IDEE PER IL MEDITERRANEO INTERIORE
Franco Arminio
Alle presentazioni dei miei libri non si parla
mai di letteratura. Le persone vengono per sentire cosa penso dei paesi,
e la domanda è sempre la stessa: cosa si può fare per impedirne la
morte? La mia risposta è che si devono fare cose mirate e assai diverse
tra loro. Non esistono due paesi uguali e dunque le politiche devono
essere fatte su misura per ogni luogo. Un paese può essere accidioso,
velleitario, smarrito, può essere ricco e può essere povero, fragile e
scontroso. Non ci può essere la stessa politica per tutti. Non ci può
essere un centro che decide. Non è possibile nemmeno che il centro lasci
decidere le comunità locali che spesso sono guidate non dai più
illuminati, ma dai più furbi.
Per gli interventi nei prossimi anni non è solo un problema di risorse,
è questione di sguardo, di azioni diffuse che incrocino buone pratiche
amministrative e stili di vita che tengano conto dello sfinimento della
modernità. Le altre nazioni hanno il Mediterraneo sull’orlo. Noi ci
stiamo in mezzo, solo noi abitiamo il Mediterraneo interiore, la colonna
vertebrale che è il nostro Appennino. Da qui può partire un nuovo modo
di vivere i luoghi, radicalmente ecologico, improntato a un’idea di
comunità inclusiva del respiro degli uomini e dell’ambiente. L’Italia
interna può diventare il laboratorio di un nuovo umanesimo, l’umanesimo
delle montagne.
Non so e non spetta a un paesologo definire piani e programmi. Mi piace
evocare alla rinfusa suggestioni per gli amministratori e gli abitanti.
Terra e cultura più che cemento e uffici. Prodotti tipici da consumare
non solo nelle sagre. Canti e teatro al posto delle betoniere.
Svuotare le coste e riportare le persone sulle montagne. Sistemare le
strade provinciali, togliere le buche, restaurare i paesaggi, le pozze
d’acqua per gli ovini, ripulire i fiumi, i torrenti.
Ora al sud si fanno buoni vini, ma il pane potrebbe essere migliore. E
così pure il latte. Imparare a fare il formaggio. Dare ai giovani le
terre demaniali. Coltivare un pezzo di terra.
Essere scrupolosi, ma farsi tentare dalla fantasia, dall'impensato.
Distendersi ogni tanto con la pancia per terra. Avere cura che i propri
figli imparino a cucinare e a fare lavori manuali. Adottare un luogo e
prendersene cura. Passare ogni giorno un po’ di tempo vicino a un
animale.
Ogni paese deve avere un piano regolatore del suo paesaggio. Un piano
dove siano previste zone inoperose, in cui non solo non si fabbricano
case, ma non si fa neppure agricoltura. Zone dove non si taglia neppure
la legna. Un piccolo cuore selvatico per ogni paese.
Nei piccoli paesi dovrebbero essere esentati dall’Imu le persone che
abitano nel centro antico.
Stare all'aria aperta almeno due ore al giorno. Ascoltare gli anziani,
lasciare che parlino della loro vita.
Ogni paese deve avere un piccolo teatro e una sala per suonare. Le
scuole devono essere aperte la mattina per i ragazzi e la sera per gli
adulti.
Riattivare la vita comunitaria. Oltre al museo della civiltà contadina
ci devono essere dei luoghi in cui i ragazzi possano apprendere vecchi
mestieri: fare un cesto, una sciarpa, potare un albero.
Viaggiare nei dintorni. Tenersi la testa tra le mani ogni tanto.
Incontrare delle persone che sappiano sverniciare la nostra modernità
incivile. Costruirsi delle piccole preghiere personali e usarle.
Esprimere almeno una volta al giorno ammirazione per qualcuno.
Svegliarsi ogni tanto alle tre di notte. Uscire all'alba almeno una
volta al mese. Comprare il formaggio da chi lo fa, fare la spesa nei
piccoli negozi.
Riportare gli animali nei paesi. Un paese in cui non ci sia un uovo
fresco non ha senso.
Mettere una libreria comunale in cui si vendono i libri a prezzo
ridotto. Stabilire che in ogni consiglio comunale ci debba essere come
primo punto all’ordine del giorno un’iniziativa culturale. Riportare le
feste patronali alle antiche tradizioni.
Dire quello che vediamo assai più di quello che pensiamo. Regalare
almeno un libro la settimana, magari dopo averlo letto.
Mettere una tassa di trentamila euro l’anno per ogni pala eolica e usare
questa cifra per servizi agli anziani. Stabilire gemellaggi tra i paesi
interni e quelli della costa. Dimezzare il costo del gas e del gasolio
da riscaldamento nei paesi più freddi. Dare incentivi a chi abbatte
edifici incongrui o a chi restaura la propria casa rendendola più adatta
al contesto. Obbligare ogni paese ad avere un’isola pedonale in funzione
tutto l’anno.
Dare attenzione a chi cade e aiutarlo a rialzarsi, chiunque sia. Leggere
poesie ad alta voce. Far cantare chi ama cantare.
Abituare i cittadini a un uso limitato della macchina. Diminuire l’uso
della plastica e degli imballaggi. Fare una vera raccolta differenziata
e stimolare azioni locali di recupero e riciclaggio dei materiali.
Stabilire che ogni amministrazione comunale faccia per legge
un’assemblea pubblica ogni sei mesi sulle scelte riguardanti la
comunità. Piantare alberi da frutta e obbligare gli acquedotti a mettere
almeno una fontana pubblica in ogni paese. Abituare i cittadini a fare
un manifesto in cui si annuncia la nascita di un bambino: perché
annunciare la morte e non la nascita?
Il futuro dei luoghi sta nell’intreccio di azioni personali e civili.
Per evitare l’infiammazione della residenza e le chiusure localistiche
occorre abitarli con intimità e distanza. E questo vale per i cittadini
e più ancora per gli amministratori. Bisogna intrecciare in ogni scelta
importante competenze locali e contributi esterni. Intrecciare politica
e poesia, economia e cultura, scrupolo e utopia.
DICEMBRE 2012