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05
Ottobre 2011

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Transizione

IL DECLINO DELL’ATTUALE MODELLO DI SVILUPPO E LA NASCITA DI UN NUOVO TESSUTO SOCIALE

Guido Cosenza*

*Dipartimento di Scienze Fisiche, Università di Napoli Federico I

 

Viviamo il tragico momento storico dell’agonia convulsa di un organismo sociale nella fase terminale del suo corso.

I sistemi sociali nello stadio finale della loro evoluzione, quando si manifestano e deflagrano le loro insanabili patologie, lottano disperatamente per la sopravvivenza.

Ora il sistema capitalista si dibatte nel vano tentativo di prolungare la sua esistenza e nelle contorsioni finali semina distruzioni.

Siamo giunti a un turning point del corso evolutivo della comunità umana, un tornante da cui diramano due percorsi: Il collasso del sistema con un immane strascico di tragedie e con l’incognita di una futura problematica sopravvivenza, oppure l’avvio della trasformazione del proprio tessuto costitutivo, cioè l’inizio di un processo di transizione a un ordito che permetta di superare le contraddizioni del presente.

Per intendere appieno i fenomeni in corso occorre richiamare le analisi esaustive che sono state condotte da distinte e molto varie angolazioni.

Va stigmatizzato che il sistema capitalista ha oramai improntato di sé l’intera comunità umana ed è stato oggetto già nel passato di esaurienti studi in grado di decifrare anche l’attuale fase di declino.

Queste analisi erano patrimonio di coloro che avevano coscienza dei limiti di un sistema produttivo che aveva raggiunto traguardi notevoli, ma che presentava crescenti scompensi.

Col progredire dell’espansione dell’organismo produttivo si è nel contempo affermata la concezione che il vigente sistema sociale costituisca la meta ultima e ideale di un lungo tragitto iniziato nella notte dei tempi: la tesi del progresso indefinito verso l’eden capitalista.

Sono venuti meno i punti di riferimento acquisiti e hanno finito per prevalere dati ed elaborazioni costruiti ad hoc per tamponare ora qui, ora lì le falle che sempre più di frequente e gravemente si aprono, con l’esito che il quadro è divenuto confuso e inintelligibile ai più.

L’analisi dell’attuale organismo nato dalla rivoluzione industriale ha avuto una lunga gestazione culminata con l’opera di Marx. La valenza del quadro rappresentativo a cui è pervenuto Marx si fonda sulla scelta di un metodo di indagine centrato sullo studio dell’iter evolutivo del sistema, guardando al suo svolgimento complessivo in modo da essere in grado di dedurre la direzione del moto e la destinazione della traiettoria.

Marx ha desunto che nei meccanismi di sviluppo dell’apparato produttivo si andavano manifestando delle contraddizioni all’origine di crisi sempre più devastanti per il sistema. Queste crisi sono legate alla caduta del saggio di profitto nel processo di accumulazione del capitale e ai correlati scompensi di sovrapproduzione e dilagante disoccupazione. Si tratta di problematiche che possono essere temporaneamente affrontate e le relative conseguenze contrastate, e in effetti lo sono, ma nel seguito riemergono con accresciuta veemenza.

Le crisi attuali, così come le tante ricorrenti analizzate da Marx, hanno cause intrinseche al vigente modello di sviluppo e non possono essere rimosse se non modificando radicalmente il meccanismo produttivo e di conseguenza la struttura sociale sottostante.

L’analisi di Marx è relativa a un’epoca in cui non era all’orizzonte la questione della limitatezza delle risorse, la teoria va quindi estesa per tener conto della finitezza del sistema. L’allargamento del modello marxiano non inficia però, se mai conferma ancor più stringentemente, le conclusioni raggiunte in precedenza[1].

Èopportuno complementare il quadro precedente attraverso lo studio diretto dell’evoluzione dell’organismo sociale.

Le società umane del recente passato, e quella attuale in particolare, giunta a costituire una compagine unitaria a livello globale, sia pure con articolazioni e configurazioni distinte, evolvono verso una complessificazione della loro struttura.

Mano a mano che la produzione prolifera e si diversifica in settori via via più vari, nella misura in cui progressivamente la tecnologia rende gradatamente più sofisticate le filiere produttive, si verifica che le funzioni legate ai consumi, alla distribuzione, ai servizi si moltiplicano nel corpo sociale, in concomitanza la tessitura sociale si articola in numerose ramificazioni, differenziazioni di funzioni, connessioni, lentamente l’intero tessuto sociale si vascolarizza. In breve si ha una impalcatura di sostegno della società che diventa sempre più gravosa.

Quanto più il processo progredisce tanto più sono necessarie ulteriori risorse per sostenere la struttura di supporto.

In parallelo il processo di complessificazione genera una progressiva alterazione dell’ambiente e determina l’esigenza del reperimento di ulteriori risorse per far fronte ai danni causati dal degrado prodotto.

Siamo in presenza quindi di una macchina gigantesca che interferisce con i cicli naturali dell’ecosistema, che ha necessità di una crescente alimentazione in termini di risorse energetiche e di materiali da ingurgitare e che sviluppa crisi ricorrenti di gravità crescente. I fenomeni sono strettamente correlati.

Il sistema mostra chiari segni di disfunzioni che vanno acuendosi ed è caratterizzato da instabilità in aumento, risulta oramai evidente che il percorso seguito dalla comunità umana è in rotta di collisione con la propria sopravvivenza. È essenziale valutare in dettaglio questo aspetto.

La comunità umana ha raggiunto un grado di complessità tanto elevato nella divisione e moltiplicazione delle funzioni che nessuna parte del sistema è autonoma, vale una interdipendenza esasperata tanto che se una funzione venisse meno anche tutte le altre risulterebbero compromesse. Quando dovessero venire a mancare le risorse per alimentare la mastodontica macchina sociale, e non ne siamo lontani, comincerebbero progressivamente a bloccarsi i servizi fondamentali: la distribuzione dei beni di consumo e in particolare della derrate alimentari, i trasporti, l’erogazione dell’energia elettrica ecc.

Si produrrebbe una situazione drammatica, senza scampo per la gran parte della popolazione, particolarmente tragica per gli abitanti delle città, gli scenari sconfortanti che emergerebbero sono ben prevedibili.

Che le risorse energetiche siano prossime all’esaurimento è sotto gli occhi di tutti, al ritmo di consumo attuale nel giro dei prossimi decenni si esaurirebbero i giacimenti di petrolio, di gas naturale, di uranio, per il carbone occorre qualche decina di decenni supplementare, ma ben presto tutto il patrimonio accumulato in centinaia di milioni di anni sarebbe sfumato. Le conseguenze delle carenze sono già presenti. Né è pensabile che la progressione esponenziale nei consumi energetici possa essere surrogata dalle risorse rinnovabili. Si rifletta sulla circostanza che al ritmo attuale di aumento dei consumi energetici un impiego di energia pari all’intero ammontare della radiazione proveniente dal sole e incidente sulla terra, sarebbe raggiunto fra cinquecento anni, né è auspicabile né possibile utilizzare per usi antropici l’intero flusso di energia captato.

In conclusione  il sistema attuale non è emendabile, ha fatto il suo corso e ora deve  dar posto a una diversa struttura che utilizzi i traguardi raggiunti, gli strumenti elaborati, per indirizzarli verso obiettivi sociali differenti. Dietro di noi lasciamo una macchina infernale che sforna a un ritmo forsennato oggetti in gran parte superflui. Una macchina che distribuisce in maniera ineguale, che genera ricchezze sproporzionate e profonda miseria, una macchina che distrugge l’ambiente e spinge fuori equilibrio l’ecosistema. Tale congegno va totalmente rivoluzionato plasmandolo in funzione di una società stabile a carattere non espansivo, in cui il prodotto sociale sia equamente distribuito, organismo tendenzialmente diretto  ad adeguarsi a una dimensione ecocompatibile, rispettosa di una biosfera tuttora ricca di specie differenti[2].

La domanda che ci si pone a questo punto è relativa a quale sia la strada per realizzare un progetto la cui attuazione è improcrastinabile.

Nel passato quando cominciarono ad accentuarsi e aggravarsi le patologie del sistema si confrontarono all’interno del processo produttivo due classi contrapposte, l’agone in cui il conflitto si consumava, la fabbrica, costituiva il luogo in cui la forza antagonista si forgiava, prendeva corpo e coscienza.

Lo scontro fu violento, ma non condusse all’auspicato superamento di una struttura inadeguata. Il punto di rottura fu superato essenzialmente a causa della mutazione dell’antagonismo, in ragione principalmente dell’implementazione tecnologica del processo produttivo.

Uno dei protagonisti dello scontro risultò debilitato e  deviò  dal suo obiettivo radicale primigenio.

Col progredire delle contraddizioni e delle patologie del sistema siamo ora giunti al secondo punto nevralgico che abbiamo descritto e non è concepibile alcuna innovazione tecnologica che possa indurne il superamento.

Anche in questo scenario evoluto calcano la scena due antagonisti, sia pure in parte involontari e inconsapevoli. Chi è stritolato dagli ingranaggi di un apparato imperscrutabile, di cui sente gli effetti ma non decifra i meccanismi, è la stragrande maggioranza dei cittadini. Il disagio e le gravi disfunzioni non sono chiaramente percepiti, ma soprattutto non vengono comprese le cause della crisi inarrestabile in procinto di travolgere la comunità.

In altri termini la massa dei componenti della comunità umana percepisce il disagio crescente e il peggioramento in aumento della qualità della vita, le difficoltà sempre più estese nell’espletare le proprie attività, ma non individua ancora in un modello di sviluppo divenuto incompatibile con le dimensioni raggiunte dall’apparato produttivo la causa primaria delle disfunzioni.

Su tale incapacità a individuare le cause e ad attuare i rimedi agiscono vari fattori, in primo luogo l’assuefazione a cambiamenti graduali, in secondo luogo l’impianto ideologico  trasmesso e perpetuato con efficacia crescente dall’apparato mediatico. In proposito è indicativa la circostanza che non esista alcun movimento di massa che metta in discussione in modo radicale il modello socio-economico vigente, a differenza di quanto avveniva all’epoca dello scontro frontale che si produsse fra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX fra capitale e forza lavoro.

Il superamento dell’attuale modello di sviluppo potrà avvenire solo quando si riuscirà a riorientare le azioni diffuse e caotiche dei componenti la comunità umana. Un aggravio delle condizioni di vita innescherà certamente fenomeni di riconversione del tessuto sociale  - svariate sperimentazioni sono in corso nel mondo - ma il processo va velocizzato per evitare che la trasformazione si inneschi troppo tardi.

Tutti i grandi eventi inerenti alle trasmutazioni sociali si sono attuati secondo analoghe modalità:

la proliferazione  di esigue esperienze alternative in corso di radicamento nel corpo della società, il loro divenire energeticamente favorevoli rispetto al tessuto circostante e infine il dilagare nell’intero corpo sociale dando luogo a una ineluttabile transizione[3].

 

Questa analisi conduce al seguente programma di lavoro:

Individuazione delle aree in cui si attuano sperimentazioni suscettibili di mettere in discussione l’attuale struttura dei consumi e/o della produzione e/o del ricorso alle fonti di energia (segnali di una qualche forma di riorganizzazione del tessuto sociale).

Coordinamento e scambio di valutazioni sulle esperienze.

Inserimento e radicamento in opportune realtà del territorio.

 

LUGLIO 2011

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[1] G. Cosenza, La transizione, Feltrinelli, Milano 2008.

[2] E. Renda, L. Sertorio, 100 Watt per il prossimo miliardo di anni, Bollati Boringhieri, Torino 2008.

[3] G. Cosenza, Il nemico insidioso, Manifestolibri, Roma 2010.