuperare i soldi precedentemente investiti).
Le banche hanno visto crollare i loro margini di profitto dalle
quotazioni superpompate delle case, e così hanno dichiarato la crisi:
avevano in mano 70.000 miliardi in derivati. Una perdita di 800 miliardi
di $. Provocata da istituti che sapevano sarebbe finita così. Perché si
può scommettere sul crollo del mercato, creandolo, quel crollo.
Vendendo derivati, sub-prime, futures,
swap, qualunque titolo-spazzatura. Sapevano che l'illusione dei mutui
avrebbe fatto crollare il mercato, e quando il crollo si è avverato, si
sono fatti comprare i titoli tossici dal Governo, senza perdere un
dollaro.
È questo il vero impero del male.
Ancora Wall Street 2 ci offre la
visione di ciò che è accaduto: scoppia la crisi, le banche si riuniscono
col governo, che viene spaventato e praticamente minacciato: entro 5
giorni tutte le banche saranno fallite, dovete salvarle. E così chiedono
praticamente una statalizzazione! Uno dei banchieri, parlando con uno
dei rappresentanti del governo, minaccia:
«Senza di noi, la musica si
fermerà, il ballo sarà finito, non ci sarà più la storia. Sarà
bancarotta in una settimana, i bancomat non sputeranno più soldi, la
gente andrà nel panico; vuoi vedere la fine del mondo?». E così è
andata, il governo americano ha salvato le banche: il piano di
salvataggio statunitense è costato più del piano Marshall, dell'acquisto
della Louisiana, delle missioni lunari, del piano di salvataggio per la
crisi delle S&L, della guerra di Corea, del New Deal, della guerra in
Iraq, della guerra in Vietnam e dell'intero budget della Nasa di sempre.
Non presi singolarmente, bensì sommati[11].
Su internet gira una battuta, che
riassume bene la faccenda: «Se
devi fare un'appropriazione indebita falla bella grossa, perché così il
governo verrà in tuo soccorso».
Ciò che completa questo drammatico
quadro, è l'elemento forse più inquietante e meno conosciuto di tutta
questa questione: la tragedia dei mutui sub-prime e della Lehman
Brothers, nel 2008, avvenne soprattutto perché, proprio mentre li
finanziavano, le banche e gli hedge funds comprarono i titoli
assicurativi contro la bancarotta, intascando miliardi di dollari al
loro crollo, da essi stessi aizzato. Tra i colossi a capo di questa
megaspeculazione: il Sac Advisors e il Soros Fund Management. Dopo aver
manovrato i mercati internazionali, e averli fatti crollare, hanno messo
a punto un ultimo grande colpo, la richiesta di salvataggio al governo
Usa.
Come si è scoperto pubblicamente, la
stessa Goldman Sachs ha creato un titolo, l'Abacus 2007-ac1, con cui
scommetteva contro il mercato immobiliare, anche contro i suoi stessi
clienti possessori di prodotti collegati ai mutui. La Sec (organismo di
controllo, la Consob americana) ha denunciato l'operazione, riconoscendo
praticamente la responsabilità di Wall Street nel crollo del mercato
immobiliare. Secondo la Sec, la Goldman Sachs manipolava le
informazioni, ne rilasciava di inesatte, omettendo fatti chiave.
E ricordiamo che Goldman Sachs ha avuto
come consulenti i principali uomini politici della «sinistra» e della
destra italiana degli ultimi anni, da Lamberto Dini a Romano Prodi, da
Mario Monti, passando al gran visir di Berlusconi Gianni Letta, fino
all'attuale governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi: i disegni
criminosi di Goldman Sachs non possono essere portati a termine senza la
complicità dei istituzioni politiche ed economiche.
Il grande colpo
Il periodo della presidenza Bush era
stato caratterizzato dalla più grande ondata di crimini finanziari, come
racconta Micheal Moore nel suo ultimo film Capitalism – A love story.
Le élite, alla fine del mandato, con
l'elezione presidenziale dietro l'angolo, erano preoccupate che le
baldorie potessero finire. Dopo aver raggirato milioni di persone,
pignorandogli le case, facendogli dichiarare bancarotta in caso di
malattia, e convincendo ad investire stipendi e pensioni al
Casino Wall Street, decisero
di fare un ultimo colpo, dopo trenta anni di festa ininterrotta: farsi
comprare tutti i titoli tossici dal governo. Ma avevano bisogno di un
diversivo, per prima cosa. E cosa funziona meglio di un po' di sana e
vecchia paura? I media hanno diffuso il panico, mentre prima fallivano
piccole società, e poi i pezzi grossi. Il sistema capitalistico,
costruito su fondamenti di sabbia, collassa dall'interno, e molta gente
se ne arricchisce: funzionari e dirigenti delle grandi banche e delle
casse di risparmio, chi ha concesso prestiti non prime, gente diventata
incredibilmente ricca. Anche ex senatori, poi passati alle banche.
E allora, scatenata la paura, preparato
il campo, cosa hanno fatto? Hanno preso un furgone, sono andati al
Tesoro, e si sono presi quasi 800.000.000 di dollari delle tasse dei
cittadini americani. Senza dire neanche che fine avrebbe fatto tutto
quel denaro. Dissero ai senatori che senza agire l'economia sarebbe
collassata, a poche settimane dalle elezioni.
Il segretario del Tesoro, Henry
Paulson, ex Goldman Sachs (come tutti i ministri del Tesoro dalla
presidenza Clinton in poi: si parla di un unico ed ininterrotto «Governo
Goldman», che ha lavorato alacremente per deregolamentare tutto il
possibile), si accordò con le banche. Eliminando tutte le leggi e i
possibili interventi delle commissioni giudiziarie, di revisione,
annullando il normale iter legislativo, il piano fu proposto, ma non
riuscirono ad approvarlo, nonostante l'enorme pressione esercitata sul
Congresso. Il giorno dopo, la borsa crollò del 7%. Paulson & C, allora
fecero un accordo segreto con l'aiuto dei democratici (in cambio hanno
avuto l'elezione di Obama?): la mozione fu approvata.
Questa è stata la macroscopica
dimostrazione che esistono forze che esercitano controllo completo della
politica, e se vogliono possono attuare un colpo di stato finanziario.
E pensare che fu proprio il ministro
Paulson, quando era alla Goldman, a far comprare questi strani derivati
immobiliari, facendola finire così in un «mare di guai». La stessa
Goldman Sachs che è stata la prima finanziatrice di Obama.
«Solo uno stolto confonde il valore con il prezzo»[12]
In cima alla piramide, quindi, c'è
stato chi ha tessuto diabolici piani, manipolando il mercato e
provocando la crisi, facendo così enormi profitti. Ma alla base della
piramide, c'erano le persone, che sono cadute nell'inganno delle banche
e dei media. Come è accaduto?
Ciò che è fondamentale, è creare la
confusione tra valore e prezzo, provocando negli investitori di ogni
sorta quella che Trìas De Bes, definisce la «Sindrome dello Stolto»: in
un'epoca di prosperità e di
profitti generalizzati, in cui c'è un facile accesso al denaro, ovvero
un aumento delle banconote e monete in circolazione, la gente si
indebita fino al collo per consumare o investire. Se hai grossissime
cifre a disposizione e strumenti di controllo delle informazioni, o
proprio dell'informazione, puoi manipolare il mercato ed effettuare
grossissime speculazioni, così come fanno le grandi banche e le società
d'investimento. Ma se invece sei un piccolo-medio risparmiatore, rischi
di cadere in un veloce e letale istupidimento, un autoinganno, prodotto
da avidità e voglia di arricchirsi in maniera facile, che ti fa
dimenticare la differenza tra valore e prezzo, per convincerti della
bontà dell'investimento che scatena la bolla, anche se è
sovraquotatissimo ed in continua salita, per cui potrebbe portarti a una
probabile rovina. Ma che differenza c'è tra valore e prezzo? Si pensi
all'acqua: ha un valore di utilizzo enorme (senza di essa non potremmo
vivere), eppure ha (e si spera avrà) un prezzo molto basso. Ci capita
abbastanza spesso, di incontrare oggetti che hanno un prezzo molto
maggiore del loro valore. Ad esempio, le rose, nel giorno di San
Valentino, sono sovraquotate, dato che la richiesta è altissima. Ma
basta far sopraggiungere la sera, e i prezzi di un mazzetto crolleranno
miseramente. Una rosa dovrebbe valere ciò che costa. Il suo valore è il
suo prezzo. Ma in poche ore, il prezzo varia palesemente.
È un po' ciò che è accaduto in questa
ultima «crisi», con la bolla immobiliare. Tutte le cose tendono ad avere
un valore medio storico, da cui si allontanano, ma a cui
irrimediabilmente tornano. L'euforia sale, la bolla aumenta, ma prima o
poi esplode.
Uno dei catalizzatori per far crescere
la bolla, è stata l'eccessiva sicurezza, creata e infusa nelle persone
che comprarono una casa per viverci, e che quindi sono state ingannate;
ma anche negli investitori, che hanno seguito il gregge, e sono così
anch'essi caduti negli inganni, poiché mossi da grande avidità ed
invidia. Molto utile è stata anche la mancanza di chiarezza, mista a
disonestà (nessuno ha esposto ai giovani che contraevano mutui a tassi
variabili le conseguenze di una salita dei tassi, il worst case
scenario, l'ipotetico peggior scenario).
Inganni orchestrati da parte delle
agenzie di rating statunitensi che hanno valutato come investimento di
classe AAA (massima garanzia e minimo rischio), la securitizzazione dei
mutui concessi a individui di dubbia solvenza. E si parla di 6.000
miliardi di dollari di prodotti finanziari con tali caratteristiche.
Ed è colpevole tanto la banca
statunitense che impacchetta il mutuo e lo fa diventare un prodotto
finanziario «contaminato», quanto la banca straniera che riceve il
«pacco», e non fa le dovute verifiche della natura del contenuto, prima
di distribuirlo ai suoi clienti. Le informazioni erano disponibili, fin
dal principio. I mutui subprime «impacchettati» nei fondi d'investimento
venivano venduti da anni. Non fu una cosa che accadde di punto in
bianco. Tuttavia, dato che le cose andavano molto bene e i soldi di
certo non mancavano, le banche non dedicavano tempo a una valutazione
cosciente delle clausole nascoste dei prodotti finanziari che
acquisivano e poi rifilavano ai loro clienti. Come è pure responsabile
chi ha acquistato senza il minimo dubbio prodotti che garantivano
profitti stranamente «troppo» elevati. Per non parlare di chi si
assicurò sul crollo.
Così come si sapeva della bolla
immobiliare che sarebbe scoppiata, i giornali ne scrivevano già da molto
tempo prima dell'esplosione, ma le lobby interessate sono riuscite a
mettere in giro notizie contraddittorie che hanno confuso la situazione.
Chi scrisse o parlò, mettendo in guardia l'opinione pubblica dalla
pericolosa spirale speculativa, fu tacciato d'essere un indovino
allarmista.
Come si è arrivati a questo Impero del
Male?
Negli anni, è stata totalmente
distrutta la regolamentazione finanziaria: ciò ha permesso la baldoria
di cui sopra.
La deregulation, la distruzione di
tutte le regole che limitavano il potere truffaldino dei potenti, in
ambito economico, è stata portata avanti metodicamente, lungo tutto il
1900, fino a ridurre l'America e il mondo al servizio delle major e
delle borse e delle banche. E, come ci racconta Micheal Moore nel suo
Capitalism, ad inizio anni Ottanta, questi ultimi scelsero un
loro portavoce come presidente Usa: Ronald Reagan, un ex attore di film
e spot pubblicitari. E Reagan nominò come ministro del Tesoro, il
presidente della Merrill Lynch. Fu così che il paese divenne una grande
azienda. Enormi guadagni a breve termine per le industrie, licenziamenti
e raddoppio delle ore di lavoro. Le tasse sul reddito dei ricchi,
dimezzate. Le vite delle persone normali, organizzate solo in base al
lavoro. Alan Greenspan, nominato da Reagan alla Federal Reserve,
spingeva la gente ad utilizzare «il capitale delle loro case», cioè a
chiedere prestiti sulla propria casa. Per poi perderla.
È il disegno della nostra epoca. Sempre
nel film, il regista americano cita tre rapporti segreti della Citibank
(banca del colosso americano Citigroup), stilato per i suoi clienti più
ricchi, sui suoi piani per governare il mondo: si ammette candidamente
che gli Usa non sono più una democrazia, ma una plutonomia: la
società è controllata esclusivamente dall'1% di ultraricchi. Un'élite
che possiede più ricchezze di quelle che possiede il 95% della
popolazione, con un divario ricchi-poveri sempre in maggior crescita.
Gli unici pericoli? Pare siano una possibile richiesta di maggiore
equità sociale da parte dei meno abbienti, e il fatto che nonostante
tutto il potere e il controllo che hanno su di loro, possano ancora
votare, e ogni persona equivale a un voto.
Ciò significa, ci dice Moore, che
quindi avremmo il 99% dei voti! E invece sopportiamo, non ci ribelliamo.
Ci accontentiamo del poco, per paura di perderlo? Secondo la Citigroup,
la maggior parte degli elettori pensa che prima o poi potrà diventare
ricca, se si impegna, e quindi la regola è diventata che ogni dollaro,
equivale ad un voto.
L'oligarchia finanziaria ha quindi
poteri enormi (privi di responsabilità), molto più di quelli che
avrebbero i governi. Una cupola composta da banchieri centrali, banche
di affari e agenzie di rating, che opera al di fuori di qualsiasi
regola, e che governa i destini del mondo, determina attentati e
dissemina macerie in nome dei profitti di pochi adepti, totalmente al di
fuori di ogni principio etico.
Questi signori agiscono basandosi sul
meccanismo delle piramidi finanziarie, inventata da un italiano, Carlo
Ponzi, detto lo «schema di Ponzi».
La leva finanziaria: Ponzi & Madoff
Quel che è successo in pratica è che
molti manager che dirigono le maggiori banche, assicurazioni ed hedge
funds si sono messi a giocare con i titoli di acquisto futuro
utilizzando sempre gli stessi soldi per garantire decine di scommesse su
quotazioni future di merci e azioni.
C’è chi parla di manager che hanno
usato questo meccanismo, la leva finanziaria (garantendo con gli stessi
soldi decine di scommesse) fino ad arrivare ad aver puntato 60 dollari
per ogni dollaro che gestivano. In questo modo hanno ottenuto grandi
guadagni, per le loro aziende e per loro stessi (facendo lievitare fino
a 18 volte il loro stipendio negli ultimi 5 anni).
Bernard Madoff è l'unico supermanager
che ha pagato nel truffaldino mondo dell’economia americana e dei suoi
agenti superindebitati: un capro espiatorio che è servito per
distogliere l'attenzione dal castello di carte di leva finanziaria su
leva finanziaria fatto da famiglie, imprese finanziarie ed aziende che
hanno sempre agito, e continuano a farlo, proprio come faceva Madoff.
Madoff è stato arrestato dagli agenti
federali che lo hanno accusato di aver truffato i suoi clienti causando
un ammanco pari a circa 50 miliardi di dollari. La sua società si è
infatti rivelata come un gigantesco schema di Ponzi.
Tale sistema deve il suo nome a
quest'italiano immigrato, che agli inizi del '900 per primo lo mise in
atto su grande scala, e consisteva nel promettere agli investitori (le
vittime) alti guadagni pagando gli interessi maturati dai vecchi
investitori con i soldi dei nuovi investitori. Praticamente pagava
quanto pattuito solo ai primi investitori, per aumentare la sua
credibilità.
Rispetto agli altri hedge funds, Madoff
non vantava profitti del 20-30%, ma si attestava su un più ragionevole
rendimento del 10% annuo, che però rimaneva costante a prescindere
dall'andamento del mercato. La truffa consisteva nel fatto che Madoff
versava l'ammontare degli interessi pagandoli con il capitale dei nuovi
clienti. Il sistema è saltato nel momento in cui i rimborsi richiesti
superarono i nuovi investimenti.
Il caso Madoff rappresenta l'unico caso
in cui le autorità di controllo sono riuscite a fare il loro lavoro. La
sec ha nel corso degli
anni effettuato diverse verifiche, già a partire dal 1992, presso la
Bernard Madoff Investement Securities, ma senza rilevare gravi
violazioni. Poi, all'improvviso, se ne sono accorti.
Gli hedge funds, i fondi d'investimento
speculativi, che richiedono quote di ingresso dell'ordine di
milioni di euro, hanno un potere finanziario enorme, assai più
grande di quanto non sembri poiché essi usano a più livelli proprio il
cosiddetto «effetto leva»: ossia ottengono prestiti di molto superiori
al capitale di cui inizialmente dispongono, per mezzo dei quali
acquistano titoli, ad esempio obbligazioni aventi per collaterale un
debito (dopo i disastri del 2008, le ormai note
cdo) il cui valore a loro volta
si basa su un effetto leva che può arrivare a 8-10 a 1. Di conseguenza i
fondi speculativi muovono capitali, che risultano parecchie volte
superiori a quelli che hanno realmente in portafoglio. In altre parole
il trilione di dollari dei primi 50 fondi speculativi del mondo era
presumibilmente in grado di muovere almeno altri 20-25 trilioni e forse
più. L’effetto leva permette operazioni finanziarie altamente
redditizie; tuttavia può finire in un disastro allorché la punta di
questa sorta di piramide rovesciata non si dimostra più capace di
reggere il peso della massa sovrastante. Se la punta su cui gravano
decine di miliardi di debito è formata da solo 1 miliardo di dollari di
attivi, basta che qualcuno chieda indietro anche solo mezzo miliardo, o
si scopra che le
cdo soprastanti non valgono più
nulla, per far crollare la piramide nella polvere[13].
Il monologo di uno dei protagonisti del
film Wall Street 2, il broker Gordon Gekko, offre altri ottimi
spunti su questi temi, e non solo (le parentesi sono mie):
«Siete nella cacca fino alle
orecchie. Ancora non ve ne rendete conto, ma siete la generazione dei
tre niente: niente lavoro, niente reddito, niente risorse. Davvero un
gran bel futuro. […] L'avidità è giusta. È diventata legge, a quanto
pare. È l'avidità che spinge il mio amico barista a comprare tre case
che non può permettersi senza dare l'anticipo. Ed è l'avidità che spinge
i vostri genitori a chiedere un mutuo di 250.000 $ su una casa che ne
vale 200.000 $, e con quegli altri 50.000 $ correre al centro
commerciale a comprare la tv al plasma, un
suv, la seconda casa,
perché no, conviene. Lo sappiamo tutti che il prezzo delle case in
America sale sempre. Il grande debito.
Avidità ancora più avida, più un pizzico di invidia. I signori degli
hedge fund se ne andavano a casa con 50/100 milioni di dollari l'anno.
Così anche il banchiere si guarda intorno e dice: «Mica sono uno
imbecille», e inizia a usare la leva finanziaria sugli interessi fino a
40-50 a 1, con i vostri soldi, non con i suoi (ovvero effettuano
investimenti superando il capitale a disposizione, fino a 50 volte,
utilizzando i soldi dei clienti). E glielo lasciate fare. Tanto siete
voi che avete fatto il mutuo. Il bello? È che nessuno è responsabile.
Crediamo tutti alla stessa favola. L'anno scorso, il 40% di tutti i
profitti societari americani, era costituito da proventi finanziari, non
dalla produzione o dal qualcosa che avesse comunque a che fare con le
necessità delle persone. La verità è che ci siamo tutti dentro. Banche,
consumatori, tutti muoviamo la giostra dei soldi. Prendiamo un dollaro,
lo pompiamo di steroidi, e lo chiamiamo leva finanziaria. Io invece la
chiamo finanza dopata.
La madre di ogni male di oggi è la speculazione. Il debito indotto. In
conclusione, il vero nemico è il prestito. È via sicura per la
bancarotta, è sistemico, maligno, ed è globale, come il cancro. È una
malattia, e dobbiamo combatterla. Come? Come sfruttarla a nostro
favore?».
L'avidità provoca morte
Seppur vero, che ormai buona parte dei
profitti societari vengono dai proventi finanziari, non dobbiamo
dimenticare le conseguenze pratiche che provocano queste speculazioni.
Come scrive Lannutti, la crisi ha avuto un'accelerazione esponenziale
negli ultimi quindici anni, ma ha origine con la decisione del '71 di
sganciare il dollaro, moneta dei pagamenti internazionali e del
commercio mondiale, dal valore delle riserve auree. L'oro serviva ad
ancorare il valore del dollaro a un riferimento reale. Invece, da quel
momento è stata consentita la crescita cancerosa di capitale, un
capitale fittizio, un sistema di scambi monetari fluttuanti e il
progressivo sganciamento della finanza, soprattutto quella speculativa,
dagli andamenti dell'economia reale produttiva, grazie alla
contemporanea deregolamentazione e sottrazione ai controlli. Si sono
così originate bolle finanziare, che hanno fagocitato i settori
industriali commerciali e agricoli. La più pericolosa è quella dei
prodotti finanziari derivati: nel 2008 parliamo di oltre 700.000
miliardi di dollari, con un aumento del 25% annuo. Questa bolla non
esisteva fino a vent'anni fa. Basti pensare che il
pil mondiale nel 2008 era
stimato intorno ai 55.000 miliardi di dollari. Questa speculazione in
derivati, si è impadronita anche di settori strategici come energia,
petrolio, materie prime, prodotti alimentari, provocando impennate dei
prezzi, affamando l'umanità, con conseguenze drammatiche sul piano
sociale, migratorio, ambientale, politico e militare.
A tal proposito, riporto quasi
integralmente un editoriale apparso il 2 luglio scorso su The
Indipendent e firmato dal giornalista e critico d'arte Johan Hari,
Come Goldman Sachs ha scommesso sulla morte per fame dei poveri. E ha
vinto.
«Questa è la storia di come alcune delle persone più ricche del mondo,
Goldman, Deutsche Bank, i traders della Merrill Lynch ed altri ancora,
hanno provocato la morte per fame di alcune delle persone più povere del
mondo, solo perché così hanno potuto fare un più grasso profitto.
Si inizia con un mistero apparente. Alla fine del 2006, i prezzi degli
alimentari in tutto il mondo avevano cominciato ad aumentare,
improvvisamente e stratosfericamente. Entro un anno, il prezzo del grano
era schizzato in alto dell'80%, il mais del 90% e il riso del 320%. In
un sussulto globale della fame, 200 milioni di persone, soprattutto
bambini, non potevano più permettersi di avere cibo e sprofondarono
nella malnutrizione o nella
fame. Ci sono stati disordini in oltre 30 paesi e almeno un governo fu
rovesciato violentemente. Poi, nella primavera del 2008, i prezzi
altrettanto misteriosamente scesero al livello precedente. Jean Ziegler,
il relatore speciale dell'Onu sul diritto all'alimentazione, lo ha
definito «Un omicidio di massa silenzioso», causato interamente dalle
«azioni dell'uomo».
La maggior parte delle spiegazioni che vennero date allora si sono
rivelate false. Non è successo perché l'offerta è diminuita: per
esempio, l'International Grain Council dice che la produzione mondiale
di grano era addirittura aumentata durante quel periodo. Non è stato
nemmeno perché la domanda era cresciuta. Ci hanno detto che l'espansione
delle classi medie cinesi e indiane stavano spingendo i prezzi verso
l'alto, ma come ha dimostrato il professor Jayati Ghosh del Centre for
Economic Studies di New Delhi, in realtà la domanda in tali Paesi in
quel periodo è diminuita del 3%.
Ci sono alcune spiegazioni minori che spiegano qualcosa sugli aumenti
dei prezzi, ma non tutto. È vero che la crescente domanda di
biocombustibili stava divorando i terreni agricoli tanto necessari, ma
questo è un processo graduale che non spiegherebbe un picco così
violento. È vero che l'aumento dei prezzi del petrolio, ha fatto salire
i costi della coltivazione e della distribuzione di cibo, ma i dati
dimostrano sempre più che questo non è stato il fattore maggiore.
Per oltre un secolo, i contadini nei paesi ricchi sono stati in grado di
impegnarsi in un processo in cui si proteggevano dai rischi.
L'agricoltore Giles poteva mettersi d'accordo a gennaio a vendere il suo
raccolto ad un commerciante in agosto a un prezzo fisso. Se c'era una
grande estate e il prezzo globale era alto, lui perdeva un po' di soldi,
ma se c'era un'estate schifosa o il prezzo crollava, allora era lui ad
aver fatto un buon accordo. Quando questo processo era strettamente
regolamentato e solo le imprese con un interesse diretto nel settore
potevano entrare in gioco, funzionava bene.
Poi, intorno agli anni ‘90, Goldman Sachs e altri lobbisti hanno fatto
dure pressioni e le norme sono state abolite. Improvvisamente, questi
contratti sono stati trasformati in «derivati» che potevano essere
comprati e venduti tra operatori che non avevano nulla a che fare con
l'agricoltura. Era nato il mercato della «food speculation».
Così l'agricoltore Giles accetta ancora di vendere il suo raccolto in
anticipo ad un trader per 10.000 sterline. Ma ora quel contratto può
essere rivenduto a speculatori finanziari, che trattano il contratto
stesso in quanto oggetto di potenziale ricchezza. Goldman Sachs può
comprarlo e venderlo per 20.000 sterline a Deutschebank, che lo rivende
per 30.000 sterline a Merryl Lynch e su e su, fino a che pensano che il
prezzo possa essere spinto in alto, fino a quando non sembra più avere
quasi alcun rapporto con i campi dell'agricoltore Giles e tutti gli
altri.
Se questo vi sembra mistificante, lo è. John Lanchester, nella sua
superba guida al mondo della finanza,
Whoops! Why Everybody Owes
Everyone and No One Can Pay
spiega: «La finanza, come
altre forme di comportamento umano, nel ventesimo secolo ha subito un
cambiamento equivalente all'emergere del
modernismo nelle arti, una rottura con il senso comune, un
svoltare verso l'autoreferenzialità e l'astrazione e nozioni che non
potevano essere spiegate nella lingua inglese di tutti i giorni». «Con i
derivati [...] c'è stata una rottura profonda tra il linguaggio della
finanza e quello del senso comune».
[…]. Ecco come è successo. Nel 2006, gli speculatori finanziari come la
Goldman si tirarono fuori dal collassato mercato immobiliare americano e
stavano guardandosi intorno per rifare la loro scorta e gonfiarsi di
contanti. Hanno cominciato a comprare grandi quantità di derivati basati
sul cibo: il calcolo era che i prezzi degli alimenti sarebbe rimasto
stabile o sarebbe aumentato, mentre il resto dell'economia si bloccava.
Improvvisamente, gli investitori terrorizzati di tutto il mondo decisero
di comprare, comprare, comprare. Così mentre la domanda e l'offerta di
cibo rimanevano praticamente le stesse, l'offerta e la domanda per i
contratti basati sul cibo crescevano in maniera massiccia, il che ha
significato che l'all-rolled-into-one dei prezzi ha eroso massicciamente
il cibo nei piatti della
gente. È cominciata la fame.
Il prezzo del cibo è stato ora fissato dalla speculazione, piuttosto che
dal cibo reale. L'hedge fund manager Michael Masters stima che anche
nelle borse regolamentate negli Usa, che occupano una piccola parte del
business, il 64% di tutti i contratti sul grano sono gestiti
da speculatori con nessun interesse reale nel grano. Hanno
soltanto un prezzo da gonfiare e da rivendere. Anche George Soros ha
detto che questo è stato:
«Solo come accumulare
segretamente del cibo durante una crisi di fame, in modo da fare
profitti con l'aumento dei prezzi». La bolla scoppiò solo nel marzo
2008, quando la situazione negli Usa peggiorò a tal punto che gli
speculatori dovettero tagliare le loro spese per coprire le loro perdite
interne.
Quando ho chiesto loro di commentare l'accusa di avere causato la fame
di massa, il portavoce della Merrill Lynch ha affermato:
«Huh... Io non ero a conoscenza
di questo». Poi mi ha inviato una e-mail per dirmi: «Preferisco non fare
commenti». Anche la Deutsche Bank si è rifiutata di commentare. Alla
Goldman Sachs sono stati un po' più dettagliati, nella loro risposta
hanno detto: «Serie analisi
[...] hanno concluso che gli index funds non hanno causato la bolla dei
prezzi delle commodity futures», portando come prova un singolo
statement dall'Ocse.
Come sappiamo che questo è sbagliato? Come sottolinea il professor
Ghosh, alcune colture vitali, tra cui miglio, manioca e patate, non sono
trattate nei futures markets. Il loro prezzo è aumentato un po' durante
questo periodo, ma solo una frazione rispetto a quelle colpite dalla
speculazione. La sua ricerca dimostra che questa speculazione è stata
«la causa principale» dell'aumento.
Così si è giunti a tutto questo. I ricchi speculatori del mondo hanno
realizzato un casinò dove la fiches sono stati gli stomaci di centinaia
di milioni di persone innocenti. Hanno scommesso sull'aumento della fame
ed hanno vinto. Questo è quel che accade quando si segue l'indicazione
che i mercati non regolamentati sanno meglio di tutti quando è il
momento di fermare la corsa. Il Wasteland moment del settore finanziario
ha creato in davvero un deserto. Che cosa dire del nostro sistema
politico ed economico se possiamo infliggere così casualmente tanta
miseria, e quasi senza neanche rendersene conto?»
[14].
La vittoria di banche e grandi corporations: un'umanità sempre più
schiava
Lascio la conclusione alle parole del
senatore Elio Lannutti che, nel suo Bankster, afferma:
«Fin dal 2009 avvertivo, nelle
aule parlamentari e in corso di sedute pubbliche, che dopo la crisi del
mercato immobiliare, dei sub-prime e dei derivati, sarebbe scoppiata
anche la bolla delle carte di credito. Ed è quello che sta avvenendo, ne
vedremo gli effetti a breve». Secondo il sociologo polacco Zygmunt
Bauman: «l'odierna crisi
finanzaria non è il risultato del fallimento delle banche: al contrario,
è il frutto prevedibile del loro successo, che consiste nell'aver
trasformato milioni di persone in debitori cronici».
GENNAIO 2011
[1]
Marcello
Pamio, Crack bancari: crisi del Sistema o fallimento
controllato? 19 settembre 2008.
[2]
Fernando Trìas De Bes, L'uomo che scambiò la sua casa con un
tulipano, Etas, Milano 2009; si consiglia il racconto dello
stesso autore: Il venditore di tempo, Sperling & Kupfer, Torino
2006.
[3]
Marco Cedolin. I profitti
della crisi. Fonte:
http://ilcorrosivo.blogspot.com/2010/07/i-profitti-della-crisi_06.html
[4] Ibidem
[5]
Fonte:
http://www.lifegate.it/it/eco/people/essere/protagonisti/barack_obama_e_l_energia_pulita_una_breve_rassegna_stampa.html
[6] John Kenneth Galbraith. L'economia della truffa. Bur Rizzoli, 2004 Milano.
[7]
Ibidem
[8]
Elio Lannutti. Bankster, Molto peggio di Al Capone i
vampiri di Wall Street e Piazza Affari. Editori Riuniti,
Roma 2010.
[9] Standard & Poor's, è sussidiaria della multinazionale McGraw-Hill Companies, colosso delle comunicazioni, editoria, costruzioni, e presente in quasi tutti i settori economici. Il presidente, Harold McGraw III, è membro dei consigli d'amministrazioni della United Technology (armamenti) e della Conoco Phillips (energia e petrolio). Gli altri membri del boards della McGraw-Hill sono rappresentanti di alto rango della banca Citigroup, della Henry Schroder Bank, della Coca Cola, della Credit Union del FMI-World Bank, della British Petroleum, dell'assicurazione State Farm Insurance Company, della Helmyck & Payne (petrolio), della Eli Lilly (farmaceutica). Così come per Standard & Poor's, per quanto riguarda le altre due principali agenzie di rating, il discorso è lo stesso (si veda Lannutti, cit., pp. 35-38 e successive): anche nei loro consigli d'amministrazione siede il gotha della finanza mondiale, che praticamente può decidere anche le azioni delle agenzie di rating stesse, che valutano imprese e titoli obbligazionari, decidendo quindi il loro destino, con conseguenze pesantissime sull'andamento dell'economia, che viene praticamente pilotato.
[10]
Elio Lannutti. Bankster, Molto peggio di Al Capone i
vampiri di Wall Street e Piazza Affari. Editori Riuniti,
Roma 2010.
[12]
Antonio Machado, all'interno di Trìas De Bes. Op.
cit.
[13]
Luciano Gallino. Con i soldi degli altri, Il
capitalismo per procura contro l'economia.
Einaudi, Torino 2009.
[14]
Fonte:
http://www.greenreport.it/_new/index.php?page=default&id=5729
elaborazione e traduzione di Umberto Mazzantini.