Recensioni
MANUEL CASTELLAS, GALASSIA
INTERNET
Annelise D'Egidio
La
galassia Internet è l’humus che contiene ed alimenta il «villaggio
globale 2.0», nella duplice forma, all’un tempo, di impalcatura e
combustibile. C’è da scommettere che i progettisti di Arpanet –
progenitore del Web così come oggi lo conosciamo e ne disponiamo –
intenti com’erano a fornire al dipartimento della Difesa statunitense
linee di comunicazione capaci di resistere ad un attacco nucleare, non
avrebbero mai e poi mai immaginato, anche solo lontanamente, a quale
grande rivoluzione stavano dando inizio! Erano gli anni della Guerra
Fredda: il mondo era diviso in due blocchi ferocemente contrapposti e la
partita per la supremazia tecnologica appariva determinante per la
vittoria finale. Al fine di battere sul tempo gli avversari, il Governo
americano non esitò ad elargire ricchi finanziamenti alla Difesa ed in
particolare ad una sua unità speciale, l’arpa. Sembra quasi la trama di una spy-story ed invece si
tratta della nascita di Internet, «l’ultima tappa evolutiva
dell’organizzazione umana» – come la definisce Castells. Naturalmente,
arpanet ha avuto bisogno di accorgimenti e migliorie per
quasi trent’anni, provenienti da ogni parte del mondo. Emblematica è la
vicenda del programma finlandese “Linux” che, distribuito gratuitamente
via Web nel 1991, è stato riscritto da tutti coloro i quali vollero dare
un contributo, fino a diventare uno tra i sistemi operativi più
avanzati. Fin dai suoi esordi, insomma, Internet ha mostrato la sua
straordinaria potenza, una novità assoluta per la storia della
tecnologia, e cioè il saper creare rapidamente aggregazione e
cooperazione, mobilitando risorse e conoscenze da qualunque angolo del
pianeta. La flessibilità della sua struttura a rete, sorretta da nuclei
in grado di operare autonomamente, ha ridisegnato la geografia umana e,
parallelamente, la geopolitica del Terzo Millennio. Non solo: ha
stravolto gli abituali modi di vita, fino ad interessare le pratiche
quotidiane degli individui (dagli acquisti al linguaggio parlato e
scritto). Il tutto in un lasso di tempo assai concentrato e ristretto,
che acuisce le difficoltà di valutazione sugli effetti e sulle
prospettive future. Le sconfinate possibilità di scambio delle
informazioni e la velocità con cui tali scambi avvengono se, da un lato,
offrono soluzioni immediate e ne consentono una condivisione
orizzontale, dall’altro
rischiano di rivelarsi disastrose per la sicurezza mondiale e la privacy
individuale. È certamente vero che
la Rete
distribuisce contenuti e saperi senza lasciarsi intimorire dalla
censura, ma, proprio perché non prevede controlli, non garantisce circa
la loro autenticità ed attendibilità. Ancor più dei mezzi di
comunicazione di massa di “vecchia generazione”, Internet si presta a
manipolazioni e falsificazioni. Ciò non dipende solo dal fatto che mette
a disposizione programmi ed applicazioni con cui chiunque può montare
video, ritoccare foto, duplicare film, cd musicali e dvd protetti da
copyright; è connaturato alla sua stessa essenza: la volatilità,
derivazione diretta della virtualità – sua matrice originaria. Il
network globale del Web non è radicato geograficamente e questa tendenza
è in netta crescita: il wi-fi e la diffusione dei nuovi
device consentono di essere
always on. Dunque, Internet ci segue nei nostri spostamenti e ci
(geo)localizza. Mai come in questo momento realtà fisica e realtà
virtuale sono state tanto vicine e sovrapposte: un’indiscrezione negli
ambienti dei bene informati può seminare il terrore tra gli investitori
e generare instabilità finanziaria, con le ripercussioni in termini di
occupazioni e sociali che abbiamo sotto gli occhi; una voce malevola su
un politico ne può stroncare la carriera; il tam tam dei
post può rovesciare l’agenda
dei governi nazionali, ridefinendone le priorità. Tuttavia, e la febbre
dello spread lo ha dimostrato, le nostre vite sono diventate tutte
precarie – parafrasando un testo di Judith Butler, in balia dell’immateriale.
Ma con quali conseguenze? Senza citare film come Matrix, Avatar,
Minority Report, il panorama che si apre a noi merita un’attenta
considerazione. La società che la
galassia Internet si sta modellando è altamente flessibile, vive di
informazioni, richiede elevate competenze tecniche ed una manodopera
capace di auto-programmarsi costantemente. Non a caso, la
new economy, che su di essa si è impiantata, ci sta abituando a dei cicli di
rapida crescita e di altrettanto rapida decrescita. E-commerce,
e-business, e-capital sono le parole d’ordine e la base strutturale del
business way of life; una vera
e propria Weltanschauung
disposta a rischiare enormi capitali intorno a investimenti e progetti
d’innovazione tecnologica dall’esito incerto per trarne, nel breve
periodo, guadagni esorbitanti. Questi pionieri, i
venture capitalist,
arricchiscono le proprie tasche, spremendo l’intelligenza collettiva
(quello che Marx ribattezzò
General intellect) – mezzo di produzione primario dell’e-conomy. Lo
sfruttamento dei lavoratori da parte del Capitale non è mai finito, ha
solo assunto un’altra faccia. Se perdite e ricavi si moltiplicano
esponenzialmente, se l’innovazione è a servizio del business, insomma:
se «la logica della connessione in rete del sistema globale basato su
Internet esplora il pianeta alla ricerca di opportunità e collega ciò di
cui ha bisogno – e solo di cui ha bisogno – per i suoi scopo
programmati»[1], il circuito
chiuso della Galassia Internet rischia di rivelarsi una trappola. Come
ogni tautologia, esso vive di ripetizioni, annullando i contrasti,
ottimizzandoli o insonorizzandoli. Quella che Castells definisce l’Era
dell’Informazione, la versione aggiornata del villaggio globale di
McLuhan, poggia su di un grande fraintendimento. Il
digital divide (gap
tecnologico) più che per misurare il diverso grado di informatizzazione
tra le varie aree del Mondo, andrebbe adoperato per monitorare quanto
arranca l’umanità dietro ai prodigi della Tecnica. A volte camminare può
rivelarsi più utile e istruttivo che navigare!
APRILE 2013