Transizione
IL DECLINO DELL’ATTUALE MODELLO DI SVILUPPO E LA NASCITA DI
UN NUOVO TESSUTO SOCIALE
Guido Cosenza*
*Dipartimento di
Scienze Fisiche, Università di Napoli Federico I
Viviamo il tragico
momento storico dell’agonia convulsa di un organismo sociale nella fase
terminale del suo corso.
I sistemi sociali nello
stadio finale della loro evoluzione, quando si manifestano e deflagrano
le loro insanabili patologie, lottano disperatamente per la
sopravvivenza.
Ora il sistema
capitalista si dibatte nel vano tentativo di prolungare la sua esistenza
e nelle contorsioni finali semina distruzioni.
Siamo giunti a un
turning point del corso evolutivo della comunità umana, un tornante da
cui diramano due percorsi: Il collasso del sistema con un immane
strascico di tragedie e con l’incognita di una futura problematica
sopravvivenza, oppure l’avvio della trasformazione del proprio tessuto
costitutivo, cioè l’inizio di un processo di transizione a un ordito che
permetta di superare le contraddizioni del presente.
Per intendere appieno i
fenomeni in corso occorre richiamare le analisi esaustive che sono state
condotte da distinte e molto varie angolazioni.
Va stigmatizzato che il
sistema capitalista ha oramai improntato di sé l’intera comunità umana
ed è stato oggetto già nel passato di esaurienti studi in grado di
decifrare anche l’attuale fase di declino.
Queste analisi erano
patrimonio di coloro che avevano coscienza dei limiti di un sistema
produttivo che aveva raggiunto traguardi notevoli, ma che presentava
crescenti scompensi.
Col progredire
dell’espansione dell’organismo produttivo si è nel contempo affermata la
concezione che il vigente sistema sociale costituisca la meta ultima e
ideale di un lungo tragitto iniziato nella notte dei tempi: la tesi del
progresso indefinito verso l’eden capitalista.
Sono venuti meno i
punti di riferimento acquisiti e hanno finito per prevalere dati ed
elaborazioni costruiti ad hoc per tamponare ora qui, ora lì le falle che
sempre più di frequente e gravemente si aprono, con l’esito che il
quadro è divenuto confuso e inintelligibile ai più.
L’analisi dell’attuale
organismo nato dalla rivoluzione industriale ha avuto una lunga
gestazione culminata con l’opera di Marx. La valenza del quadro
rappresentativo a cui è pervenuto Marx si fonda sulla scelta di un
metodo di indagine centrato sullo studio dell’iter evolutivo del
sistema, guardando al suo svolgimento complessivo in modo da essere in
grado di dedurre la direzione del moto e la destinazione della
traiettoria.
Marx ha desunto che nei
meccanismi di sviluppo dell’apparato produttivo si andavano manifestando
delle contraddizioni all’origine di crisi sempre più devastanti per il
sistema. Queste crisi sono legate alla caduta del saggio di profitto nel
processo di accumulazione del capitale e ai correlati scompensi di
sovrapproduzione e dilagante disoccupazione. Si tratta di problematiche
che possono essere temporaneamente affrontate e le relative conseguenze
contrastate, e in effetti lo sono, ma nel seguito riemergono con
accresciuta veemenza.
Le crisi attuali, così
come le tante ricorrenti analizzate da Marx, hanno cause intrinseche al
vigente modello di sviluppo e non possono essere rimosse se non
modificando radicalmente il meccanismo produttivo e di conseguenza la
struttura sociale sottostante.
L’analisi di Marx è
relativa a un’epoca in cui non era all’orizzonte la questione della
limitatezza delle risorse, la teoria va quindi estesa per tener conto
della finitezza del sistema. L’allargamento del modello marxiano non
inficia però, se mai conferma ancor più stringentemente, le conclusioni
raggiunte in precedenza[1].
Èopportuno
complementare il quadro precedente attraverso lo studio diretto
dell’evoluzione dell’organismo sociale.
Le società umane del
recente passato, e quella attuale in particolare, giunta a costituire
una compagine unitaria a livello globale, sia pure con articolazioni e
configurazioni distinte, evolvono verso una complessificazione della
loro struttura.
Mano a mano che la
produzione prolifera e si diversifica in settori via via più vari, nella
misura in cui progressivamente la tecnologia rende gradatamente più
sofisticate le filiere produttive, si verifica che le funzioni legate ai
consumi, alla distribuzione, ai servizi si moltiplicano nel corpo
sociale, in concomitanza la tessitura sociale si articola in numerose
ramificazioni, differenziazioni di funzioni, connessioni, lentamente
l’intero tessuto sociale si vascolarizza. In breve si ha una impalcatura
di sostegno della società che diventa sempre più gravosa.
Quanto più il processo
progredisce tanto più sono necessarie ulteriori risorse per sostenere la
struttura di supporto.
In parallelo il
processo di complessificazione genera una progressiva alterazione
dell’ambiente e determina l’esigenza del reperimento di ulteriori
risorse per far fronte ai danni causati dal degrado prodotto.
Siamo in presenza
quindi di una macchina gigantesca che interferisce con i cicli naturali
dell’ecosistema, che ha necessità di una crescente alimentazione in
termini di risorse energetiche e di materiali da ingurgitare e che
sviluppa crisi ricorrenti di gravità crescente. I fenomeni sono
strettamente correlati.
Il sistema mostra
chiari segni di disfunzioni che vanno acuendosi ed è caratterizzato da
instabilità in aumento, risulta oramai evidente che il percorso seguito
dalla comunità umana è in rotta di collisione con la propria
sopravvivenza. È essenziale valutare in dettaglio questo aspetto.
La comunità umana ha
raggiunto un grado di complessità tanto elevato nella divisione e
moltiplicazione delle funzioni che nessuna parte del sistema è autonoma,
vale una interdipendenza esasperata tanto che se una funzione venisse
meno anche tutte le altre risulterebbero compromesse. Quando dovessero
venire a mancare le risorse per alimentare la mastodontica macchina
sociale, e non ne siamo lontani, comincerebbero progressivamente a
bloccarsi i servizi fondamentali: la distribuzione dei beni di consumo e
in particolare della derrate alimentari, i trasporti, l’erogazione
dell’energia elettrica ecc.
Si produrrebbe una
situazione drammatica, senza scampo per la gran parte della popolazione,
particolarmente tragica per gli abitanti delle città, gli scenari
sconfortanti che emergerebbero sono ben prevedibili.
Che le risorse
energetiche siano prossime all’esaurimento è sotto gli occhi di tutti,
al ritmo di consumo attuale nel giro dei prossimi decenni si
esaurirebbero i giacimenti di petrolio, di gas naturale, di uranio, per
il carbone occorre qualche decina di decenni supplementare, ma ben
presto tutto il patrimonio accumulato in centinaia di milioni di anni
sarebbe sfumato. Le conseguenze delle carenze sono già presenti. Né è
pensabile che la progressione esponenziale nei consumi energetici possa
essere surrogata dalle risorse rinnovabili. Si rifletta sulla
circostanza che al ritmo attuale di aumento dei consumi energetici un
impiego di energia pari all’intero ammontare della radiazione
proveniente dal sole e incidente sulla terra, sarebbe raggiunto fra
cinquecento anni, né è auspicabile né possibile utilizzare per usi
antropici l’intero flusso di energia captato.
In conclusione
il sistema attuale non è
emendabile, ha fatto il suo corso e ora deve
dar posto a una diversa struttura
che utilizzi i traguardi raggiunti, gli strumenti elaborati, per
indirizzarli verso obiettivi sociali differenti. Dietro di noi lasciamo
una macchina infernale che sforna a un ritmo forsennato oggetti in gran
parte superflui. Una macchina che distribuisce in maniera ineguale, che
genera ricchezze sproporzionate e profonda miseria, una macchina che
distrugge l’ambiente e spinge fuori equilibrio l’ecosistema. Tale
congegno va totalmente rivoluzionato plasmandolo in funzione di una
società stabile a carattere non espansivo, in cui il prodotto sociale
sia equamente distribuito, organismo tendenzialmente diretto
ad adeguarsi a una dimensione
ecocompatibile, rispettosa di una biosfera tuttora ricca di specie
differenti[2].
La domanda che ci si
pone a questo punto è relativa a quale sia la strada per realizzare un
progetto la cui attuazione è improcrastinabile.
Nel passato quando
cominciarono ad accentuarsi e aggravarsi le patologie del sistema si
confrontarono all’interno del processo produttivo due classi
contrapposte, l’agone in cui il conflitto si consumava, la fabbrica,
costituiva il luogo in cui la forza antagonista si forgiava, prendeva
corpo e coscienza.
Lo scontro fu violento,
ma non condusse all’auspicato superamento di una struttura inadeguata.
Il punto di rottura fu superato essenzialmente a causa della mutazione
dell’antagonismo, in ragione principalmente dell’implementazione
tecnologica del processo produttivo.
Uno dei protagonisti
dello scontro risultò debilitato e
deviò dal suo obiettivo
radicale primigenio.
Col progredire delle
contraddizioni e delle patologie del sistema siamo ora giunti al secondo
punto nevralgico che abbiamo descritto e non è concepibile alcuna
innovazione tecnologica che possa indurne il superamento.
Anche in questo
scenario evoluto calcano la scena due antagonisti, sia pure in parte
involontari e inconsapevoli. Chi è stritolato dagli ingranaggi di un
apparato imperscrutabile, di cui sente gli effetti ma non decifra i
meccanismi, è la stragrande maggioranza dei cittadini. Il disagio e le
gravi disfunzioni non sono chiaramente percepiti, ma soprattutto non
vengono comprese le cause della crisi inarrestabile in procinto di
travolgere la comunità.
In altri termini la
massa dei componenti della comunità umana percepisce il disagio
crescente e il peggioramento in aumento della qualità della vita, le
difficoltà sempre più estese nell’espletare le proprie attività, ma non
individua ancora in un modello di sviluppo divenuto incompatibile con le
dimensioni raggiunte dall’apparato produttivo la causa primaria delle
disfunzioni.
Su tale incapacità a
individuare le cause e ad attuare i rimedi agiscono vari fattori, in
primo luogo l’assuefazione a cambiamenti graduali, in secondo luogo
l’impianto ideologico trasmesso e perpetuato con efficacia crescente dall’apparato mediatico.
In proposito è indicativa la circostanza che non esista alcun movimento
di massa che metta in discussione in modo radicale il modello
socio-economico vigente, a differenza di quanto avveniva all’epoca dello
scontro frontale che si produsse fra la fine del XIX secolo e l’inizio
del XX fra capitale e forza lavoro.
Il superamento
dell’attuale modello di sviluppo potrà avvenire solo quando si riuscirà
a riorientare le azioni diffuse e caotiche dei componenti la comunità
umana. Un aggravio delle condizioni di vita innescherà certamente
fenomeni di riconversione del tessuto sociale
- svariate sperimentazioni sono in corso nel mondo - ma il
processo va velocizzato per evitare che la trasformazione si inneschi
troppo tardi.
Tutti i grandi eventi
inerenti alle trasmutazioni sociali si sono attuati secondo analoghe
modalità:
la proliferazione
di esigue esperienze alternative in corso di radicamento nel
corpo della società, il loro divenire energeticamente favorevoli
rispetto al tessuto circostante e infine il dilagare nell’intero corpo
sociale dando luogo a una ineluttabile transizione[3].
Questa analisi conduce
al seguente programma di lavoro:
Individuazione delle
aree in cui si attuano sperimentazioni suscettibili di mettere in
discussione l’attuale struttura dei consumi e/o della produzione e/o del
ricorso alle fonti di energia (segnali di una qualche forma di
riorganizzazione del tessuto sociale).
Coordinamento e scambio
di valutazioni sulle esperienze.
Inserimento e
radicamento in opportune realtà del territorio.
LUGLIO 2011
[1]
G. Cosenza, La transizione,
Feltrinelli, Milano 2008.
[2]
E. Renda, L. Sertorio, 100
Watt per il prossimo miliardo di anni, Bollati Boringhieri,
Torino 2008.
[3]
G. Cosenza, Il nemico
insidioso, Manifestolibri, Roma 2010.