ALL'OMBRA DELLA «CASA DI SALOMONE»
L'influenza delle grandi fondazioni sulla scienza del xx secolo
Ermenegildo Caccese
Introduzione
Percepiamo tutti, in modi diversi e con
ricadute molto diverse sulla nostra vita quotidiana, di essere vicini ad
un limite. Chi oggi è anziano percepisce questa vicinanza come una
minaccia al proprio stile di vita, ed anche ai propri ideali, ammesso
che ne abbia. Chi è giovane invece la percepisce come una
chiusura, come l’assenza di
opportunità a trovare entro l’organizzazione sociale attuale la propria
collocazione. Ed anche come una impossibilità ed una assurdità:
l’impossibilità e l’assurdità di poter far parte dello stesso sistema
che è stato dei propri genitori, che per molti versi corrisponde
all’impossibilità ed all’assurdità che
questo sistema possa proseguire.
In questo lavoro voglio proporre una
riflessione su uno dei pilastri di questo sistema, non in vista come gli
altri (la produzione economica, la finanza internazionale, lo
sfruttamento dell’ecosistema e dei gruppi umani più deboli, e via
dicendo) ma ugualmente importante. Mi riferisco alla ricerca scientifica
e tecnologica. Sul funzionamento e sulle finalità della scienza, la
maggioranza dei cittadini dei paesi in cui questa infrastruttura è
presente (e a maggior ragione quelli dei paesi ‘non sviluppati’) non ha
sufficienti informazioni. Neanche la gran maggioranza di coloro che
fanno parte dell’organizzazione della scienza ne conosce a sufficienza
il funzionamento, né in generale ha una precisa nozione delle vere
finalità del lavoro che svolge quotidianamente.
Esercitare la critica è difficile, ed
anche pericoloso, soprattutto per chi, come gli scienziati, ha tutto da
perdere da una visione completa e chiara della propria reale dimensione
lavorativa, e degli effetti prodotti dalla propria attività. Tuttavia,
chi vive e lavora nella comunità scientifica anche solo per questo
condivide la responsabilità dell’uso delle proprie ricerche, e
soprattutto condivide la responsabilità della mancata informazione e
conoscenza veritiera sull’attività scientifica.
Ma cosa vuol dire conoscere – e far
conoscere – l’attività scientifica? A questa domanda si può cercare di
rispondere in vari modi. Da una parte c’è la via dell’informazione:
mettere al corrente il pubblico – il più ampio possibile – di ciò che
fanno gli scienziati, delle scoperte e delle applicazioni tecnologiche,
e soprattutto delle scelte politiche in merito alla ricerca scientifica.
Insomma: la via giornalistica.
C’è poi la via dell’analisi
critica, ossia lo studio del funzionamento della scienza. Questo
studio si svolge essenzialmente in due modi: lo studio della scienza in
quanto conoscenza (l’epistemologia) e l’analisi della scienza come
sistema organizzato di persone ed infrastrutture (la sociologia della
scienza). Nel secondo tipo di analisi vengono studiati i rapporti
sociali esistenti nella comunità scientifica, e gli effetti che tali
rapporti hanno sul prodotto della scienza.
Va messo in evidenza che però,
nonostante queste vie siano ben consolidate, manca una visione del peso
dell’attività scientifica nelle società del mondo ‘sviluppato’, e dei
suoi effetti globali, che metta insieme un quadro completo, senza
lasciare ombre o rinviare ad altro il completamento del quadro. Una
delle ragioni di questa mancanza sta nella parzialità delle
informazioni, al livello giornalistico[1], e nella
scarsezza di studi e analisi critiche della
politica della scienza, ossia dei rapporti tra la scienza ed il
potere. L’epistemologia e la sociologia della scienza si occupano
infatti quasi soltanto del funzionamento
interno della scienza. Di
cercare cioè dei criteri di legittimazione delle teorie, sul piano
gnoseologico, o di analizzare la verità scientifica sul piano dei
rapporti tra gli scienziati, inquadrando questi rapporti in schemi
interpretativi sociologici che fanno quasi del tutto a meno dell’analisi
dei rapporti tra la scienza ed il suo
Patron.
È invece proprio all’analisi del
rapporto tra la scienza e il suo
Patron che è dedicato questo intervento. Ad inquadrare la scienza
come una componente del potere, mettendo in evidenza come tutta – o
quasi – l’attività scientifica si possa interpretare come
uno degli aspetti dello
sviluppo del potere, almeno nella civiltà occidentale. Non solo oggi, ma
in tutta l’età moderna.
Si tratta ovviamente solo di una
proposta per stimolare una discussione, il più ampia possibile in
particolare tra chi oggi è giovane, e per contribuire ad una maggiore
consapevolezza dal punto di vista dell’impegno politico per il futuro.
La consapevolezza che la scienza attuale è una parte del sistema del
potere, e dunque una parte – non irrilevante – della sua
insostenibilità, è infatti un dato importante per ogni futuro programma
politico inteso a superare l’attuale sistema di potere.
Per analizzare i rapporti tra la scienza
ed il potere è indispensabile rivedere la storia di questi rapporti. Ciò
significa che è necessario tracciare una storia della scienza dal punto
di vista politico, almeno nell’età moderna: un compito enorme, a cui è
impossibile dare seguito singolarmente ed in un piccolo spazio. Mi
propongo pertanto solo di suggerire qualche idea e qualche
interpretazione.
L’intervento è diviso in 7 sezioni –
esclusa la conclusione. Nella prima sezione presento una interpretazione
della novella utopistica Nuova Atlantide (1627), di Francis Bacon. Quest’opera contiene il
progetto della comunità scientifica come parte integrante dello Stato
Nazionale moderno. Nella sezione 2 propongo uno schema interpretativo
del rapporto tra la scienza ed il suo
Patron, ossia il potere. Viene
congetturato che sebbene la forma
del potere abbia subito vistosi cambiamenti nel corso della storia
moderna, la struttura del rapporto di
Patronage è rimasta invariata.
Propongo anche una ridefinizione della nozione di
Programma di Ricerca Scientifico,
introdotta da Lakatos negli anni ’60 del
xx secolo, una
ridefinizione interamente basata sul rapporto tra scienza e potere.
Per illustrare sia la congettura sulla
invarianza del rapporto tra scienza e potere, sia quella sulla
interpretazione in chiave politica dei programmi di ricerca, è
necessario esaminare le vicende storiche della scienza moderna. Mi
limiterò ad una brevissima rassegna, tutta contenuta nell’età moderna,
con particolare attenzione al xx
secolo. Farò riferimento alla suddivisione proposta da Hobsbawm del
periodo successivo alla Rivoluzione Francese in
secolo lungo (1789-1914) e
secolo breve (1914-1991)[2].
La sezione 3 è dedicata a delle
riflessioni generali sulla storia della scienza nell’arco di tempo dalla
nascita della scienza moderna, tra la fine del
xvi e l’inizio del
xvii secolo, ed il 1914
(che per Hobsbawm segna la fine del
secolo lungo). Per evidenziare
il primo mutamento importante del rapporto tra la scienza e il suo
Patron, ho suddiviso questo
periodo in: età delle Accademie
(dall’origine al 1789), ed età
della Scienza Nazionale (fino al 1914). Nella sezione 4 si accenna
alle vicende della grande accumulazione accaduta negli
usa dopo la guerra di
secessione. Queste sono di fondamentale importanza per la comprensione
degli sviluppi recenti del capitalismo. Ma anche per la storia della
scienza segnano uno snodo importante: da quella creazione di ricchezza
ebbe origine infatti una nuova forma di
Patronage. Allo sviluppo di
questa nuova forma è dedicata la sezione 5, che passa in rassegna i
rapporti tra scienza e potere nel
secolo breve, evidenziandone i caratteri generali.
Un esame più dettagliato del nuovo
Patronage – prevalente nella
seconda metà del xx secolo
– viene svolto nella sezione 6, che è dedicata all’attività della
Rockefeller Foundation. La
sezione finale, la settima, fissa l’attenzione sul periodo – vicinissimo
e quindi più difficile da inquadrare – successivo al collasso
dell’Unione Sovietica. Un periodo in cui si manifestano segni di
ulteriori cambiamenti, nel rapporto tra la scienza ed il suo
Patron. Questi segni vengono
messi in evidenza con un semplice elenco di episodi specifici e di linee
di tendenza. Da questi episodi e da queste tendenze non è tuttavia
possibile dedurre se sia effettivamente in atto una ridislocazione del
Patronage, o se l’intero
sistema sociale si stia avvicinando ad una svolta radicale.
Il materiale di questo intervento è
stato messo assieme in varie occasioni, la più importante delle quali è
stata la partecipazione a due dei convegni internazionali «Scienza e
Democrazia», svoltisi a Napoli, presso l’Istituto Italiano per gli Studi
Filosofici, ed organizzati da Marco Mamone-Capria dell’Università di
Perugia, e Stefano Dumontet, dell’Università
Parthenope di Napoli. Ringrazio l’Istituto, e particolarmente i miei
amici Marco e Stefano, per queste occasioni di incontro, davvero uniche,
tra un gruppo di scienziati che, nonostante le più differenti
provenienze (sia in termini nazionali che disciplinari), condividono
l’esigenza di una critica autentica alla funzione della scienza.
Ringrazio Angelo Luongo, del Liceo Scientifico
Galileo Galilei di Potenza,
per avermi dato l’occasione, per la prima volta, di approfondire la
figura di Francis Bacon, in occasione di una delle sessioni del
Convivium Galileianum.
Ringrazio infine Sergio Ulgiati, Stefano Dumontet, e Pier Paolo
Franzese, per avermi invitato a tenere una lezione su questo argomento
nell’ambito del Dottorato in
Environment, Resources, and Sustainable Development dell’Università
Parthenope di Napoli.
1. La
Casa di Salomone di Sir Francis Bacon
La natura del potere,
infatti, è, sotto questo riguardo, simile alla fama,
che va aumentando di
mano in mano che avanza, o è anche simile al moto
dei corpi pesanti che
acquistano tanto maggiore velocità quanto più a lungo si muovono.
(T. Hobbes,
Leviatano, Cap. X.)
Le due principali caratteristiche della
scienza moderna, il metodo scientifico e
l’organizzazione del lavoro scientifico si trovano teorizzate nelle
opere di Sir Francis Bacon[3]. Per cogliere
l’influenza che l’opera di Bacon ha esercitato sulla nascita e lo
sviluppo della scienza moderna si deve fissare l’attenzione non tanto
sul suo contenuto in termini di scoperte scientifiche o di analisi
filosofica, quanto piuttosto sul contenuto
politico. Bacon infatti
propose un modello di gestione del sapere e della ricerca nel contesto
dello Stato, che si è rivelato uno strumento di sostegno e di
legittimazione, per il potere, molto più efficace di quanto lo fosse
stata la tradizionale alleanza con la comunità ecclesiastica.
Il metodo scientifico esprime due
istanze. La prima è l’esigenza di stabilire le condizioni sotto cui è
possibile acquisire la conoscenza dei processi naturali. Questa istanza,
che è la più evidente e la più studiata, rimane confinata alla
gnoseologia. Bacon se ne fece portatore sottolineando il ruolo
fondamentale della sperimentazione e riproponendo con forza la logica
induttiva[4]. Ma è la
seconda istanza, quella politica, contenuta nel metodo scientifico la
più interessante da evidenziare. Per la sua originalità e per la sua
influenza duratura. Il metodo scientifico ha infatti, oltre la funzione
di legittimare determinate
conoscenze e tecniche di indagine dal punto di vista filosofico, anche
quella di garantirne l’ufficialità
nei confronti dello Stato.
Ma il vero aspetto innovatore, destinato
ad esercitare la maggiore influenza sulla nascita della scienza moderna,
concerne l’organizzazione del lavoro scientifico – la
pratica scientifica. Bacon la
codifica in Nuova Atlantide[5]. In questo
scritto Bacon teorizza un modello utopistico di comunità scientifica,
che chiama Casa di Salomone.
Ne descrive l’organizzazione interna ed il ruolo nel contesto dello
Stato. Questa comunità è laica e indipendente dalla Chiesa, anche se
rispettosa della Religione. Essa ha il compito di indagare la natura e
di gestire il patrimonio delle conoscenze raccolte, servendosi del
metodo scientifico, con tutti i mezzi di cui viene dotata dallo Stato.
La Casa di Salomone è
organizzata in modo gerarchico e la sua attività è istituzionalizzata
dallo Stato
Vi renderete conto
(miei cari amici) che tra gli atti eccellenti di quel re, uno ha la
preminenza su tutti. Esso fu la creazione di un Ordine o di una Società
che noi chiamiamo la Casa di
Salomone, la più nobile istituzione che sia mai esistita sulla terra
(noi pensiamo) la lanterna di questo regno. Essa è dedicata allo studio
delle opere e delle creature di Dio[6].
Nell’utopia di Bacon, tutte le funzioni
della Scienza sono unificate nel progetto di assoggettare la Natura
all’uomo
Il fine della nostra
istituzione è la conoscenza delle cause e dei movimenti segreti delle
cose e l’ampliamento dei confini dell’umano dominio, per la
realizzazione di tutte le cose possibili[7].
Questo progetto ha lo
scopo utopistico dichiarato di
contribuire al progresso umano. Dal momento però che tutta la conoscenza
dev’essere gestita dalla comunità scientifica, e che questa è una
istituzione dello Stato, l’assoggettamento della natura ha uno
scopo politico di fatto: rendere la conoscenza accumulata
disponibile per il potere dello Stato. Gli strumenti messi a punto dalla
scienza e dalla tecnologia sono di fatto una proprietà dello Stato: un
patrimonio fruibile per il consolidamento e l’accrescimento della sua
potenza.
È importante osservare che, nello Stato
utopistico di Bacon, oltre la comunità degli scienziati ufficialmente
riconosciuti, nessun altro soggetto, singolo o collettivo, è autorizzato
a produrre e gestire le conoscenze scientifiche e le tecniche che ne
derivano. Un’analisi critica più approfondita delle implicazioni
ideologiche della novella, e delle altre opere di Bacon, mostra infatti
che le due caratteristiche del suo progetto per la scienza – il metodo e
l’organizzazione, che sono diventate i pilastri della scienza reale –
sono di fatto degli strumenti di
selezione. Selezionare le conoscenze accettabili e utilizzabili per
determinati fini e, più ancora selezionare gli scienziati mediante la
formazione, facendoli entrare nella gerarchia della
Casa di Salomone, equivale a
escludere tutte le conoscenze non compatibili col metodo scientifico e
più ancora tutti gli intellettuali che non si conformano alla
regola della comunità scientifica.
Nell’età di Francis Bacon e René
Descartes, la formulazione di un metodo scientifico e la costituzione di
una comunità scientifica riconosciuti dall’autorità sovrana[8], erano le
condizioni per separare l’enorme messe delle nuove conoscenze e tecniche
che si era accumulata nel corso dei due secoli precedenti – e la cui
validità ed efficacia erano ormai evidenti nei fatti – dalla folla delle
dottrine e dei filosofi che percorrevano il mondo cristiano occidentale.
È lecito affermare che la scienza
dell’età moderna si è appropriata di molte conoscenze e pratiche
provenienti dalle fonti più disparate. L’Alchimia, la Magia, i movimenti
mistici, l’occultismo, la stessa Scolastica, furono la matrice smisurata
e informe da cui fu tratta la Scienza moderna. L’influenza di quelle
scuole e di quelle dottrine è ovviamente presente e riconoscibile
ancora nella scienza di oggi, e costituisce un importante capitolo sia
per la storia delle idee che per l’epistemologia[9]. Ma la
funzione di selezione non si
esauriva in questo compito, né si riduceva ad esso. La finalità primaria
di questa funzione è nel rapporto con lo Stato. Al tempo di Bacon lo
Stato Nazionale moderno era in embrione, come la scienza, ed era, nelle
teorie dei pensatori politici, l’unico strumento per il progresso.
È facile riconoscere, nell’utopia
baconiana di Nuova Atlantide, la presenza dei più discussi programmi di ricerca
della Scienza di oggi, come la modificazione degli organismi vegetali
E negli stessi orti e
giardini noi facciamo nascere artificialmente alberi e fiori più presto
o più tardi della loro stagione; e li facciamo crescere e dare frutto
più velocemente di quanto essi non facciano seguendo il loro corso
naturale. Artificialmente li rendiamo anche molto più grandi della loro
natura, e rendiamo i loro frutti più grossi e più dolci e di sapore,
colore odore e aspetto diversi dalla loro natura. E trattiamo molti di
essi in modo che acquistino proprietà medicinali[10].
Lo stesso per gli organismi animali
Abbiamo anche parchi e
recinti con ogni sorta di animali e uccelli, che noi non usiamo solo per
il loro aspetto o per la loro rarità, ma anche per dissezioni ed
esperimenti; ché in tal modo possiamo gettare una luce su cosa si può
fare sul corpo dell’uomo. E qui riscontriamo molti straordinari
risultati, come la continuazione della vita in essi, anche se diversi
organi, che voi considerate vitali, sono distrutti e asportati […]. Su
di essi sperimentiamo anche tutti i veleni e le altre medicine, sia per
via chirurgica che per via medica. Artificialmente inoltre li rendiamo
più grossi e più alti di quanto non sia la loro specie; o al contrario
li rimpiccioliamo e ne arrestiamo la crescita: li rendiamo più fertili e
più prolifici di quanto non sia la loro specie; o al contrario sterili e
infecondi. […] Noi troviamo i modi per fare commistioni e accoppiamenti
di specie diverse; il che ha prodotto molte specie nuove, e non sterili,
come è opinione comune. Creiamo numerose specie di serpenti, vermi,
mosche, pesci dalla materia putrefatta […]. Né facciamo questo per
caso, ma sappiamo in anticipo quale specie di creature nascerà da quella
materia e da quella commistione[11].
O la modificazione degli alimenti
destinati all’uomo
Abbiamo anche alcune
carni e pani e bevande, che, prese dall’uomo, lo mettono in condizione
di digiunare a lungo; e alcune altre che, con l’uso, rendono la carne
stessa dei corpi umani molto più dura e più resistente e la loro forza
di gran lunga maggiore di quanto non sarebbe altrimenti[12].
Troviamo anche programmi di ricerca
sulle fonti di energia
Ma soprattutto noi
abbiamo forme di calore, che, ad imitazione del calore del sole e dei
corpi celesti, passano attraverso diversi gradi di intensità e (per così
dire) orbite, progressioni e ritorni, attraverso i quali si producono
effetti ammirevoli[13].
Potremmo continuare con molti altri
significativi passi del testo: sull’indagine e lo sfruttamento della
luce, delle radiazioni e del suono, sulla meccanica e sulla matematica.
Una interpretazione approfondita delle finalità politiche di un simile
progetto porta, come vedremo, a guardare alle condizioni sotto le quali
una comunità di ‘filosofi naturali’ persegue questi programmi. Ma è del
tutto evidente che questi ‘programmi di ricerca’ tradiscono la loro
finalità di sostegno al potere dello Stato. Finché le finalità dello
Stato vengono identificate con il progresso umano, la vera funzione
della scienza resta nascosta.
Nella visione utopistica di Bacon la
scienza è una componente istituzionale dello Stato, separata dal potere
ed indipendente da esso. Gli scienziati approntano le soluzioni ai
problemi che gli vengono sottoposti dallo Stato o che emergono dal loro
stesso lavoro su altri problemi, essi decidono inoltre, in modo autonomo
e solo in base alla loro competenza ed alla loro coscienza, di rendere
pubbliche le soluzioni trovate o di comunicarle (o non comunicarle) allo
Stato. Dall’altra parte ci sono i detentori del potere, i quali prendono
la decisione di utilizzare o meno gli strumenti approntati dagli
scienziati. Bacon appronta questa formula per sollevare gli scienziati
dalla responsabilità dell’uso del loro lavoro
E facciamo anche
questo: facciamo consultazioni su quale delle invenzioni e degli
esperimenti che abbiamo scoperto, sarà da rendere pubblico e quale non
lo sarà; e tutti facciamo un giuramento di segretezza, al fine di celare
quelli che riteniamo opportuno tenere segreti; sebbene alcuni di quelli
li riveliamo allo Stato a volte sì e a volte no[14].
La realtà è ovviamente molto lontana da
quest’ideale di indipendenza degli scienziati. I rapporti tra scienza e
potere si fondano su un doppio legame, sottinteso in
Nuova Atlantide: da una parte
i modi di sostegno alla scienza, che legano gli scienziati al potere,
dall’altra parte i risultati in termini di conoscenze e tecnologia, che
legano il potere alla scienza. Questi rapporti sono complessi, ambigui e
difficili da valutare per molte ragioni. Una di queste è la
tradizionale scarsa trasparenza degli organi dirigenti del potere, in
tutte le decisioni che coinvolgono l’impiego dei prodotti della
conoscenza scientifica. Scarsezza di trasparenza e di democraticità si
riscontrano peraltro nella stessa comunità scientifica, in tutti i
luoghi e le occasioni in cui si decide quali sono i programmi di ricerca
– ed i ricercatori – da promuovere.
Un’altra ragione della difficoltà di
valutazione dei rapporti tra scienza e potere sta nel fatto che,
malgrado le prescrizioni di Bacon, il confine che separa le due
strutture non sempre è facile da tracciare. A questo proposito bisogna
osservare che la separazione tra scienza e potere predicata da Bacon ha
come conseguenza, sul piano dell’etica, la separazione delle
responsabilità nei confronti degli effetti delle applicazioni del lavoro
scientifico. Se per Bacon, come si evince dall’ultimo passo citato, i
membri della Casa di Salomone
sono liberi di scegliere se rivelare o meno allo Stato l’esito delle
loro ricerche, è chiaro che essi sono sollevati dalla responsabilità
del loro impiego, perché ogni decisione in tal senso viene presa
fuori della comunità scientifica.
Questo modello di etica scientifica, pur
nella sua ingenua semplicità, è tacitamente sottoscritto da quasi tutti
gli scienziati, ancora oggi. Esso infatti mantiene la strada della
propria affermazione professionale sgombra da ogni preoccupazione
inerente l’uso che del proprio lavoro viene fatto. Vi è peraltro
un’ampia ed autorevole letteratura epistemologica e filosofica impegnata
nel programma di dimostrare che le teorie scientifiche non hanno né
possono avere contenuti o conseguenze etiche: un programma che si
iscrive, di fatto, nel precetto baconiano della separazione tra scienza
e potere. Malgrado ciò, un’analisi anche grossolana dei rapporti tra
scienza e potere non manca di farci riconoscere quanto sia illusoria e
ideologica, nel funzionamento della scienza, questa pretesa separazione.
L’analisi dei rapporti tra scienza e
potere è un compito difficile, non possiamo qui che proporre qualche
riflessione e qualche elemento di critica, esaminando in estrema sintesi
i principali punti del percorso storico di tali rapporti ed alcune delle
linee di tendenza evidenziabili oggi. Lo spazio che viene riservato a
quest’argomento nei lavori di epistemologia e di storia della scienza,
è fin troppo esiguo. Nemmeno le ricerche dei sociologi della scienza,
per altri versi molto radicali, evidenziano quanto sarebbe necessario
l’importanza decisiva dei rapporti tra scienza e potere[15]. Eppure il
contesto politico che fa da sfondo alla comunità scientifica di oggi
influisce in modo determinante e più che evidente sui programmi di
ricerca, sulle carriere scientifiche e sul modo stesso in cui le
discipline vengono suddivise ed insegnate. È dunque estremamente
importante analizzare questa influenza e mettere in risalto la struttura
dei rapporti che legano la teoria e la pratica della scienza alla
dinamica del potere.
2. Il doppio legame tra la scienza e il
suo Patron
Così stando le cose, il
massimo in cui si può sperare
è una progenie di gnomi
inventivi, pronti a farsi
assoldare per qualsiasi
scopo
(B. Brecht. Vita
di Galileo)
A questo punto è necessario formalizzare
più rigorosamente le tesi di questo lavoro, sul funzionamento della
scienza moderna, per metterle poi alla prova seguendo il corso della
storia. Inizio col chiarire il senso che intendo attribuire ai termini
principali, già impiegati e che continuerò ad impiegare. Questi termini
sono: scienza moderna,
potere,
metodo e organizzazione del lavoro scientifico,
strumento di selezione,
partizione disciplinare,
programma di ricerca scientifico.
Di tutti questi termini intendo evidenziare il contenuto
politico.
Il termine
scienza moderna lo intendo nel
senso propriamente storico, e cioè: la ricerca sul funzionamento dei
processi naturali, e soprattutto l’organizzazione di questa ricerca, per
come sono state concepite e praticate nell’età
moderna. A partire cioè dal principio del
xvii secolo, in Europa,
sotto la spinta della formazione dello Stato Moderno.
Con il termine
potere mi riferisco alle élite
nelle quali, in ogni epoca, esso si è identificato.
Potere coincide dunque, di volta in volta, con il potere del
Monarca Assoluto, con quello
dello Stato, oppure con quello delle
fondazioni e delle
grandi università
(specialmente negli usa), o
quello delle corporations. In
ogni epoca della storia moderna il potere ha avuto una determinata
identità: mi riferisco volta per volta a questa identità, chiamandola
semplicemente il potere.
Quando mi riferisco al rapporto con la scienza, uso anche il termine
Patron, in luogo di potere, ed uso ‘rapporto di
Patronage’ per qualificarlo.
Cosa debba intendersi per
metodo è il problema
principale dell’epistemologia contemporanea. Non voglio assumere qui
definizioni che facciano capo a una proposta epistemologica particolare
ma solo evidenziare, come ho già accennato nella sezione precedente, al
contenuto politico di questo termine. Tutte le analisi critiche del
carattere ipotetico-deduttivo delle teorie, e del carattere
sperimentale-induttivo delle indagini sperimentali rimangono infatti
confinate all’epistemologia, e non voglio occuparmene. Voglio invece
sottolineare ancora una volta la funzione
politica del metodo, una funzione di garanzia nei confronti del
Patron, ma anche di
giustificazione dell’impiego dei prodotti della scienza, da parte del
Patron. Il fatto che le conoscenze scientifiche, e i prodotti
tecnologici da queste ottenuti, siano stati realizzati in conformità al
metodo, è infatti l’argomento
decisivo impiegato dal potere per legittimare le sue scelte, in tutto il
corso della storia moderna.
Anche l’organizzazione
del lavoro scientifico, e cioè la struttura e la funzione della
comunità scientifica[16], la intendo
sotto l’aspetto politico. Questo aspetto consiste nel
controllo. Quello degli
scienziati è infatti un lavoro essenzialmente sottoposto a controllo,
che viene attuato su due piani: sul piano del funzionamento interno
della comunità scientifica si articola nella
gerarchia e nei
modi della comunicazione; sul
piano invece del Patronage il
controllo avviene attraverso la suddivisione disciplinare e la
determinazione dei programmi di ricerca scientifici. I due piani si sono
spesso intersecati, ma è comunque sempre il
Patron, direttamente o
indirettamente, a determinare le funzioni di controllo.
Per
strumento di selezione intendo
ogni struttura che funzioni da selettore, sia di obiettivi di indagine,
sia di persone o di istituzioni. In un senso che risulterà chiaro nel
corso della rassegna storica, si può affermare che
tutte le strutture che rendono
possibile il funzionamento della scienza moderna sono strumenti di
selezione. Lo è il metodo, come ho già segnalato, lo è l’organizzazione
del lavoro scientifico, lo sono infine la suddivisione disciplinare e i
programmi di ricerca. Il carattere
selettivo del funzionamento della scienza moderna è dunque quello
più generale, ed è una conseguenza diretta del suo legame con il potere.
Sulla
suddivisione disciplinare e
sul concetto di programma di
ricerca scientifico torno tra breve perché è ora necessario definire
con maggior chiarezza la struttura del legame tra la scienza ed il suo
Patron.
In questo lavoro attribuisco
un’importanza decisiva alla novella
Nuova Atlantide sia sul piano
dottrinario sia su quello politico. Questa importanza è ampiamente
condivisa dagli storici e, come vedremo, anche dal
Patron non statale più
influente nel xx secolo, la
Rockefeller Foundation. È
dunque del tutto sensato assumere che il progetto della scienza moderna
sia contenuto in embrione in questo scritto. E che pertanto l’analisi
del testo possa mettere in luce la funzione per la quale la scienza
moderna è stata concepita nell’utopia, e realizzata concretamente.
Il pensiero di Bacon ci guida
nell’individuazione del legame tra la scienza moderna ed il potere. La
novella Nuova Atlantide è
prima di tutto il progetto dello Stato Moderno. Un progetto che la
dimensione utopistica del racconto contribuisce a rendere trasparente,
libera dalle eccezioni e dalle peculiarità di ogni realizzazione
concreta. Questo Stato, nella concezione di Bacon e dei filosofi
politici del xvii secolo, è
la condizione per realizzare il progresso dell’umanità. È lo strumento
per emancipare l’uomo dalla lotta di tutti contro tutti, e rendere le
energie creative umane disponibili a costituire una società organizzata
intorno alle sue istituzioni, e funzionante come un unico soggetto che
persegue la propria emancipazione.
Tra queste, il progetto di Bacon prevede
anche l’istituzione della comunità scientifica. In ciò
Nuova Atlantide si differenzia
dagli altri progetti utopistici dello Stato. E vale la pena di
sottolineare che Bacon fu sia scienziato che funzionario di alto rango
della corona d’Inghilterra, nei primi decenni del
xvii secolo. Come tale,
egli intravide quali potenzialità si celassero, nello sfruttamento
sistematico e consapevole delle forze naturali. Potenzialità per il
progresso dell’umanità, ma che solo lo Stato era in grado di porre in
atto.
Lo Stato è dunque condizione per
l’esistenza della scienza moderna: lo è nel progetto di Bacon, ma lo è
anche nella realizzazione concreta, come dimostra la storia. Esso è però
solo una condizione necessaria,
per la scienza – così come è condizione solo necessaria per il progresso
dell’umanità. La condizione non è anche
sufficiente, come invece
propone l’utopia. Il concetto di Stato Moderno infatti, in parte ha
coperto e in parte giustificato gli obiettivi perseguiti dalle forze
sociali emergenti, nell’Europa che si affacciava alla modernità, e che
realizzarono concretamente quel concetto[17].
Seguendo il progetto di Francis Bacon si
può vedere con chiarezza quale sia il legame tra la scienza ed il suo
Patron originario: lo Stato.
Ho già accennato alla struttura di questo legame nella sezione
precedente. Si tratta di un legame
duplice del tutto ovvio: per un verso, la scienza viene creata ed
investita della sua funzione dal potere, e i suoi componenti godono di
un privilegio sociale su cui il testo non fa misteri; per l’altro verso
il potere, lo Stato nel progetto di Bacon, è l’unico proprietario delle
conoscenze e delle realizzazioni tecnologiche ottenute dagli scienziati,
e ne dispone per il proprio consolidamento ed accrescimento.
Questo duplice legame si è
effettivamente realizzato, nel corso della storia moderna. E si è
rivelato tanto forte da emanciparsi dalle condizioni sociali ed
economiche esistenti alla sua nascita, nell’Europa del
xvii secolo, rimodellandosi via via che il potere assumeva
forme diverse nelle diverse età storiche. La
struttura di questo legame è però rimasta invariata, al variare del
soggetto che ha incarnato il potere. In altri termini, finché il potere
si è identificato nelle élite che hanno guidato lo Stato Moderno, il
rapporto di Patronage ha avuto
una forma stabile – benché sottoposta ad aggiustamenti progressivi –
quando il potere ha iniziato ad assumere una forma diversa da quella
statale, il rapporto di Patronage
si è adattato al nuovo potere, mantenendo la struttura del duplice
legame a fronte di cambiamenti più o meno radicali nelle altre
caratteristiche della scienza: le modalità di accesso alla gerarchia
scientifica, i modi di sostegno alla ricerca, i programmi di ricerca e
la stessa partizione disciplinare. La tesi che emerge è dunque che il
rapporto di Patronage, il
duplice legame, è tanto forte da infrangere ogni norma morale e civile,
e ogni consuetudine della tradizione, e tende a plasmare solo sulla
propria continuità i cambiamenti indotti dalla storia.
È ora il momento di chiarire, per
concludere, il significato degli ultimi due termini:
partizione disciplinare e
programma di ricerca scientifico.
Per partizione disciplinare si
intende la divisione di ciò che si sa, e di ciò che è ancora da
esplorare, in un insieme di
discipline, ciascuna delle quali dotata di una propria autonomia
metodologica, di propri strumenti e di specifici inquadramenti
concettuali. Questa divisione, per come la vediamo oggi, sembra
rispecchiare i diversi domini dei fenomeni naturali. In altre parole
sembra rispecchiare l’oggettività del mondo naturale. Che i fenomeni
della vita siano distinti, per esempio, da quelli astronomici, e che il
loro studio richieda metodi e teorie differenti, sembra infatti del
tutto oggettivo.
Qui però non voglio evidenziare la
relazione tra la partizione disciplinare e l’oggettività dei fenomeni
naturali, ma la relazione con le
finalità della ricerca scientifica. La divisione della scienza in
discipline, da questo punto di vista, esprime una direttiva che fa parte
dello stesso atto di istituzione della scienza. Per rendere più
esplicita questa osservazione conviene rifarci ancora alla novella di
Bacon. Lo Stato istituisce la Casa
di Salomone, come si è osservato, per raccogliere tutte le possibili
conoscenze sul funzionamento della natura, con lo scopo di impiegarle.
Ma è chiaro che di questo atto costitutivo fa parte anche la
prescrizione di quali fenomeni
sono da investigare. Anche se l’eventuale ampliamento del dominio dei
fenomeni da esplorare, o l’individuazione di nuovi domini, è tra i
compiti della Casa di Salomone, è chiaro che nell’atto istitutivo già figura una
partizione disciplinare.
Dalle citazioni che ho riportate nella
sezione precedente, si può facilmente dedurre quale sia la partizione
disciplinare dell’utopia di Bacon. Ma nonostante le sorprendenti
analogie con gli oggetti della ricerca scientifica attuali, l’attenzione
dev’essere fissata sul dato fondamentale: e cioè sul fatto che
la partizione disciplinare fa
parte dell’atto istitutivo. In altri termini, ciò che va esplorato,
i fenomeni su cui vanno impegnate le forze della
Casa di Salomone, vengono
decisi dallo Stato.
In tutte le realizzazioni concrete che
hanno visto la nascita delle prime istituzioni scientifiche, esistevano
già dei corpi disciplinari, molti dei quali con una storia che risaliva
all’antichità – basta come esempio ricordare la matematica, o le scienze
mediche. Ciò che però va notato, nella fondazione della scienza moderna,
è che la partizione disciplinare è funzionale agli scopi dello Stato ed
è stata in grado di assorbire quanto di ciò che già esisteva vi era
conforme, e di eliminare quanto non si confaceva ad essi.
Questa tesi verrà messa alla prova nella
rassegna storica, qui voglio solo anticipare che tutti i cambiamenti nel
rapporto di Patronage hanno
dato luogo a dei cambiamenti più o meno radicali nella partizione
disciplinare. I cambiamenti più importanti e più facili da mettere in
evidenza non hanno però riguardato direttamente la divisione della
scienza in discipline, ma piuttosto i
programmi di ricerca. E qui
sono all’ultimo termine da definire in modo più preciso.
Il concetto di programma di ricerca
scientifico fu introdotto negli anni ’60 del secolo scorso da Imre
Lakatos[18], con lo
scopo di rafforzare l’epistemologia falsificazionista di Karl Popper di
fronte agli attacchi del relativismo di Paul Feyerabend e soprattutto di
Thomas Kuhn. Non ho intenzione di entrare nei dettagli di un dibattito
che ha visto Lakatos come difensore del razionalismo di matrice
positivista, perché quel dibattito non concerneva l’aspetto politico
della scienza. E tuttavia l’idea di
programma di ricerca come
successione di teorie che formano
aggiustamenti concettuali – progressivi o
regressivi – nella descrizione di un dato
corpus di fenomeni, è in grado
di render conto anche del rapporto di
Patronage che lega la scienza al potere. Possiamo infatti definire
un programma di ricerca
scientifico come un insieme di
obiettivi – sia nella conoscenza di base che nella tecnologia – reso
coerente dallo scopo generale che li accomuna. Questi obiettivi
selezionano le teorie, le strategie sperimentali ed anche i gruppi di
scienziati che sono i più adatti a perseguirli. I programmi di ricerca – più flessibili
rispetto alla partizione disciplinare, e dunque più adattabili ad
esigenze specifiche – sono determinati dal
Patron, dal potere, e sono
stati e vengono tuttora imposti alla comunità scientifica con modalità
che dipendono largamente dalle contingenze storiche.
Posto che i programmi di ricerca sono
funzionali agli scopi del potere, è importante analizzare la dinamica
con cui essi sono stati determinati, e imposti alla comunità
scientifica. Una dinamica resa possibile dalla struttura del duplice
legame tra la scienza e il suo
Patron. A questa analisi, che cercherò di costruire seguendo il
corso della storia moderna, è dedicata la parte successiva di questo
lavoro.
APRILE 2013
[1]
Per segnalare un esempio recente: il numero 2911 di «New
Scientist» (weekly 6 April 2013) contiene un paio di articoli
sul ritorno alla produzione di energia dal nucleare, negli
usa. Si mette in
evidenza la sicurezza delle nuove tecnologie, e si sottolinea il
fatto che la generazione di energia dal nucleare non produce gas
serra, senza menzionare il
problema dello stoccaggio delle scorie, né il recente disastro
di Fukushima.
[2]
E.J. Hobsbawm, Le
rivoluzioni borghesi:
1789-1848, Laterza, Bari 1988;
Il trionfo della borghesia
1848-1875, Laterza, Bari 1994;
L’Età degli imperi 1875-1914,
Laterza, Bari 1992; Il
secolo breve, Rizzoli, Milano 1995.
[3]
Francis Bacon (1561-1626) fu filosofo e giurista, ma anche uomo
di potere. Procuratore Generale della Corona d’Inghilterra
(1613) e Lord Cancelliere (1618), durante il regno di Giacomo I
Stuart. Cadde in disgrazia nel 1621 e, dopo una breve detenzione
nella Torre di Londra, si ritirò dalla politica. Le edizioni
delle opere di Bacon a cui faccio riferimento sono:
Nuova Atlantide, a
cura di Luigi Punzo, Bulzoni, Roma 2001;
Nuovo Organo, a cura
di Michele Marchetto, Bompiani, Milano 2002;
Uomo e Natura, scritti filosofici, a cura di Enrico De Mas, Laterza,
Bari 1994.
[4]
La teoria del metodo scientifico è esposta in modo esaustivo
nell’opera principale di Bacon,
Novum Organum, del
1620. Il titolo richiama quello della raccolta degli scritti di
Aristotele dedicati all’esposizione del corretto metodo del
ragionare.
[5]
Il racconto Nuova
Atlantide, composto tra il 1614 e il 1617, fu pubblicato nel
1627, a un anno dalla morte dell’autore. È la descrizione di un
paese utopico, redatta da un viaggiatore che vi approda assieme
al resto dell’equipaggio della sua nave, dopo uno sfortunato
viaggio in mare. Come
Utopia di T. More, o
La Città del Sole di T. Campanella,
Nuova Atlantide si
ispira ai modelli del racconto utopistico dell’antichità. Bacon
descrive un modello ideale di Stato, che possa servire da
paradigma per la costruzione di una struttura reale. Il paese
descritto dal narratore è organizzato su principi rigidamente
puritani, ma la novità di rilievo del racconto baconiano è che
questo Stato ha istituito una
Casa di Salomone,
ossia una comunità scientifica, la quale ha il compito di
effettuare ricerche scientifiche in ogni campo e di provvedere
alle applicazioni pratiche delle sue scoperte.
[6]
F. Bacon, Nuova Atlantide,
cit., pp. 96-97. Il corsivo è del testo.
[7]
Ibidem, pp. 126-127.
[8]
Anche René Descartes (1596-1650) formulò un metodo – fondato
sulla razionalità piuttosto che sulla sperimentazione – e
contribuì direttamente alla costituzione dell’Accademia Reale di
Svezia. Sebbene Descartes, a differenza di Bacon, non avesse
teorizzato alcun modello di comunità scientifica, il suo sistema
scientifico e filosofico fu visto, dagli Oratoriani e da una
parte dei Gesuiti, come un possibile nuovo alleato per la
Chiesa, molto più efficace dell’edificio costruito dalla
Scolastica sulle teorie di Aristotele.
[9]
Per rendere più chiara questa affermazione basta citare gli
studi di Duhem e quelli più recenti di Clagett sull’origine del
principio di conservazione della quantità di moto, individuata
nelle elaborazioni scolastiche della dottrina dell’Impetus, o anche la tesi di Jammer sull’origine mistica dei concetti
di spazio e tempo della fisica matematica di Newton.
[10]
F. Bacon, Nuova Atlantide,
cit., pp.132-133.
[11]
Ibidem, pp.132-135.
[12]
Ibidem, pp.136-137.
[13]
Ibidem, pp.138-139.
[14]
Ibidem, pp. 150-151.
[15]
La sociologia della
scienza mette a fuoco quasi esclusivamente rapporti sociali
e comportamenti umani interni alla comunità scientifica,
assumendo come scontati i rapporti con l’esterno, che pur ne
costituiscono la causa diretta. Lo studio del comportamento
sociale dello scienziato e l’analisi dei cosiddetti
paradigmi sociali
della comunità scientifica, quando vengono effettuati
prescindendo dalle condizioni determinate dai rapporti tra la
scienza ed il suo ambiente esterno, costituiscono al più un
capitolo dell’antropologia. Il prodotto del lavoro scientifico
viene quindi visto come il prodotto di una qualsiasi
‘sottocultura’ umana, senza preoccuparsi degli effetti che
questo lavoro produce sulla società in generale, né, cosa più
importante, dell’impiego che di questo lavoro viene fatto dal
potere. Le opere dei sociologi della scienza sono oggi
ampiamente disponibili anche in italiano. In A. Pickering (a
cura di), La Scienza come pratica e
cultura, Edizioni di Comunità, Torino 2001, si trova un
bilancio critico dell’intera corrente, ed un’antologia di
contributi di tutti i principali autori.
[16]
Molti autori preferiscono declinare il termine al plurale,
parlare cioè di comunità
scientifiche. In effetti nelle varie età in cui gli storici
hanno suddivisa l’età
moderna, e più ancora nella seconda metà del
xx secolo, è sempre
esistita una pluralità di gruppi di scienziati, tra loro molto
differenti. Qui però, dal momento che si cercano di evidenziare
i fattori comuni dell’attività degli scienziati, in relazione al
legame con il potere – anch’esso visto sotto l’aspetto generale
di Patron – preferisco
nettamente il singolare: parlare cioè di
comunità scientifica.
[17]
Al di là di ciò che sulla scienza ci dice la sua storia
politica, il fatto che lo Stato – come le altre forme assunte
dal potere nel corso dell’età moderna – non sia anche condizione
sufficiente per l’esistenza della scienza, apre, come vedremo
nella conclusione, la strada per individuare una sua diversa
funzione nelle società future.
[18]
Mi riferisco in particolare al testo: I. Lakatos,
La metodologia dei
programmi di ricerca scientifici, Il Saggiatore, Milano
1996.