banner principale
10
Maggio 2013

home - indice


 

ALL'OMBRA DELLA «CASA DI SALOMONE»

L'influenza delle grandi fondazioni sulla scienza del xx secolo

Ermenegildo Caccese

 

Introduzione

Percepiamo tutti, in modi diversi e con ricadute molto diverse sulla nostra vita quotidiana, di essere vicini ad un limite. Chi oggi è anziano percepisce questa vicinanza come una minaccia al proprio stile di vita, ed anche ai propri ideali, ammesso che ne abbia. Chi è giovane invece la percepisce come una chiusura, come l’assenza di opportunità a trovare entro l’organizzazione sociale attuale la propria collocazione. Ed anche come una impossibilità ed una assurdità: l’impossibilità e l’assurdità di poter far parte dello stesso sistema che è stato dei propri genitori, che per molti versi corrisponde all’impossibilità ed all’assurdità che questo sistema possa proseguire.

In questo lavoro voglio proporre una riflessione su uno dei pilastri di questo sistema, non in vista come gli altri (la produzione economica, la finanza internazionale, lo sfruttamento dell’ecosistema e dei gruppi umani più deboli, e via dicendo) ma ugualmente importante. Mi riferisco alla ricerca scientifica e tecnologica. Sul funzionamento e sulle finalità della scienza, la maggioranza dei cittadini dei paesi in cui questa infrastruttura è presente (e a maggior ragione quelli dei paesi ‘non sviluppati’) non ha sufficienti informazioni. Neanche la gran maggioranza di coloro che fanno parte dell’organizzazione della scienza ne conosce a sufficienza il funzionamento, né in generale ha una precisa nozione delle vere finalità del lavoro che svolge quotidianamente.

Esercitare la critica è difficile, ed anche pericoloso, soprattutto per chi, come gli scienziati, ha tutto da perdere da una visione completa e chiara della propria reale dimensione lavorativa, e degli effetti prodotti dalla propria attività. Tuttavia, chi vive e lavora nella comunità scientifica anche solo per questo condivide la responsabilità dell’uso delle proprie ricerche, e soprattutto condivide la responsabilità della mancata informazione e conoscenza veritiera sull’attività scientifica.

Ma cosa vuol dire conoscere – e far conoscere – l’attività scientifica? A questa domanda si può cercare di rispondere in vari modi. Da una parte c’è la via dell’informazione: mettere al corrente il pubblico – il più ampio possibile – di ciò che fanno gli scienziati, delle scoperte e delle applicazioni tecnologiche, e soprattutto delle scelte politiche in merito alla ricerca scientifica. Insomma: la via giornalistica. C’è poi la via dell’analisi critica, ossia lo studio del funzionamento della scienza. Questo studio si svolge essenzialmente in due modi: lo studio della scienza in quanto conoscenza (l’epistemologia) e l’analisi della scienza come sistema organizzato di persone ed infrastrutture (la sociologia della scienza). Nel secondo tipo di analisi vengono studiati i rapporti sociali esistenti nella comunità scientifica, e gli effetti che tali rapporti hanno sul prodotto della scienza.

Va messo in evidenza che però, nonostante queste vie siano ben consolidate, manca una visione del peso dell’attività scientifica nelle società del mondo ‘sviluppato’, e dei suoi effetti globali, che metta insieme un quadro completo, senza lasciare ombre o rinviare ad altro il completamento del quadro. Una delle ragioni di questa mancanza sta nella parzialità delle informazioni, al livello giornalistico[1], e nella scarsezza di studi e analisi critiche della politica della scienza, ossia dei rapporti tra la scienza ed il potere. L’epistemologia e la sociologia della scienza si occupano infatti quasi soltanto del funzionamento interno della scienza. Di cercare cioè dei criteri di legittimazione delle teorie, sul piano gnoseologico, o di analizzare la verità scientifica sul piano dei rapporti tra gli scienziati, inquadrando questi rapporti in schemi interpretativi sociologici che fanno quasi del tutto a meno dell’analisi dei rapporti tra la scienza ed il suo Patron.

È invece proprio all’analisi del rapporto tra la scienza e il suo Patron che è dedicato questo intervento. Ad inquadrare la scienza come una componente del potere, mettendo in evidenza come tutta – o quasi – l’attività scientifica si possa interpretare come uno degli aspetti dello sviluppo del potere, almeno nella civiltà occidentale. Non solo oggi, ma in tutta l’età moderna.

Si tratta ovviamente solo di una proposta per stimolare una discussione, il più ampia possibile in particolare tra chi oggi è giovane, e per contribuire ad una maggiore consapevolezza dal punto di vista dell’impegno politico per il futuro. La consapevolezza che la scienza attuale è una parte del sistema del potere, e dunque una parte – non irrilevante – della sua insostenibilità, è infatti un dato importante per ogni futuro programma politico inteso a superare l’attuale sistema di potere.

Per analizzare i rapporti tra la scienza ed il potere è indispensabile rivedere la storia di questi rapporti. Ciò significa che è necessario tracciare una storia della scienza dal punto di vista politico, almeno nell’età moderna: un compito enorme, a cui è impossibile dare seguito singolarmente ed in un piccolo spazio. Mi propongo pertanto solo di suggerire qualche idea e qualche interpretazione.

L’intervento è diviso in 7 sezioni – esclusa la conclusione. Nella prima sezione presento una interpretazione della novella utopistica Nuova Atlantide (1627), di Francis Bacon. Quest’opera contiene il progetto della comunità scientifica come parte integrante dello Stato Nazionale moderno. Nella sezione 2 propongo uno schema interpretativo del rapporto tra la scienza ed il suo Patron, ossia il potere. Viene congetturato che sebbene la forma del potere abbia subito vistosi cambiamenti nel corso della storia moderna, la struttura del rapporto di Patronage è rimasta invariata. Propongo anche una ridefinizione della nozione di Programma di Ricerca Scientifico, introdotta da Lakatos negli anni ’60 del xx secolo, una ridefinizione interamente basata sul rapporto tra scienza e potere.

Per illustrare sia la congettura sulla invarianza del rapporto tra scienza e potere, sia quella sulla interpretazione in chiave politica dei programmi di ricerca, è necessario esaminare le vicende storiche della scienza moderna. Mi limiterò ad una brevissima rassegna, tutta contenuta nell’età moderna, con particolare attenzione al xx secolo. Farò riferimento alla suddivisione proposta da Hobsbawm del periodo successivo alla Rivoluzione Francese in secolo lungo (1789-1914) e secolo breve (1914-1991)[2].

La sezione 3 è dedicata a delle riflessioni generali sulla storia della scienza nell’arco di tempo dalla nascita della scienza moderna, tra la fine del xvi e l’inizio del xvii secolo, ed il 1914 (che per Hobsbawm segna la fine del secolo lungo). Per evidenziare il primo mutamento importante del rapporto tra la scienza e il suo Patron, ho suddiviso questo periodo in: età delle Accademie (dall’origine al 1789), ed età della Scienza Nazionale (fino al 1914). Nella sezione 4 si accenna alle vicende della grande accumulazione accaduta negli usa dopo la guerra di secessione. Queste sono di fondamentale importanza per la comprensione degli sviluppi recenti del capitalismo. Ma anche per la storia della scienza segnano uno snodo importante: da quella creazione di ricchezza ebbe origine infatti una nuova forma di Patronage. Allo sviluppo di questa nuova forma è dedicata la sezione 5, che passa in rassegna i rapporti tra scienza e potere nel secolo breve, evidenziandone i caratteri generali.

Un esame più dettagliato del nuovo Patronage – prevalente nella seconda metà del xx secolo – viene svolto nella sezione 6, che è dedicata all’attività della Rockefeller Foundation. La sezione finale, la settima, fissa l’attenzione sul periodo – vicinissimo e quindi più difficile da inquadrare – successivo al collasso dell’Unione Sovietica. Un periodo in cui si manifestano segni di ulteriori cambiamenti, nel rapporto tra la scienza ed il suo Patron. Questi segni vengono messi in evidenza con un semplice elenco di episodi specifici e di linee di tendenza. Da questi episodi e da queste tendenze non è tuttavia possibile dedurre se sia effettivamente in atto una ridislocazione del Patronage, o se l’intero sistema sociale si stia avvicinando ad una svolta radicale.

Il materiale di questo intervento è stato messo assieme in varie occasioni, la più importante delle quali è stata la partecipazione a due dei convegni internazionali «Scienza e Democrazia», svoltisi a Napoli, presso l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, ed organizzati da Marco Mamone-Capria dell’Università di Perugia, e Stefano Dumontet, dell’Università Parthenope di Napoli. Ringrazio l’Istituto, e particolarmente i miei amici Marco e Stefano, per queste occasioni di incontro, davvero uniche, tra un gruppo di scienziati che, nonostante le più differenti provenienze (sia in termini nazionali che disciplinari), condividono l’esigenza di una critica autentica alla funzione della scienza. Ringrazio Angelo Luongo, del Liceo Scientifico Galileo Galilei di Potenza, per avermi dato l’occasione, per la prima volta, di approfondire la figura di Francis Bacon, in occasione di una delle sessioni del Convivium Galileianum. Ringrazio infine Sergio Ulgiati, Stefano Dumontet, e Pier Paolo Franzese, per avermi invitato a tenere una lezione su questo argomento nell’ambito del Dottorato in Environment, Resources, and Sustainable Development dell’Università Parthenope di Napoli.

(torna su)

1. La Casa di Salomone di Sir Francis Bacon

La natura del potere, infatti, è, sotto questo riguardo, simile alla fama,

che va aumentando di mano in mano che avanza, o è anche simile al moto

dei corpi pesanti che acquistano tanto maggiore velocità quanto più a lungo si muovono.

(T. Hobbes, Leviatano, Cap. X.)

 

Le due principali caratteristiche della scienza moderna, il metodo scientifico e l’organizzazione del lavoro scientifico si trovano teorizzate nelle opere di Sir Francis Bacon[3]. Per cogliere l’influenza che l’opera di Bacon ha esercitato sulla nascita e lo sviluppo della scienza moderna si deve fissare l’attenzione non tanto sul suo contenuto in termini di scoperte scientifiche o di analisi filosofica, quanto piuttosto sul contenuto politico. Bacon infatti propose un modello di gestione del sapere e della ricerca nel contesto dello Stato, che si è rivelato uno strumento di sostegno e di legittimazione, per il potere, molto più efficace di quanto lo fosse stata la tradizionale alleanza con la comunità ecclesiastica.

Il metodo scientifico esprime due istanze. La prima è l’esigenza di stabilire le condizioni sotto cui è possibile acquisire la conoscenza dei processi naturali. Questa istanza, che è la più evidente e la più studiata, rimane confinata alla gnoseologia. Bacon se ne fece portatore sottolineando il ruolo fondamentale della sperimentazione e riproponendo con forza la logica induttiva[4]. Ma è la seconda istanza, quella politica, contenuta nel metodo scientifico la più interessante da evidenziare. Per la sua originalità e per la sua influenza duratura. Il metodo scientifico ha infatti, oltre la funzione di legittimare determinate conoscenze e tecniche di indagine dal punto di vista filosofico, anche quella di garantirne l’ufficialità nei confronti dello Stato.

Ma il vero aspetto innovatore, destinato ad esercitare la maggiore influenza sulla nascita della scienza moderna, concerne l’organizzazione del lavoro scientifico – la pratica scientifica. Bacon la codifica in Nuova Atlantide[5]. In questo scritto Bacon teorizza un modello utopistico di comunità scientifica, che chiama Casa di Salomone. Ne descrive l’organizzazione interna ed il ruolo nel contesto dello Stato. Questa comunità è laica e indipendente dalla Chiesa, anche se rispettosa della Religione. Essa ha il compito di indagare la natura e di gestire il patrimonio delle conoscenze raccolte, servendosi del metodo scientifico, con tutti i mezzi di cui viene dotata dallo Stato. La Casa di Salomone è organizzata in modo gerarchico e la sua attività è istituzionalizzata dallo Stato

 

Vi renderete conto (miei cari amici) che tra gli atti eccellenti di quel re, uno ha la preminenza su tutti. Esso fu la creazione di un Ordine o di una Società che noi chiamiamo la Casa di Salomone, la più nobile istituzione che sia mai esistita sulla terra (noi pensiamo) la lanterna di questo regno. Essa è dedicata allo studio delle opere e delle creature di Dio[6].

 

Nell’utopia di Bacon, tutte le funzioni della Scienza sono unificate nel progetto di assoggettare la Natura all’uomo

 

Il fine della nostra istituzione è la conoscenza delle cause e dei movimenti segreti delle cose e l’ampliamento dei confini dell’umano dominio, per la realizzazione di tutte le cose possibili[7].

 

Questo progetto ha lo scopo utopistico dichiarato di contribuire al progresso umano. Dal momento però che tutta la conoscenza dev’essere gestita dalla comunità scientifica, e che questa è una istituzione dello Stato, l’assoggettamento della natura ha uno scopo politico di fatto: rendere la conoscenza accumulata disponibile per il potere dello Stato. Gli strumenti messi a punto dalla scienza e dalla tecnologia sono di fatto una proprietà dello Stato: un patrimonio fruibile per il consolidamento e l’accrescimento della sua potenza.

È importante osservare che, nello Stato utopistico di Bacon, oltre la comunità degli scienziati ufficialmente riconosciuti, nessun altro soggetto, singolo o collettivo, è autorizzato a produrre e gestire le conoscenze scientifiche e le tecniche che ne derivano. Un’analisi critica più approfondita delle implicazioni ideologiche della novella, e delle altre opere di Bacon, mostra infatti che le due caratteristiche del suo progetto per la scienza – il metodo e l’organizzazione, che sono diventate i pilastri della scienza reale – sono di fatto degli strumenti di selezione. Selezionare le conoscenze accettabili e utilizzabili per determinati fini e, più ancora selezionare gli scienziati mediante la formazione, facendoli entrare nella gerarchia della Casa di Salomone, equivale a escludere tutte le conoscenze non compatibili col metodo scientifico e più ancora tutti gli intellettuali che non si conformano alla regola della comunità scientifica.

Nell’età di Francis Bacon e René Descartes, la formulazione di un metodo scientifico e la costituzione di una comunità scientifica riconosciuti dall’autorità sovrana[8], erano le condizioni per separare l’enorme messe delle nuove conoscenze e tecniche che si era accumulata nel corso dei due secoli precedenti – e la cui validità ed efficacia erano ormai evidenti nei fatti – dalla folla delle dottrine e dei filosofi che percorrevano il mondo cristiano occidentale.

È lecito affermare che la scienza dell’età moderna si è appropriata di molte conoscenze e pratiche provenienti dalle fonti più disparate. L’Alchimia, la Magia, i movimenti mistici, l’occultismo, la stessa Scolastica, furono la matrice smisurata e informe da cui fu tratta la Scienza moderna. L’influenza di quelle scuole e di quelle dottrine è ovviamente presente e riconoscibile ancora nella scienza di oggi, e costituisce un importante capitolo sia per la storia delle idee che per l’epistemologia[9]. Ma la funzione di selezione non si esauriva in questo compito, né si riduceva ad esso. La finalità primaria di questa funzione è nel rapporto con lo Stato. Al tempo di Bacon lo Stato Nazionale moderno era in embrione, come la scienza, ed era, nelle teorie dei pensatori politici, l’unico strumento per il progresso.

(torna su)

È facile riconoscere, nell’utopia baconiana di Nuova Atlantide, la presenza dei più discussi programmi di ricerca della Scienza di oggi, come la modificazione degli organismi vegetali

 

E negli stessi orti e giardini noi facciamo nascere artificialmente alberi e fiori più presto o più tardi della loro stagione; e li facciamo crescere e dare frutto più velocemente di quanto essi non facciano seguendo il loro corso naturale. Artificialmente li rendiamo anche molto più grandi della loro natura, e rendiamo i loro frutti più grossi e più dolci e di sapore, colore odore e aspetto diversi dalla loro natura. E trattiamo molti di essi in modo che acquistino proprietà medicinali[10].

 

Lo stesso per gli organismi animali

 

Abbiamo anche parchi e recinti con ogni sorta di animali e uccelli, che noi non usiamo solo per il loro aspetto o per la loro rarità, ma anche per dissezioni ed esperimenti; ché in tal modo possiamo gettare una luce su cosa si può fare sul corpo dell’uomo. E qui riscontriamo molti straordinari risultati, come la continuazione della vita in essi, anche se diversi organi, che voi considerate vitali, sono distrutti e asportati […]. Su di essi sperimentiamo anche tutti i veleni e le altre medicine, sia per via chirurgica che per via medica. Artificialmente inoltre li rendiamo più grossi e più alti di quanto non sia la loro specie; o al contrario li rimpiccioliamo e ne arrestiamo la crescita: li rendiamo più fertili e più prolifici di quanto non sia la loro specie; o al contrario sterili e infecondi. […] Noi troviamo i modi per fare commistioni e accoppiamenti di specie diverse; il che ha prodotto molte specie nuove, e non sterili, come è opinione comune. Creiamo numerose specie di serpenti, vermi, mosche, pesci dalla materia putrefatta […]. Né facciamo questo per caso, ma sappiamo in anticipo quale specie di creature nascerà da quella materia e da quella commistione[11].

 

O la modificazione degli alimenti destinati all’uomo

 

Abbiamo anche alcune carni e pani e bevande, che, prese dall’uomo, lo mettono in condizione di digiunare a lungo; e alcune altre che, con l’uso, rendono la carne stessa dei corpi umani molto più dura e più resistente e la loro forza di gran lunga maggiore di quanto non sarebbe altrimenti[12].

 

Troviamo anche programmi di ricerca sulle fonti di energia

 

Ma soprattutto noi abbiamo forme di calore, che, ad imitazione del calore del sole e dei corpi celesti, passano attraverso diversi gradi di intensità e (per così dire) orbite, progressioni e ritorni, attraverso i quali si producono effetti ammirevoli[13].

 

Potremmo continuare con molti altri significativi passi del testo: sull’indagine e lo sfruttamento della luce, delle radiazioni e del suono, sulla meccanica e sulla matematica. Una interpretazione approfondita delle finalità politiche di un simile progetto porta, come vedremo, a guardare alle condizioni sotto le quali una comunità di ‘filosofi naturali’ persegue questi programmi. Ma è del tutto evidente che questi ‘programmi di ricerca’ tradiscono la loro finalità di sostegno al potere dello Stato. Finché le finalità dello Stato vengono identificate con il progresso umano, la vera funzione della scienza resta nascosta.

Nella visione utopistica di Bacon la scienza è una componente istituzionale dello Stato, separata dal potere ed indipendente da esso. Gli scienziati approntano le soluzioni ai problemi che gli vengono sottoposti dallo Stato o che emergono dal loro stesso lavoro su altri problemi, essi decidono inoltre, in modo autonomo e solo in base alla loro competenza ed alla loro coscienza, di rendere pubbliche le soluzioni trovate o di comunicarle (o non comunicarle) allo Stato. Dall’altra parte ci sono i detentori del potere, i quali prendono la decisione di utilizzare o meno gli strumenti approntati dagli scienziati. Bacon appronta questa formula per sollevare gli scienziati dalla responsabilità dell’uso del loro lavoro

 

E facciamo anche questo: facciamo consultazioni su quale delle invenzioni e degli esperimenti che abbiamo scoperto, sarà da rendere pubblico e quale non lo sarà; e tutti facciamo un giuramento di segretezza, al fine di celare quelli che riteniamo opportuno tenere segreti; sebbene alcuni di quelli li riveliamo allo Stato a volte sì e a volte no[14].

 

La realtà è ovviamente molto lontana da quest’ideale di indipendenza degli scienziati. I rapporti tra scienza e potere si fondano su un doppio legame, sottinteso in Nuova Atlantide: da una parte i modi di sostegno alla scienza, che legano gli scienziati al potere, dall’altra parte i risultati in termini di conoscenze e tecnologia, che legano il potere alla scienza. Questi rapporti sono complessi, ambigui e difficili da valutare per molte ragioni. Una di queste è la tradizionale scarsa trasparenza degli organi dirigenti del potere, in tutte le decisioni che coinvolgono l’impiego dei prodotti della conoscenza scientifica. Scarsezza di trasparenza e di democraticità si riscontrano peraltro nella stessa comunità scientifica, in tutti i luoghi e le occasioni in cui si decide quali sono i programmi di ricerca – ed i ricercatori – da promuovere.

Un’altra ragione della difficoltà di valutazione dei rapporti tra scienza e potere sta nel fatto che, malgrado le prescrizioni di Bacon, il confine che separa le due strutture non sempre è facile da tracciare. A questo proposito bisogna osservare che la separazione tra scienza e potere predicata da Bacon ha come conseguenza, sul piano dell’etica, la separazione delle responsabilità nei confronti degli effetti delle applicazioni del lavoro scientifico. Se per Bacon, come si evince dall’ultimo passo citato, i membri della Casa di Salomone sono liberi di scegliere se rivelare o meno allo Stato l’esito delle loro ricerche, è chiaro che essi sono sollevati dalla responsabilità del loro impiego, perché ogni decisione in tal senso viene presa fuori della comunità scientifica.

Questo modello di etica scientifica, pur nella sua ingenua semplicità, è tacitamente sottoscritto da quasi tutti gli scienziati, ancora oggi. Esso infatti mantiene la strada della propria affermazione professionale sgombra da ogni preoccupazione inerente l’uso che del proprio lavoro viene fatto. Vi è peraltro un’ampia ed autorevole letteratura epistemologica e filosofica impegnata nel programma di dimostrare che le teorie scientifiche non hanno né possono avere contenuti o conseguenze etiche: un programma che si iscrive, di fatto, nel precetto baconiano della separazione tra scienza e potere. Malgrado ciò, un’analisi anche grossolana dei rapporti tra scienza e potere non manca di farci riconoscere quanto sia illusoria e ideologica, nel funzionamento della scienza, questa pretesa separazione.

L’analisi dei rapporti tra scienza e potere è un compito difficile, non possiamo qui che proporre qualche riflessione e qualche elemento di critica, esaminando in estrema sintesi i principali punti del percorso storico di tali rapporti ed alcune delle linee di tendenza evidenziabili oggi. Lo spazio che viene riservato a quest’argomento nei lavori di epistemologia e di storia della scienza, è fin troppo esiguo. Nemmeno le ricerche dei sociologi della scienza, per altri versi molto radicali, evidenziano quanto sarebbe necessario l’importanza decisiva dei rapporti tra scienza e potere[15]. Eppure il contesto politico che fa da sfondo alla comunità scientifica di oggi influisce in modo determinante e più che evidente sui programmi di ricerca, sulle carriere scientifiche e sul modo stesso in cui le discipline vengono suddivise ed insegnate. È dunque estremamente importante analizzare questa influenza e mettere in risalto la struttura dei rapporti che legano la teoria e la pratica della scienza alla dinamica del potere.

(torna su)

2. Il doppio legame tra la scienza e il suo Patron

Così stando le cose, il massimo in cui si può sperare

è una progenie di gnomi inventivi, pronti a farsi

assoldare per qualsiasi scopo

(B. Brecht. Vita di Galileo)

 

A questo punto è necessario formalizzare più rigorosamente le tesi di questo lavoro, sul funzionamento della scienza moderna, per metterle poi alla prova seguendo il corso della storia. Inizio col chiarire il senso che intendo attribuire ai termini principali, già impiegati e che continuerò ad impiegare. Questi termini sono: scienza moderna, potere, metodo e organizzazione del lavoro scientifico, strumento di selezione, partizione disciplinare, programma di ricerca scientifico. Di tutti questi termini intendo evidenziare il contenuto politico.

Il termine scienza moderna lo intendo nel senso propriamente storico, e cioè: la ricerca sul funzionamento dei processi naturali, e soprattutto l’organizzazione di questa ricerca, per come sono state concepite e praticate nell’età moderna. A partire cioè dal principio del xvii secolo, in Europa, sotto la spinta della formazione dello Stato Moderno.

Con il termine potere mi riferisco alle élite nelle quali, in ogni epoca, esso si è identificato. Potere coincide dunque, di volta in volta, con il potere del Monarca Assoluto, con quello dello Stato, oppure con quello delle fondazioni e delle grandi università (specialmente negli usa), o quello delle corporations. In ogni epoca della storia moderna il potere ha avuto una determinata identità: mi riferisco volta per volta a questa identità, chiamandola semplicemente il potere. Quando mi riferisco al rapporto con la scienza, uso anche il termine Patron, in luogo di potere, ed uso ‘rapporto di Patronage’ per qualificarlo.

Cosa debba intendersi per metodo è il problema principale dell’epistemologia contemporanea. Non voglio assumere qui definizioni che facciano capo a una proposta epistemologica particolare ma solo evidenziare, come ho già accennato nella sezione precedente, al contenuto politico di questo termine. Tutte le analisi critiche del carattere ipotetico-deduttivo delle teorie, e del carattere sperimentale-induttivo delle indagini sperimentali rimangono infatti confinate all’epistemologia, e non voglio occuparmene. Voglio invece sottolineare ancora una volta la funzione politica del metodo, una funzione di garanzia nei confronti del Patron, ma anche di giustificazione dell’impiego dei prodotti della scienza, da parte del Patron. Il fatto che le conoscenze scientifiche, e i prodotti tecnologici da queste ottenuti, siano stati realizzati in conformità al metodo, è infatti l’argomento decisivo impiegato dal potere per legittimare le sue scelte, in tutto il corso della storia moderna.

Anche l’organizzazione del lavoro scientifico, e cioè la struttura e la funzione della comunità scientifica[16], la intendo sotto l’aspetto politico. Questo aspetto consiste nel controllo. Quello degli scienziati è infatti un lavoro essenzialmente sottoposto a controllo, che viene attuato su due piani: sul piano del funzionamento interno della comunità scientifica si articola nella gerarchia e nei modi della comunicazione; sul piano invece del Patronage il controllo avviene attraverso la suddivisione disciplinare e la determinazione dei programmi di ricerca scientifici. I due piani si sono spesso intersecati, ma è comunque sempre il Patron, direttamente o indirettamente, a determinare le funzioni di controllo.

Per strumento di selezione intendo ogni struttura che funzioni da selettore, sia di obiettivi di indagine, sia di persone o di istituzioni. In un senso che risulterà chiaro nel corso della rassegna storica, si può affermare che tutte le strutture che rendono possibile il funzionamento della scienza moderna sono strumenti di selezione. Lo è il metodo, come ho già segnalato, lo è l’organizzazione del lavoro scientifico, lo sono infine la suddivisione disciplinare e i programmi di ricerca. Il carattere selettivo del funzionamento della scienza moderna è dunque quello più generale, ed è una conseguenza diretta del suo legame con il potere.

Sulla suddivisione disciplinare e sul concetto di programma di ricerca scientifico torno tra breve perché è ora necessario definire con maggior chiarezza la struttura del legame tra la scienza ed il suo Patron.

(torna su)

In questo lavoro attribuisco un’importanza decisiva alla novella Nuova Atlantide sia sul piano dottrinario sia su quello politico. Questa importanza è ampiamente condivisa dagli storici e, come vedremo, anche dal Patron non statale più influente nel xx secolo, la Rockefeller Foundation. È dunque del tutto sensato assumere che il progetto della scienza moderna sia contenuto in embrione in questo scritto. E che pertanto l’analisi del testo possa mettere in luce la funzione per la quale la scienza moderna è stata concepita nell’utopia, e realizzata concretamente.

Il pensiero di Bacon ci guida nell’individuazione del legame tra la scienza moderna ed il potere. La novella Nuova Atlantide è prima di tutto il progetto dello Stato Moderno. Un progetto che la dimensione utopistica del racconto contribuisce a rendere trasparente, libera dalle eccezioni e dalle peculiarità di ogni realizzazione concreta. Questo Stato, nella concezione di Bacon e dei filosofi politici del xvii secolo, è la condizione per realizzare il progresso dell’umanità. È lo strumento per emancipare l’uomo dalla lotta di tutti contro tutti, e rendere le energie creative umane disponibili a costituire una società organizzata intorno alle sue istituzioni, e funzionante come un unico soggetto che persegue la propria emancipazione.

Tra queste, il progetto di Bacon prevede anche l’istituzione della comunità scientifica. In ciò Nuova Atlantide si differenzia dagli altri progetti utopistici dello Stato. E vale la pena di sottolineare che Bacon fu sia scienziato che funzionario di alto rango della corona d’Inghilterra, nei primi decenni del xvii secolo. Come tale, egli intravide quali potenzialità si celassero, nello sfruttamento sistematico e consapevole delle forze naturali. Potenzialità per il progresso dell’umanità, ma che solo lo Stato era in grado di porre in atto.

Lo Stato è dunque condizione per l’esistenza della scienza moderna: lo è nel progetto di Bacon, ma lo è anche nella realizzazione concreta, come dimostra la storia. Esso è però solo una condizione necessaria, per la scienza – così come è condizione solo necessaria per il progresso dell’umanità. La condizione non è anche sufficiente, come invece propone l’utopia. Il concetto di Stato Moderno infatti, in parte ha coperto e in parte giustificato gli obiettivi perseguiti dalle forze sociali emergenti, nell’Europa che si affacciava alla modernità, e che realizzarono concretamente quel concetto[17].

Seguendo il progetto di Francis Bacon si può vedere con chiarezza quale sia il legame tra la scienza ed il suo Patron originario: lo Stato. Ho già accennato alla struttura di questo legame nella sezione precedente. Si tratta di un legame duplice del tutto ovvio: per un verso, la scienza viene creata ed investita della sua funzione dal potere, e i suoi componenti godono di un privilegio sociale su cui il testo non fa misteri; per l’altro verso il potere, lo Stato nel progetto di Bacon, è l’unico proprietario delle conoscenze e delle realizzazioni tecnologiche ottenute dagli scienziati, e ne dispone per il proprio consolidamento ed accrescimento.

Questo duplice legame si è effettivamente realizzato, nel corso della storia moderna. E si è rivelato tanto forte da emanciparsi dalle condizioni sociali ed economiche esistenti alla sua nascita, nell’Europa del xvii secolo, rimodellandosi via via che il potere assumeva forme diverse nelle diverse età storiche. La struttura di questo legame è però rimasta invariata, al variare del soggetto che ha incarnato il potere. In altri termini, finché il potere si è identificato nelle élite che hanno guidato lo Stato Moderno, il rapporto di Patronage ha avuto una forma stabile – benché sottoposta ad aggiustamenti progressivi – quando il potere ha iniziato ad assumere una forma diversa da quella statale, il rapporto di Patronage si è adattato al nuovo potere, mantenendo la struttura del duplice legame a fronte di cambiamenti più o meno radicali nelle altre caratteristiche della scienza: le modalità di accesso alla gerarchia scientifica, i modi di sostegno alla ricerca, i programmi di ricerca e la stessa partizione disciplinare. La tesi che emerge è dunque che il rapporto di Patronage, il duplice legame, è tanto forte da infrangere ogni norma morale e civile, e ogni consuetudine della tradizione, e tende a plasmare solo sulla propria continuità i cambiamenti indotti dalla storia.

(torna su)

È ora il momento di chiarire, per concludere, il significato degli ultimi due termini: partizione disciplinare e programma di ricerca scientifico. Per partizione disciplinare si intende la divisione di ciò che si sa, e di ciò che è ancora da esplorare, in un insieme di discipline, ciascuna delle quali dotata di una propria autonomia metodologica, di propri strumenti e di specifici inquadramenti concettuali. Questa divisione, per come la vediamo oggi, sembra rispecchiare i diversi domini dei fenomeni naturali. In altre parole sembra rispecchiare l’oggettività del mondo naturale. Che i fenomeni della vita siano distinti, per esempio, da quelli astronomici, e che il loro studio richieda metodi e teorie differenti, sembra infatti del tutto oggettivo.

Qui però non voglio evidenziare la relazione tra la partizione disciplinare e l’oggettività dei fenomeni naturali, ma la relazione con le finalità della ricerca scientifica. La divisione della scienza in discipline, da questo punto di vista, esprime una direttiva che fa parte dello stesso atto di istituzione della scienza. Per rendere più esplicita questa osservazione conviene rifarci ancora alla novella di Bacon. Lo Stato istituisce la Casa di Salomone, come si è osservato, per raccogliere tutte le possibili conoscenze sul funzionamento della natura, con lo scopo di impiegarle. Ma è chiaro che di questo atto costitutivo fa parte anche la prescrizione di quali fenomeni sono da investigare. Anche se l’eventuale ampliamento del dominio dei fenomeni da esplorare, o l’individuazione di nuovi domini, è tra i compiti della Casa di Salomone, è chiaro che nell’atto istitutivo già figura una partizione disciplinare.

Dalle citazioni che ho riportate nella sezione precedente, si può facilmente dedurre quale sia la partizione disciplinare dell’utopia di Bacon. Ma nonostante le sorprendenti analogie con gli oggetti della ricerca scientifica attuali, l’attenzione dev’essere fissata sul dato fondamentale: e cioè sul fatto che la partizione disciplinare fa parte dell’atto istitutivo. In altri termini, ciò che va esplorato, i fenomeni su cui vanno impegnate le forze della Casa di Salomone, vengono decisi dallo Stato.

In tutte le realizzazioni concrete che hanno visto la nascita delle prime istituzioni scientifiche, esistevano già dei corpi disciplinari, molti dei quali con una storia che risaliva all’antichità – basta come esempio ricordare la matematica, o le scienze mediche. Ciò che però va notato, nella fondazione della scienza moderna, è che la partizione disciplinare è funzionale agli scopi dello Stato ed è stata in grado di assorbire quanto di ciò che già esisteva vi era conforme, e di eliminare quanto non si confaceva ad essi.

Questa tesi verrà messa alla prova nella rassegna storica, qui voglio solo anticipare che tutti i cambiamenti nel rapporto di Patronage hanno dato luogo a dei cambiamenti più o meno radicali nella partizione disciplinare. I cambiamenti più importanti e più facili da mettere in evidenza non hanno però riguardato direttamente la divisione della scienza in discipline, ma piuttosto i programmi di ricerca. E qui sono all’ultimo termine da definire in modo più preciso.

Il concetto di programma di ricerca scientifico fu introdotto negli anni ’60 del secolo scorso da Imre Lakatos[18], con lo scopo di rafforzare l’epistemologia falsificazionista di Karl Popper di fronte agli attacchi del relativismo di Paul Feyerabend e soprattutto di Thomas Kuhn. Non ho intenzione di entrare nei dettagli di un dibattito che ha visto Lakatos come difensore del razionalismo di matrice positivista, perché quel dibattito non concerneva l’aspetto politico della scienza. E tuttavia l’idea di programma di ricerca come successione di teorie che formano aggiustamenti concettuali – progressivi o regressivi – nella descrizione di un dato corpus di fenomeni, è in grado di render conto anche del rapporto di Patronage che lega la scienza al potere. Possiamo infatti definire un programma di ricerca scientifico come un insieme di obiettivi – sia nella conoscenza di base che nella tecnologia – reso coerente dallo scopo generale che li accomuna. Questi obiettivi selezionano le teorie, le strategie sperimentali ed anche i gruppi di scienziati che sono i più adatti a perseguirli. I programmi di ricerca – più flessibili rispetto alla partizione disciplinare, e dunque più adattabili ad esigenze specifiche – sono determinati dal Patron, dal potere, e sono stati e vengono tuttora imposti alla comunità scientifica con modalità che dipendono largamente dalle contingenze storiche.

Posto che i programmi di ricerca sono funzionali agli scopi del potere, è importante analizzare la dinamica con cui essi sono stati determinati, e imposti alla comunità scientifica. Una dinamica resa possibile dalla struttura del duplice legame tra la scienza e il suo Patron. A questa analisi, che cercherò di costruire seguendo il corso della storia moderna, è dedicata la parte successiva di questo lavoro.

 

APRILE 2013

(torna su)


[1] Per segnalare un esempio recente: il numero 2911 di «New Scientist» (weekly 6 April 2013) contiene un paio di articoli sul ritorno alla produzione di energia dal nucleare, negli usa. Si mette in evidenza la sicurezza delle nuove tecnologie, e si sottolinea il fatto che la generazione di energia dal nucleare non produce gas serra, senza menzionare il problema dello stoccaggio delle scorie, né il recente disastro di Fukushima.

[2] E.J. Hobsbawm, Le rivoluzioni borghesi: 1789-1848, Laterza, Bari 1988; Il trionfo della borghesia 1848-1875, Laterza, Bari 1994; L’Età degli imperi 1875-1914, Laterza, Bari 1992; Il secolo breve, Rizzoli, Milano 1995.

[3] Francis Bacon (1561-1626) fu filosofo e giurista, ma anche uomo di potere. Procuratore Generale della Corona d’Inghilterra (1613) e Lord Cancelliere (1618), durante il regno di Giacomo I Stuart. Cadde in disgrazia nel 1621 e, dopo una breve detenzione nella Torre di Londra, si ritirò dalla politica. Le edizioni delle opere di Bacon a cui faccio riferimento sono: Nuova Atlantide, a cura di Luigi Punzo, Bulzoni, Roma 2001; Nuovo Organo, a cura di Michele Marchetto, Bompiani, Milano 2002; Uomo e Natura, scritti filosofici, a cura di Enrico De Mas, Laterza, Bari 1994.

[4] La teoria del metodo scientifico è esposta in modo esaustivo nell’opera principale di Bacon, Novum Organum, del 1620. Il titolo richiama quello della raccolta degli scritti di Aristotele dedicati all’esposizione del corretto metodo del ragionare.

[5] Il racconto Nuova Atlantide, composto tra il 1614 e il 1617, fu pubblicato nel 1627, a un anno dalla morte dell’autore. È la descrizione di un paese utopico, redatta da un viaggiatore che vi approda assieme al resto dell’equipaggio della sua nave, dopo uno sfortunato viaggio in mare. Come Utopia di T. More, o La Città del Sole di T. Campanella, Nuova Atlantide si ispira ai modelli del racconto utopistico dell’antichità. Bacon descrive un modello ideale di Stato, che possa servire da paradigma per la costruzione di una struttura reale. Il paese descritto dal narratore è organizzato su principi rigidamente puritani, ma la novità di rilievo del racconto baconiano è che questo Stato ha istituito una Casa di Salomone, ossia una comunità scientifica, la quale ha il compito di effettuare ricerche scientifiche in ogni campo e di provvedere alle applicazioni pratiche delle sue scoperte.

[6] F. Bacon, Nuova Atlantide, cit., pp. 96-97. Il corsivo è del testo.

[7] Ibidem, pp. 126-127.

[8] Anche René Descartes (1596-1650) formulò un metodo – fondato sulla razionalità piuttosto che sulla sperimentazione – e contribuì direttamente alla costituzione dell’Accademia Reale di Svezia. Sebbene Descartes, a differenza di Bacon, non avesse teorizzato alcun modello di comunità scientifica, il suo sistema scientifico e filosofico fu visto, dagli Oratoriani e da una parte dei Gesuiti, come un possibile nuovo alleato per la Chiesa, molto più efficace dell’edificio costruito dalla Scolastica sulle teorie di Aristotele.

[9] Per rendere più chiara questa affermazione basta citare gli studi di Duhem e quelli più recenti di Clagett sull’origine del principio di conservazione della quantità di moto, individuata nelle elaborazioni scolastiche della dottrina dell’Impetus, o anche la tesi di Jammer sull’origine mistica dei concetti di spazio e tempo della fisica matematica di Newton.

[10] F. Bacon, Nuova Atlantide, cit., pp.132-133.

[11] Ibidem, pp.132-135.

[12] Ibidem, pp.136-137.

[13] Ibidem, pp.138-139.

[14] Ibidem, pp. 150-151.

[15] La sociologia della scienza mette a fuoco quasi esclusivamente rapporti sociali e comportamenti umani interni alla comunità scientifica, assumendo come scontati i rapporti con l’esterno, che pur ne costituiscono la causa diretta. Lo studio del comportamento sociale dello scienziato e l’analisi dei cosiddetti paradigmi sociali della comunità scientifica, quando vengono effettuati prescindendo dalle condizioni determinate dai rapporti tra la scienza ed il suo ambiente esterno, costituiscono al più un capitolo dell’antropologia. Il prodotto del lavoro scientifico viene quindi visto come il prodotto di una qualsiasi ‘sottocultura’ umana, senza preoccuparsi degli effetti che questo lavoro produce sulla società in generale, né, cosa più importante, dell’impiego che di questo lavoro viene fatto dal potere. Le opere dei sociologi della scienza sono oggi ampiamente disponibili anche in italiano. In A. Pickering (a cura di), La Scienza come pratica e cultura, Edizioni di Comunità, Torino 2001, si trova un bilancio critico dell’intera corrente, ed un’antologia di contributi di tutti i principali autori.

[16] Molti autori preferiscono declinare il termine al plurale, parlare cioè di comunità scientifiche. In effetti nelle varie età in cui gli storici hanno suddivisa l’età moderna, e più ancora nella seconda metà del xx secolo, è sempre esistita una pluralità di gruppi di scienziati, tra loro molto differenti. Qui però, dal momento che si cercano di evidenziare i fattori comuni dell’attività degli scienziati, in relazione al legame con il potere – anch’esso visto sotto l’aspetto generale di Patron – preferisco nettamente il singolare: parlare cioè di comunità scientifica.

[17] Al di là di ciò che sulla scienza ci dice la sua storia politica, il fatto che lo Stato – come le altre forme assunte dal potere nel corso dell’età moderna – non sia anche condizione sufficiente per l’esistenza della scienza, apre, come vedremo nella conclusione, la strada per individuare una sua diversa funzione nelle società future.

[18] Mi riferisco in particolare al testo: I. Lakatos, La metodologia dei programmi di ricerca scientifici, Il Saggiatore, Milano 1996.