Per uno studio del marxismo
PRIMI APPUNTI SUI
MANOSCRITTI ECONOMICO FILOSOFICI OGGI.
Leggendo il manoscritto proprietà privata e comunismo:
modernità e umanesimo.
Giulio Trapanese
I manoscritti sono un testo frammentario, mai pubblicato da
Marx, scritti pieni di citazioni degli autori che Marx studiava in quel
periodo. Un testo di passaggio, dai primi scritti alla concezione del
materialismo della storia, una coincidenza particolare fra la strada del
passato di Marx non ancora alle spalle e la sua nuova via non ancora
percorsa.
Delle cose perse in questo passaggio c’è forse l’elemento
della storia nel senso degli uomini che fanno la storia e della storia
che fa gli uomini. L’economia politica da un lato e la proiezione del
comunismo come stato del raggiungimento della libertà umana dall’altro
sono i gradini su cui Marx sta salendo e che nella scrittura dei
manoscritti gli lasciano un po’ astrarre dalla storia come la lotta
continua e infinita degli uomini per migliorare la propria vita ed il
proprio essere. In questa coincidenza però si sente una infinita
vitalità di pensiero, la forza dello sguardo che passa oltre il
presente, un presente di secoli, un’analisi storica di ampio respiro, la
critica del presente come la critica della modernità, e la critica della
modernità come la critica del capitalismo.
La critica della condizione umana dopo la rivoluzione
francese e la rivoluzione industriale è sparsa per tutti
gli scritti del primo Marx, ma forse, oltre ai Manoscritti,
solo nell’Ideologia tedesca troviamo una descrizione più ampia
dell’immagine dell’uomo liberato dalla proprietà privata.
Partiamo da questo come premessa: leggere Marx all’inizio del
Novecento prima della rivoluzione russa era un conto (tra l’altro buona
parte del giovane Marx non era ancora pubblicata), farlo invece alla
fine di quest’ultimo secolo dopo che il comunismo è entrato come storia
nella storia ne è stato un altro. Oggi giorno, a vent’anni
dall’implosione dei regimi di socialismo reale e dopo un periodo di
vent’anni di schiacciante vittoria dal punto di vista materiale ed
ideologico del capitale su scala internazionale, ma al tempo stesso
all’inizio di un cambio di fase importante, ora, all’inizio d’una crisi
economica, con un cambio di tendenza nelle politiche di gestione
economica dei governi e con un altro equilibrio mondiale, ne è ancora un
altro.
Attraversare Marx, raccogliere e scartare quello che il
passato ha preso o ha lasciato di Marx, per arrivare a noi ora qui, con
le nostre domande, per essere pienamente nel nostro presente.
Negli anni passati si è discusso di quale relazione possa
esserci fra lo studio della società di Marx e la realtà del secolo
passato con la degenerazione di rivoluzioni socialiste e con i sistemi
del blocco del socialismo reale. E nel Marx giovane si sono cercate
risposte a questa domanda. Generalizzazioni di società borghesi diverse,
interpretazioni distorte di Hegel, il comunismo come paradiso in terra.
Queste alcune critiche rivolte al Marx giovane.
Per noi oggi è forse importante provare anzitutto a
ricostruire il senso della critica di Marx alla modernità, modernità che
è e rimane ancora alla base del nostro tempo, e da qui provare a
ritrovare nelle parole del suo manoscritto Proprietà privata e comunismo
il senso della possibilità del comunismo come la liberazione dell’uomo
presente.
Nei Manoscritti la nuova condizione dell’uomo moderno è
descritta dal punto di vista del lavoro e della condizione
d’estraniazione. Nel manoscritto Il lavoro estraniato Marx scrive della
quattro forme in cui si dà l’alienazione del lavoratore da sé. Le
quattro forme, quella dell’estraniazione dai prodotti, dall’attività di
lavoro, dall’essere proprio dell’uomo in quanto specie e dall’altro
uomo, possiamo ricondurle alla nuova condizione del lavoratore
industriale, che Marx inizia a conoscere in quei mesi più da vicino sia
per l’esperienza diretta in Francia che per lo studio dei classici
dell’economia del tempo.
Nel lavoro l’uomo si perde, non si realizza; in ciò che
riempie la sua giornata e a cui dona tutto il suo tempo l’uomo dà senza
ricevere, produce ma si smarrisce, non si riconosce nel sistema
produttivo, è privato sia dei mezzi che dei prodotti. Vive per
sopravvivere, lavora per mantenersi appena in vita e continuare a
lavorare. Il punto teorico principale è che per concepire l’alienazione
bisogna definire in qualche modo cosa si aliena in questo processo, cioè
che per dire che l’uomo perde quello che è, è necessario che l’uomo sia
qualcosa, che ci sia una sua essenza specifica, che lo sviluppo
dell’uomo abbia una sua traiettoria. In questo senso Marx anche nei
Manoscritti scrive e discute ancora la posizione di un’essenza propria
dell’uomo in quanto specie, di una sua natura particolare e la individua
nella sua natura sociale, nel suo essere uomo fra altri uomini. Essere
estranei a sé significa essere estranei a ciò per cui siamo portati
dalla nostra essenza di uomini e vivere distanti dalla propria natura
umana significa vivere stranieri fra gli altri uomini. Perché ogni uomo
singolo e l’uomo in generale può essere se stesso soltanto insieme agli
altri, può esprimersi solo in una relazione libera con altri uomini. Il
dolore dell’alienazione è quindi quello dell’anonimato rispetto a se
stessi, di essere uomini ma non poter vivere come uomini. Si può dire
che se il tema del lavoro è la novità dei Manoscritti il tema
dell’alienazione nel tempo della modernità è invece già presente nei
pensieri di Marx negli anni e negli scritti precedenti. La frantumazione
dei legami sociali e la dispersione dei singoli nel nuovo ingranaggio
borghese degli interessi privati è la realtà della modernità ed è una
verità che la rivoluzione industriale ha solo portato a maggiore
chiarezza dopo uno sviluppo di diversi secoli. Nella Questione ebraica
gli uomini moderni sono descritti come delle schegge, ciascuno per sé,
avvolti dal problema della loro sopravvivenza o del loro profitto,
accomunati tutti, sia i ricchi che i poveri, dalla rottura dei legami
premoderni sia di tipo materiale come appartenenza al ceto o alla
corporazione sia di tipo ideale come ad esempio i valori religiosi e gli
obblighi morali per una certa appartenenza sociale. La società
medioevale si è frantumata, il cielo della religione è caduto sulla
terra, ma la terra adesso è solo un inferno senza ombre, senza il cielo
di carta delle credenze tradizionali e la forza del consenso delle
morali di sempre. La religione non è scomparsa, ma ha un altro senso.
Perché come scriveva Feuerbach il cristianesimo moderno è solo una
cattiva copia del vecchio, che per non scomparire in un mondo nuovo si è
trasformato per i nuovi uomini. Anche nella nostra società in cui le
religioni apparentemente proliferano, bisogna chiedersi in che rapporto
stanno con gli uomini di oggi e con le loro vite cambiate.
Se i Manoscritti hanno le loro semplificazioni sul versante
dell’alienazione e del processo della storia, anche
Nei primi secoli della modernità è sorto infatti un nuovo
mondo e in questo nuovo mondo gli individui singoli hanno un tutt’altro
valore rispetto al passato. Per millenni l’individualismo è stato
considerato una colpa. Ogni persona veniva al mondo in una rete di
rapporti sociali e di valori culturali già dati, proseguiva la strada
che le generazioni precedenti della sua famiglia avevano tracciato per
lui e per chi sarebbe venuto dopo di lui, i margini di una relazione
autonoma con i valori dominanti nell’ambiente d’origine e nella società
erano infinitamente più stretti di oggi. La vita d‘un uomo o ancora di
più di una donna, il suo lavoro, il suo matrimonio erano sotto
l’attenzione dell’ambiente sociale a partire dalla famiglia, fino al
sistema del ceto e alla comunità religiosa. La lenta gestazione del
capitalismo è stato invece un processo rivoluzionario in direzione tutta
contraria. Lungo la linea del tempo moderno un nuovo sistema sociale
basato su nuovi principi e sue nuove forme di produzione ha trasformato
in un tempo brevissimo equilibri che erano rimasti in vita per un tempo
lunghissimo.
Questo è il nuovo mondo della borghesia e della società che
ha vinto con la rivoluzione francese. La forza del pensiero di Marx è di
riconoscere questo grande cambiamento ma insieme a questo anche la nuova
contraddizione storica e di aver provato a comprendere sul piano reale
dello sviluppo della storia umana le possibilità del superamento della
società borghese. Pochi anni dopo sorgerà la tesi del materialismo
storico della contraddizione fra lo sviluppo delle forze produttive e
dei rapporti di produzione e il piano dell’analisi di Marx si sposterà
gradualmente sempre di più sul versante della storia come storia dello
sviluppo delle diverse forme di produzione. Ma a questo punto, nei
Manoscritti, la sua ottica è diversa. Il disastro della società borghese
è visto attraverso un’altra lente e in particolare quella
dell’opposizione fra l’esistenza reale dei nuovi individui nel mondo
della proprietà privata e quella dell’essenza di genere dell’uomo come
soggetto sensibile. Il nuovo sviluppo dell’industria, l’aumento del
numero dei beni di consumo, la rottura del sistema sociale tradizionale
ha trasformato l’uomo, lo sta rendendo ottuso, dipendente dall’avere
materialmente i propri oggetti, dal sentirsi se stesso solo nei suoi
possessi esteriori, nell’accumulo dei suoi averi. Il Marx maturo non
scriverà più in questi termini e il bisogno pratico sarà considerato
quasi esclusivamente alla base della legittima pretesa dei lavoratori di
migliorare le proprie possibilità materiali. Nei Manoscritti però c’è
qualcosa in più: la coscienza di una trasformazione nell’essere
dell’uomo moderno. E questa trasformazione per Marx significa
soprattutto perdita della sua sensibilità individuale e della coscienza
della sua natura sociale. L’uomo per essere quello che è ha bisogno di
essere educato a sentire la propria vita nelle sue diverse forme, a non
rimanere fissato nelle semplici abilità che gli richiede il mercato del
lavoro, e a quello che magari gli servono per la sua sopravvivenza
materiale. Questo è ancora solo il livello della sopravvivenza, non
della vita. La divisione del lavoro impedisce
infatti all’uomo di guardarsi nella sua totalità e fissa la sua
esperienza di vita in modo rigido, schematico, unilaterale, frantuma la
complessità degli aspetti della vita in una miriade di singole
conoscenze, di singole capacità, di singoli movimenti. Ma l’uomo non è
così. Per Marx questa è solo una fase storica, la fase del dominio della
proprietà privata, del dominio di ciò che separa un uomo da un altro, il
dominio della separatezza fra gli uomini, del loro conservarsi come
individui separati e indipendenti. Ma questa divisione è solo
l’illusione della coscienza all’interno dello scenario della nuova
società borghese. Gli uomini non sono nei fatti indipendenti né sul
piano della loro sopravvivenza materiale né su quella della loro vita
spirituale. Nessun uomo singolo potrebbe avere il necessario per vivere,
coltivarlo, produrlo, prepararlo se si trovasse completamente isolato da
tutti gli altri, e neppure mai la vita di un individuo potrebbe
svilupparsi spiritualmente senza relazioni e legami d’amore e d’amicizia
con gli altri. C’è una distanza tra la realtà della condizione umana e i
suoi bisogni in quanto individuo sociale e la nuova coscienza nell’epoca
borghese della autosufficienza degli individui, del successo privato,
della realizzazione personale.
Questa è la lacerazione di cui Marx parla nel Manoscritto
Proprietà privata e comunismo e che possiamo riportare ad oggi, rispetto
alla contraddizione fra l’aumento delle connessioni oggettive degli
individui come individui all’interno della società e la loro distanza
soggettiva come persone umane.
Le distanze nel mondo sono infatti incredibilmente diminuite,
i trasporti, le comunicazioni ma soprattutto la rete del sistema
dell’economia e del commercio mondiali rendono il mondo un sistema
oramai unico in cui è impossibile che una sua parte non avverta quasi
immediatamente i cambiamenti che avvengono all’interno del sistema.
Basti pensare ai contraccolpi degli ultimi tempi delle borse rispetto al
panico della nuova fase di crisi economica. D’altro lato se pensiamo
allo sviluppo delle nuove tecnologie e ad internet in particolare
vediamo come oggettivamente aumenti il numero delle informazioni, il
numero degli scambi almeno apparenti fra persone vicine e lontane, la
possibilità di assistere a spettacoli da altre parti del mondo rimanendo
fermi a casa propria e l’opportunità almeno in potenza di raffinare la
propria cultura a contatto con altre diverse dalla propria. Tutto questo
tuttavia avviene ancora all’interno di quello scenario dominato
dall’individualismo della proprietà privata che Marx descriveva nei
Manoscritti e che ha subito da allora solo delle trasformazioni ma non
un cambio qualitativo.
Il mondo oggi davvero può essere visto come un’unica totalità
interconnessa, eppure alla base di questo sistema ci sono i granelli e
le schegge infinite degli individui privati della loro coscienza di
essere soggetti comunitari appartenenti ad un destino comune. Questa
frammentazione è la frammentazione degli individui gli uni con gli altri
ma è anche soprattutto la frammentazione e la lacerazione interna ai
singoli individui fra la loro aspirazione a realizzarsi come soggetti e
quindi nel senso delle loro relazioni sociali e dall’altro lato la
realtà dell’abbrutimento che spinge l’individuo nella sfiducia nel
guardare al proprio futuro e alla relazione con l’altro come un fine a
sé fuori dalla logica di appropriazione o guadagno, una sfiducia più in
generale rispetto a ciò che Marx chiama la conferma dell’individuo nella
coscienza della specie. Un concetto semplice è una verità rivoluzionaria
in questo quadro di oggi. La realizzazione o è sociale o non è, la
felicità non riguarda individui singoli ma un insieme di individui, una
collettività. Quindi lo sviluppo dell’uomo nella sua totalità sensibile,
nei suoi rapporti umani come li chiama Marx, come il vedere, l’udire,
l’odorare, il gustare, toccare, pensare, intuire, sentire, volere,
agire, amare, cioè ciò che rende l’uomo quello che è, non è altro che il
suo modo d’essere nel mondo ed è qualcosa di estraneo alla logica della
proprietà privata; proprietà che rientra solo nel dominio dei mezzi per
l‘uomo, ma non nei fini. Per Marx quindi la società moderna si è
costituita attraverso questo capovolgimento di mezzi e fini: la
proprietà ad esempio è un mezzo per vivere, per sviluppare i propri
rapporti umani, ma non è un fine. L’uomo ha un continuo bisogno di
mezzi, ha bisogno di cibo per esempio, ha bisogno di infiniti strumenti
per la propria attività quotidiana ed il capitalismo ne offre sempre di
più a fasce di persone
sempre più ampie. Senza strumenti l’uomo non sarebbe in condizione di
vivere né di fare null’altro. Ma i mezzi sono una condizione necessaria,
ma non sono il fine dell’attività di una persona o della sua vita. Anzi
il paradosso è che senza il fine sociale dello sviluppo spirituale
dell’uomo il mezzo determina una profonda deformazione della personalità
umana, la quale diventa dipendente dai singoli strumenti, dimentica il
senso generale del suo agire, in altre parole si aliena da sé.
L’assoluta povertà di cui scrive Marx a proposito della deprivazione
presente dei sensi fisici e spirituali oggi è diventato il dominio del
conformismo sociale e del dominio in generale delle cose e sempre più
spesso degli strumenti tecnici in particolare. Il senso dell’avere oggi
ha forme tutte nuove, ma possiamo riprendere pienamente il concetto di
Marx per cui questo senso dell’avere non è che la semplice alienazione
di tutti i reali sensi dell’uomo.
Tornare a leggere il manoscritto su proprietà privata e
comunismo, anteriore all’analisi di Marx della contraddizione fra forze
produttive e rapporti di produzione, non vuole affatto rimuovere il
problema della proprietà privata nel senso più particolare della
proprietà e della gestione dei mezzi di produzione. Nei nostri giorni di
crisi economica ci è anzi ancora più chiaro come vi sia una distanza
incredibile fra le possibilità che lo sviluppo delle conoscenze umane ha
prodotto dal punto di vista della soddisfazione dei bisogni e l’anarchia
che impera nel sistema produttivo e finanziario a livello mondiale.
Possiamo però inserire questa discussione in un orizzonte
temporale più ampio e in particolare porci la domanda del senso del
socialismo in questa coincidenza storica, non quindi all’inizio della
sua storia ma in un momento critico di passaggio tra un equilibrio
vecchio ed uno nuovo. E porci la domanda del ruolo della socializzazione
dei mezzi produzione: un passaggio necessario per una diversa
pianificazione della vita economica e sociale, ma di per sé non
sufficiente a determinare il passaggio in direzione della società che
Marx nei Manoscritti chiama socialista e successivamente comunista.
Per questo tornare a rileggere i primi scritti di Marx, al di
là di alcune semplificazioni che vi sono,
significa ampliare e approfondire alcuni temi fondamentali degli
scritti del Marx maturo, in particolare tornare a riflettere
criticamente sull’esigenza storica e sul senso di una società liberata
dalla proprietà privata.
Gi ultimi secoli di sviluppo del capitalismo hanno
trasformato il modo di vivere degli uomini come hanno cambiato il loro
modo di essere in società e di dare senso alla loro vita sociale. Negli
ultimi secoli e negli ultimi decenni tanti vincoli ed obblighi sono
venuti meno per gli individui singoli rispetto alle scelte della loro
vita, alle loro convinzioni, alle loro relazioni. La modernità ha
inaugurato un periodo di nuova fiducia per l’uomo rispetto allo sviluppo
delle sue capacità di creare la propria storia e di determinare la
propria vita; da un punto in poi la storia in un certo senso si è
rimessa in moto e ancora oggi noi siamo in viaggio verso una più alta
coscienza delle nostre proprie possibilità. Al punto in cui siamo nel
capitalismo dei nostri tempi l’individuo si trova a metà tra l’astratta
libertà personale e la realtà di forti modelli di costrizione
e di conformismo
sociale. Nelle società occidentali in particolari ciascuno non fa altro
che riferire il mondo esterno ai propri vantaggi, alle proprie singole
particolarità in un continuo avvolgere la propria vita attorno al
proprio io, ma dall’altro lato la personalità è svuotata di un vero
contenuto soggettivo, gli individui sono portati per lo più ad agire
secondo movimenti di opinioni e modelli di comportamento stereotipati e
ben fissati dalle esigenze attuali della stabilità sociale. Gli
individui oramai slegati da alcune costrizioni morali del passato, si
pongono apparentemente in modo più disinvolto nei confronti della loro
vita, eppure il condizionamento non più così fissato in alcune norme
sociali uniche agisce ugualmente e rende ancora gli individui schiavi
nella loro vita del loro ruolo sociale, della loro posizione, del loro
lavoro, dell’apparenza di ciò che sono per esistere in società in quanto
lavoratori rispetto a ciò che sono come essere soggetti umani. Questa la
situazione attuale e che, in assenza di una trasformazione sociale, è
destinata a peggiorare: individualismo senza individui realmente umani.
Il Marx giovane scrive in alcuni punti dell’uomo del futuro, dell’uomo
che inizia a venire fuori dal magma della società degli interessi
privati e del capitale: come abbiamo visto ne parla nei Manoscritti,
d’altra parte nell’Ideologia tedesca vi sono delle parti dedicate a
questo tra cui la parte rimasta più nota dell’uomo che dopo il
superamento della divisione del lavoro potrà dedicare la propria
giornata ad attività diverse, non facendo del tempo della sua vita il
teatro di un unico fisso ruolo sociale. Ma anche decenni dopo Marx
prende delle chiare posizioni riguardo a questo punto e in particolare
riguardo al fatto che il comunismo non sarà il semplice livellamento
delle condizioni materiali ma potrà e dovrà includere il principio dello
sviluppo degli uomini nelle loro personalità particolari, quindi dello
sviluppo libero della personalità delle diverse personalità degli uomini
andando oltre le esigenze del mercato che li considera solo
astrattamente come lavoratori. Nel Programma di Gotha, trent’anni dopo i
Manoscritti e l’Ideologia tedesca, Marx distingue tra la parola d’ordine
di «a ciascuno secondo il proprio lavoro» che sarà necessaria nella fase
di transizione dal capitalismo a quella di «da ognuno secondo le proprie
capacità, ad ognuno secondo i propri bisogni» che dovrà invece essere il
principio di organizzazione sociale della nuova società capitalistica in
cui lo sviluppo delle forze produttive ed insieme la loro gestione
pianificata permetterà di non considerare più il singolo uomo
semplicemente come un individuo dotato della sua forza lavoro. Per Marx
quindi nel comunismo, dai manoscritti come fino al programma di Gotha,
il lavoro cambierà segno, non sarà più un semplice mezzo di vita ma un
vero bisogno di vita, potrà cioè essere ciò in cui l’uomo destinerà le
proprie energie, le proprie passioni, i propri interessi, cioè potrà
essere per tutti ciò che nel capitalismo può al massimo essere per
qualcuno, il campo della realizzazione individuale, il modo di trovare
se stessi nella propria vita.
Un tempo la religione legava gli individui fra loro, era il
riferimento per un’intera comunità, regolava le scelte e i sacrifici di
vita, era a disposizione della giustificazione del potere politico,
sdoppiando per secoli la vita umana tra la concreta miseria di questa
vita e l’illusione di una consolazione futura, delineando un nuovo mondo
dopo il mondo, una vera vita dopo una falsa. Dio al giorno d’oggi ha un
nuovo posto nella coscienza dei singoli, non tiene più insieme una
comunità né convince più ampi strati del popolo alla rinuncia volontaria
del piacere di questa vita rispetto a quella dopo la morte. Tuttavia
come Marx scrive è vero che la proprietà privata nel suo senso più ampio
ha sostituito gli idoli religiosi del passato e regola le scelte e la
vita degli individui. Quando il possesso di beni diventa un valore sé e
non un mezzo per la vita significa
allora che l’apparenza ha sovrastato l’essere ed il conformismo
sociale sta negando lo sviluppo della personalità dei singoli. La morale
che ne viene fuori non è più quella tradizionale dei valori e
dell’alienazione religiosa, perché non c’è più svalutazione dei beni
materiali di questo mondo, ma rimane una morale della rinuncia e della
negazione di sé. Nella società borghese gli obblighi che regolano la
vita individuale non rispondono più ai comandamenti ma al riconoscimento
sociale in termini di successo, denaro, posizione sociale. Fin quando
l’organizzazione sociale non consente agli uomini di svilupparsi, la
loro sicurezza come persone è delegata a ciò che essi hanno in mano come
oggetti come proprietà e al tempo stesso, ancora più oggi nel mondo del
virtuale e della rappresentazione, al modo in cui essi appaiono agli
altri e riescono ad adeguarsi ai valori e agli stereotipi dominanti.
Meno conosci, pensi, ami, vivi e più risparmi scriveva Marx nei
Manoscritti. Possiamo aggiungere meno conosci, pensi, ami, vivi e più
cercherai la conferma di te stesso nell’adeguamento alla realtà
presente.
Insieme con il sistema di produzione capitalistico allora
andrà superata anche questa concezione della vita che lega ancora l’uomo
ad un’immagine parziale di se stesso, lo lega ancora alla rinuncia a
sviluppare le proprie possibilità. Trarre le conseguenze dalla coscienza
di vivere un’unica vita, imparando a determinarla criticamente da sé e a
ricercare il piacere. Per pensare ad una riscoperta dell’uomo nella
società libera dalla proprietà privata, possiamo partire insieme con
Marx da questa esigenza presente: dalla ricostruzione di una comunità
umana con i suoi nuovi legami e nuovi valori, per poter raggiungere come
uomini una più alta coscienza delle nostre possibilità.
NOVEMBRE 2008